Le assicurazioni italiane associate ad Ania alla fine dello scorso marzo avevano investito in fondi di credito o debito ben 6,9 miliardi di euro dai 4 miliardi di fine marzo 2015, pari a circa il 7% del totale degli attivi a copertura delle riserve tecniche (dal 6% di un anno prima), secondo l’ultima indagine dell’associazione sugli investimenti utilizzati presentata lo scorso luglio, a cui hanno aderito compagnie rappresentanti il 72,5% del mercato. Tuttavia la maggior parte di questi denari è stata convogliata su fondi esteri, con aziende estere come target di investimento.
Lo scrive MF Milano Finanza in edicola da sabato 10 settembre, sottolineando che quest’ultimo dato non emerge dallo studio dell’Ania ma basta incrociare i numeri per rendersene conto. A fine 2015 infatti Aifi (l’associazione dei fondi di private equity, venture capital e private debt) e l’Osservatorio Minibond del Politecnico di Milanoavevano calcolato che i fondi italiani di debito avevano raccolto dagli investitori impegni per soltanto 923 milioni di euro, di cui su un target complessivo di 5,5 miliardi. E quei 923 milioni, ovviamente, contavano molte tipologie di investitori, tra cui qualche assicurazione. Ciò significa che i capitali investiti dalle compagnie italiane nel debito delle pmi si sono limitati a poche decine di milioni, mentre la parte del leone l’hanno fatta il fondo di fondi del Fondo Italiano d’Investimento e le banche.
E tutto questo accade, sebbene l’investimento in private debt, cioé in debito di pmi non quotate, generi flussi di cassa di lungo periodo che sono perfettamente coerenti con quelli delle assicurazioni, fondi pensione e delle casse di previdenza, in termini di duration e prevedibilità, caratteristica che invece non ha il private equity. Ma paradossalmente le assicurazioni sono più attive sul fronte del private equity. L’anno scorso le compagnie hanno contribuito per l’11,7% al totale della raccolta, mentre fondi pensione e casse di previdenza si sono spinti sino al 18,6%. In ogni caso, stiamo parlando comunque solo di 1,3 miliardi di euro di investimenti in private equity per le assicurazioni dal 2010 e di 1,9 miliardi per fondi e casse di previdenza su un totale di poco meno di 13 miliardi.
Quanto ai fondi pensione, MF Milano Finanza lo scorso giugno aveva riferito che la Covip nella relazione annuale presentata lo scorso giugno calcolaca che alla fine del 2015 le attività detenute dai fondi pensione ammontavano a circa 107 miliardi di euro. Il 62,2% delle attività era investita in titoli di debito, con il 78% in Bot e Btp; per il resto ci sono azioni e un 12,8% di fondi. Quelli non armonizzati ammontavano a 12,8 miliardi di euro e di questi la gran parte (77,3 %) è costituita da fondi immobiliari (9,9 miliardi, pari al 13,7% delle attività totali). I fondi di private equity, invece, pesavano solo per 834 milioni cioè l’1,2% delle attività totali. Nulla rispetto alle medie europee.
Tower Watson e Boston Consulting Group hanno infatti calcolato che a livello mondiale a fine 2014 gli investitori avevano puntato oltre 7.100 miliardi di dollari sugli asset alternativi, in particolare su private equity ed hedge fund. E gli investitori più agguerriti in fondi di private equity sono proprio i fondi pensione con ben 1.400 miliardi di dollari investiti.
Tornando agli investimenti delle assicurazioni italiane, la maggior parte dei flussi (15.6 miliardi) è andata a sottoscrivere private placement di bond. Di questa cifra, dice Ania, soltanto il 60% rappresenta emissioni di aziende italiane. E di questo totale la maggior parte dei capitali è andata a sottoscrivere titoli di grandi emittenti industriali. Sul gfornte delle emissioni di medie dimensioni a fare la parte del leone è stato invece il gruppo assicurativo Prudential che, tramite la controllata Pricoa Capital, in un anno e mezzo ha sottoscritto 4 private placment (Crif, Epta, CarcoeAma).