Un fondo per ogni filiera industriale che sia cruciale per il sistema economico italiano. È il progetto che Roberto Crapelli, amministratore delegato di Roland Berger Italia, sta discutendo in queste settimane con primarie banche internazionali e le istituzioni locali e che, almeno in due casi, è già in fase abbastanza avanzata.
Lo ha raccontato a MF-Milano Finanza lo scorso sabato 15 marzo lo stesso Crapelli, precisando : “Abbiamo avviato contatti con due importanti soggetti finanziari esteri che sono interessati a supportare la costituzione di un veicolo in grado di attrarre altri investitori di peso. L’obiettivo è investire in un programma a forte contenuto industriale, di ristrutturazione di un’intera filiera produttiva e non intervenire nelle singole piccole e medie imprese, pur virtuose che siano, che ne fanno parte”, perché, ha continuato Crapelli, “la filiera per un investitore è molto più interessante di un distretto o di un gruppo di aziende che lavorano nello stesso settore, perché nella filiera c’è tutta la catena del valore”.
Qualche esempio di filiera target? Quelle delle catena dei fornitori dei principali gruppi industriali italiani e i loro subfornitori. Basta pensare all’indotto di Enel, Finmeccanica (con le sottofiliere di Alenia, Agusta e Selex), Telecom di Ferrovie dello Stato, Fincantieri, Poste. Ma c’è anche la filiera dell’automotive e quella dell’alimentare, entrambe senza un capofiliera forte, ma molto numerose e ricche di imprese interessanti, Un’operazione, quella allo studio di Crapelli, che “è di ampio respiro industriale e finanziario: rendendo competitive le filiere di fornitura delle grandi aziende, ottiene lo scopo di rendere più competitive le nostre poche rimanenti grandi aziende, che operano come capo filiera”.
In un veicolo di investimento simile potrebbero probabilmente entrare anche le banche italiane controparti delle aziende della filiera e altri soggetti. Su quest’ultimo punto Crapelli non offre ulteriori dettagli. Si può ragionevolmente immaginare che anche la Cassa Depositi e Prestiti e, più in specifico, il Fondo Strategico Italiano possano essere coinvolti in queste iniziative di sviluppo. D’altra parte un esperimento simile lo ha fatto con successo la Francia. Lì la Banque Publique d’Investissement (Bpi), l’organismo che all’inizio del 2013 ha riunito sotto uno stesso nome le attività del Fonds Strategique d’Investissement (Fsi) e tutte le altre iniziative governative a supporto dello sviluppo delle imprese in Francia, ha adottato questo approccio da tempo. Il Fsi si è spesso promotore della creazione di alcuni fondi specializzati, capitalizzati dal Fsi insieme ai principali attori industriali dei settori in questione.
Come riferito lo scorso ottobre in un approfondimento di MF-Milano Finanza, le attenzioni maggiori sono andate alla filiera dell’automotive, presidiata da due fondi: il Fonds de Modernisation des Equipementiers Automobiles (Fmea Rang1), costituito dal Fsi insieme a Psa Peugeot Citroên e Renault,per investire in aziende produttrici di componentistica auto; e il Fmea Rang2, costituito dal Fsi con i principali fornitori internazionali delle case automobilistiche e cioè Bosch, Faurecia, Hutchinson, Plastic Omnium, Valeo per investire in aziende fornitrici di secondo livello dell’industria automobilistica (si veda la tabella in pagina).