La stretta fiscale su banche e assicurazioni, decisa in Consiglio dei Ministri il 27 novembre e inserita nel decreto legge di abolizione della seconda rata dell’IMU, tocca anche le sgr e i gestori hanno così un motivo in più per trasferire l’attività all’estero. Lo ha fatto presente in modo chiaro ieri l’Aifi (scarica qui il comunicato di Aifi), sottolineando che “da tempo è richiamato il ruolo degli operatori di private equity e venture capital a sostegno dell’economia reale e del sistema imprenditoriale italiano senza che questo ruolo sia stato particolarmente incentivato”.
Tutti gli operatori di private equity e di venture capital, così come quelli del risparmio gestito e i gestori di fondi immobiliari, si troveranno infatti a dover pagare l’acconto Ires (e anche Irap) del 130% sui redditi 2013, che ingloba l’aumento dell’8,5% dell’Ires, che porta l’aliquota dal 27,5% al 36%. Per il 2014, l’acconto sarà invece del 101,5% (scarica qui il Decreto Legge sull’Imu e il Comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle Finanze).
Questa ulteriore penalizzazione si aggiunge agli oneri regolamentari e agli adempimenti amministrativi a carico, soprattutto, dei gestori medio-piccoli, che rappresentano la maggioranza degli operatori del settore. “Non possiamo che rilevare che in questo modo non viene certo incentivato, né supportato un contributo alla crescita attraverso l’investimento in capitale di rischio”, ha dichiarato Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Associazione del Private Equity e del Venture Capital. Non solo. Aifi ha richiamato l’attenzione sul fatto che “è in corso un importante processo di recepimento della Direttiva Ue sui gestori dei fondi alternativi che riguarda anche il settore del private equity e che lo esporrà alla competizione a livello internazionale, rischiando di scoraggiare il mantenimento delle strutture in Italia qualora il contesto generale risultasse non attraente”.