Si tratta di più del doppio del precedente record, detenuto dalla startup goHenry, per il più grande aumento capitale su una piattaforma di crowdfunding, anche questo su Crowdcube, di 4 milioni di sterline nel giugno 2016.
Darren Westlake, amministratore delegato e co-fondatore di Crowdcube, ha affermato: «Crowdcube sta svolgendo un ruolo fondamentale nel cementare la posizione della Gran Bretagna come leader del Fintech globale, e questo dimostra che l’appetito degli investitori per le imprese britanniche ambiziose in cerca di capitali per la crescita rimane forte come sempre, brexit o non brexit».
Crowdcube utilizzerà il finanziamento per realizzare i suoi piani di crescita, che mirano a fornire, sia agli investitori che alle imprese, opportunità che rendano l’investimento facile e remunerativo. Questo include lo sviluppo e l’offerta di un ambiente di trading secondario direttamente sulla piattaforma di Crowdcube che darà agli azionisti di qualsiasi azienda privata del Regno Unito, se esiste una domanda, la possibilità di vendere la propria quota. Lo scambio creerà liquidità immediata per le persone in possesso di azioni di qualsiasi società inglese non quotata, il che significa che i rendimenti potenziali non si limiteranno solo ai grandi eventi di uscita, come la vendita o un IPO.
Darren Westlake ha inoltre dichiarato: «abbiamo dimostrato che anche business ad uno stadio di vita avanzato possono raccogliere grandi entità di capitale su Crowdcube. Il nostro aumento record di 8 milioni, che è anche la 41° raccolta fondi sopra il 1 milione di sterline, è un altro momento di svolta che ci aiuterà a realizzare il nostro proposito di essere i pionieri della liquidità secondaria per gli investitori, facilitando nel contempo round di dimensione più elevata. Mentre ci imbarchiamo sulla prossima fase di crescita di Crowdcube siamo entusiasti per il futuro e lieti di avere 3.700 nuovi investitori che si sono uniti a noi nel corso del nostro viaggio».
E in Italia?
In questo momento è presente l’equity crowdfunding, introdotto da una normativa del dicembre 2012, ha gettato le prime basi, ma è evidente che lo strumento deve ancora carburare ed è altrettanto evidente che gli spazi di crescita sono molto ampi.
Secondo i dati dell’Osservatorio sul Crowdfunding del Politecnico di Milano, oggi in Italia operano 17 portali che hanno finora lanciato 57 operazioni di raccolta di capitale per start-up innovative, di cui 21 chiuse con successo (52,5%) per un totale di mezzi raccolti pari a 5,8 milioni di euro circa, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Websim è convinta che l’equity crowdfunding abbia ancora tanta strada da percorrere davanti a sé in Italia per facilitare la nascita di nuove imprese e che possa rappresentare un interessante strumento per migliaia di risparmiatori desiderosi di “provare”, in piccolo o in piccolissimo, a investire in nuove avventure imprenditoriali, correndo i forti rischi dei professionisti del venture capital, ma anche inseguendone le grandi possibilità di guadagno. Inoltre in Italia è già possibile negoziare quote di startup sul mercato secondario. Opportunità offerta per le operazioni che vengono effettuate sul portale Equity Startup, partner di Intermonte/Websim.
Attraverso l’equity crowdfunding i promotori di una start-up innovativa raccolgono capitale di rischio attraverso un’offerta rivolta al pubblico su Internet. Quindi gli elementi fondamentali sono tre:
1) la società deve essere una start-up innovativa, così come definita dalla Legge 221 del 2012 e iscritta nell’apposito Registro delle imprese;
2) chi sottoscrive diventa azionista, perché la start-up emette capitale di rischio e non debito;
3) l’investimento avviene online.
In Europa, la patria dell’equity crowdfunding è la Gran Bretagna, dove lo strumento ha registrato una crescita impressionante. Secondo un recente studio di AltFi, centro studi britannico sulla finanza alternativa, fra il 2011 e il 2013, ben 367 imprese hanno raccolto 18 milioni di sterline. Nel solo 2014 la raccolta è salita a 59 milioni di sterline e nel 2015 è “esplosa” a 140 milioni.
Per ora, dice la ricerca di AltFi, il tasso di fallimento è contenuto: guardando alle 367 imprese finanziate fra il 2011 e il 2013, solo il 20% ha chiuso i battenti: un dato incoraggiante se si pensa al le statistiche dell’americana National Venture Capital Association dove risulta che su 10 start-up finanziate, circa quattro falliscono in breve tempo, altre tre o quattro vivacchiano prima di restituire agli investitori lo stesso capitale investito, e solo una o due hanno successo e producono forti guadagni.
www.websim.it