Anche Veneto Banca si dirige nelle braccia del fondo Atlante. L’offerta agli istituzionali delle azioni emesse per l’aumento di capitale da 1 miliardo di euro si è infatti chiusa lo scorso 24 giugno con adesioni da parte di un solo istituzionale per lo 0,01% del capitale (scarica qui il comunicato stampa). Sommando questa quota al 2,23% sottoscritto in opzione dai vecchi soci e al capitale preesistente (1,23%), si otterrebbe un flottante ben inferiore al 5%, rispetto al 25% chiesto da Borsa per le nuove quotazioni.
Quindi niente ipo per Vento Banca, mentre Atlante, che nel frattempo ha ottenuto il via libera della Banca Centrale Europea all’acquisto di una quota superiore al 50% (scarica qui il comunicato stampa), si troverà quindi con almeno il 96,56%.
I vecchi soci grandi e piccoli avrebbero dovuto mettere sul piatto 600 milioni di euro per l’aumento di capitale dell’istituto, ma alla fine hanno investito solo 22,2 milioni, mentre il controvalore delle azioni non sottoscritte e rimaste inoptate si è attestato a 977,7 milioni.
Chi nelle scorse settimane ha prenotato l’acquisto di azioni e ora ha cambiato idea ha tempo ancora oggi per il recesso a causa della mancata ammissione alla quotazione in Borsa. Giovedì 30, invece, è la data del versamento effettivo dell’aumento di capitale e sarà in quel momento, dunque, che Atlante inietterà nelle casse di Veneto Banca poco meno di un miliardo di euro per il rafforzamento patrimoniale, divenendone il socio di controllo, così come è accaduto per la Popolare di Vicenza.
E proprio come già prospettato per la Bpvi (si veda altro articolo di BeBeez), è ragionevole immaginare che anche per Veneto Banca il fondo Atlante cerchi in futuro un partner al quale sindacare parte del capitale della banca, in particolare un fondo di private equity in grado di accompagnare l’istituto nel processo di ristrutturazione.
Atlante, intanto, cerca nuove risorse dopo essersi svenato per le ricapitalizzazioni delle ex popolari venete: potrebbero arrivare 500 milioni dalla Sga, la bad bank nata negli anni Novanta per le sofferenze del Banco di Napoli