Soltanto undici grandi operazioni, di valore uguale o superiore ai 150 milioni di euro per equity investito, hanno fatto il mercato del private equity italiano del primo semestre dell’anno, per un controvalore di operazioni di ben 4,05 miliardi di euro su un totale di 4,9 miliardi dell’intero settore.
Le altre operazioni hanno totalizzato soltanto poco più di 800 milioni di euro di equity investito (contro gli 1,4 miliardi del primo semestre 2015). Lo ha calcolato Aifi in collaborazione con PwC e il dato comprende anche l’operazione condotta su Saipem dell’ex Fondo Strategico Italiano (oggi Cdp Equity) (scarica qui le statistiche semestrali pubblicate ieri da Aifi).
Dal punto di vista delle dimensioni delle imprese oggetto d’investimento, prevalgono ancora una volta le aziende con meno di 50 milioni di fatturato, che rappresentano il 70% del numero totale (75% nel primo semestre del 2015). Per quanto concerne la distribuzione settoriale, in termini di numero di operazioni, nel comparto ICT sono stati realizzati 27 deal (19% del totale), nel settore dei beni e servizi industriali 23 (17%), nei servizi manifatturiero 20 (14%). Nella distribuzione geografica degli investimenti realizzati in Italia, 103 operazioni, il 79% del numero totale, sono state fatte al Nord, in calo rispetto alle 118 dello stesso semestre dell’anno precedente; scende il numero degli investimenti nel Centro, 18, con un peso del 14% rispetto alle 25 dello scorso anno nel medesimo periodo. Diminuisce anche il numero operazioni al Sud che totalizza a 10, il 7%, del totale in Italia.
La cifra dei 4,9 miliardi investiti rappresenta comunque un record a livello semestrale per l’Italia, che si confronta con i 4,62 miliardi di euro investiti in Italia in tutto il 2015 (solo 1,8 miliardi nel primo semestre dell’anno scorso). “L’Italia ha saputo attrarre significativi investimenti da parte di numerosi player internazionali che guardano sempre con grande interesse alle eccellenze del nostro sistema imprenditoriale”, ha commentato Francesco Giordano, partner di PwC Transaction Services.
Tuttavia, il presidente di Aifi Innocenzo Cipolletta, e il direttore generale Anna Gervasoni hanno sottolineato che sulle piccole e medie imprese del Paese si potrebbero registrare molte più operazioni se ci fossero tanti piccoli fondi di private equity domestici, così come accade in Francia, dove a fronte di 5,5 miliardi di euro investiti nel semestre (quindi non tanto più che in Italia) si sono chiuse ben 1.040 operazioni contro i soli 138 deal su 116 società in Italia (nel primo semestre dell’anno scorso si erano registrate 168 operazioni su 150 aziende). E ciò accade appunto perché in Francia ci sono molti più operatori domestici, che sono stati peraltro in grado di raccogliere nel corso del semestre ben 6,3 miliardi di euro.
Una cifra che fa impallidire le statistiche italiane, visto che il settore nei sei mesi ha raccolto soltanto 721 milioni di euro, considerando la raccolta indipendente, in netto calo rispetto al primo semestre 2015, quando i fondi italiani avevano raccolto 1,3 miliardi, con il closing di tre grandi fondi di private equity che da soli avevano rappresentato circa il 90% del totale dei mezzi raccolti.
In Italia continua a prevalere la raccolta domestica con 388 milioni (54%). I fondi di fondi (privati e istituzionali) e i family office sono stati la principale fonte con il 63% del totale; ancora scarsamente presente il contributo di assicurazioni, fondi pensione e casse di previdenza.