Fedrigoni archivia un altro anno di crescita sia sul fronte del fatturato sia su quello della redditività. Numeri che però non hanno convinto il gruppo Benetton (tramite Edizione Holding) e il fondo sovrano di Singapore, Temasek, a pagare quanto chiesto dagli azionisti per cedere il controllo (si veda altro articolo di BeBeez).
Guidato dall’amministratore delegato Claudio Alfonsi, il gruppo è tra i maggiori operatori internazionali nella produzione e vendita di diversi tipi di carte e in particolare carte ad alto valore aggiunto, supporti speciali, prodotti di sicurezza e prodotti autoadesivi, oltre a essere l’unico produttore italiano di carta per banconote accreditato dalla Banca Centrale Europea per la produzione della carta filigranata dell’euro. Ed è proprietario, tra gli altri, dello storico marchio Fabriano.
La crescita dei ricavi è avvenuta di pari passo con un aumento dell’ebitda a 120,6 milioni (+5,2% da 114,6 milioni) e del risultato netto a 57,8 milioni (+8% da 53,5 milioni), in presenza di un debito finanziario netto in crescita a 178,3 milioni (da 72,7 milioni) per effetto delle acquisizioni.
Ciò detto, lo scorso febbraio il Sole 24 Ore ha riferito del fatto che anche con Edizione e Temasek le trattative per il passaggio di mano del controllo siano saltate. Il tema è stato il prezzo: i due potenziali investitori avrebbero valutato Fedrigoni solo 500 milioni, mentre l’omonima famiglia azionista stava ragionando su 650-700 milioni.
Si tratta del terzo tentativo della famiglia di trovare altri investitori per il gruppo, dopo lo stop all’ipo dell’autunno 2014 (si veda altro articolo di BeBeez) e dopo che nell’estate 2015 erano saltate le trattative in esclusiva con il fondo Charme (in quel caso perché il fondo avrebbe proposto un acquisto con una leva troppo alta). In ipo l’equity di Fedrigoni era stato valutato in un range di 440-560 milioni di euro per una capitalizzazione post-aumento di capitale compresa tra i 514,3 e i 654,5 milioni.