Si parla di private equity, venture capital, minibond ed equity crowdfunding nella Relazione annuale del Garante delle Micro, Piccole e Medie imprese (MPMI), Giuseppe Tripoli (Direttore Generale per le politiche di internazionalizzazione e la promozione degli Scambi del Mise), al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, appena pubblicata sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico (scarica qui la Relazione).
Il Garante, infatti, sottolinea che per risolvere il problema di accesso al credito delle pmi è necessario “promuovere e rendere più agevole l’attività dei venture capitalist italiani” e che a questo fine, tra le ipotesi da verificare, si segnalano le seguenti iniziative:
1) “In affiancamento all’azione della Bei e del Fei sarebbe utile promuovere l’attivazione di fondi pensione privati, per loro natura adatti a un’opportuna diversificazione e in grado di svolgere un’adeguata azione di supporto al venture capital. In particolare si potrebbero includere i fondi di venture capital tra le attività finanziarie di medio-lungo termine che danno diritto all’accesso al credito di imposta introdotto dalla Legge di Stabilità 2015″.
2) “Un inquadramento normativo dei veicoli che svolgono attività di Venture Capital. Attualmente tali operatori sono riconducibili agli schemi giuridici delle Sgr e delle nascenti Sicaf. Con la Direttiva AIFM e il Regolamento EuVECA (ancora non attuati in Italia) si pone l’esigenza di introdurre un’adeguata gradualità nel regime di vigilanza che rispecchi la tassonomia degli operatori presenti nel nostro Paese. Infatti, la maggior parte dei fondi di venture capital hanno masse gestite inferiori ai 50 milioni che rendono difficile la sostenibilità degli elevati oneri organizzativi ed economici”.
3) “La promozione dell’attività di fund raising. Vista la difficoltà degli operatori di venture capital di ottenere risorse sia da parte di investitori nazionali che internazionali, può esser valutata l’opportunità di potenziare la dotazione del Fondo Italiano d’Investimento nella linea che investe nei fondi”.
4) “Favorire l’utilizzo dei mini-bond. Nella nostra legislazione, i mini-bond possono essere acquistati solo da investitori “qualificati”. Si potrebbe eliminare questo vincolo nella fattispecie dei fondi specializzati sui Mini-bond che investono in titoli quotati. In molte esperienze europee tale vincolo non esiste o addirittura vi sono incentivi a sostegno di questo strumento. In Francia si consente una riduzione fino al 50% della “impot sur la fortune” sull’investimento alle persone fisiche che investono in mini-bond e che li detengono per almeno cinque anni. In termini di imposta sul reddito (“impot sur le revenue”) tali soggetti beneficiano di una detrazione del 18% su tali investimenti finanziari. Anche nell’esperienza tedesca non è presente il vincolo degli investitori qualificati, sebbene in questa realtà esista la possibilità di una correlazione dell’apertura ad altri investitori con la maggiore incidenza di casi di default”.
5) “Favorire lo viluppo dell’equity crowdfunding: sono auspicabili interventi normativi o regolamentari per semplificare questa nuova forma di gestione della raccolta di capitali (regolamentata dalla Consob), mettendo in condizione gli intermediari finanziari di operare più speditamente, pur rispettando il vincolo ineludibile afferente la prestazione dei servizi di investimento”.
Più in generale il Garante sottolinea anche l’importanza che riveste “l’integrazione degli strumenti per il finanziamento delle esportazioni con quelli per l’assicurazione e riassicurazione dei rischi legati alla presenza sui mercati esteri (modello di “export bank”). Nel nostro Paese, sebbene con un po’ di ritardo, è stata data recentemente una prima attuazione a tale modello”.
La relazione aggiunge poi che, “pur essendo ancora in divenire l’offerta di servizi legata a tale riorganizzazione, pare cruciale in questa fase allargare l’attuale approccio di export bank, perlopiù orientato alle grandi operazioni, indirizzandone l’operatività anche verso operazioni di livello più contenuto. In questa direzione sono state ad esempio avviate interessanti esperienze estere di banche pubbliche di investimento volte a sostenere lo sviluppo delle MPMI attraverso un mix di strumenti finanziari (fornire capitale per investimenti di lungo periodo, investire in settori strategici per il futuro e su progetti di incerto immediato ritorno, sostenere la nascita di nuove start up innovative, sostenere attraverso il credito all’esportazione la presenza sui mercati esteri). L’ultima è stata la Banque Pubblique d’Investissement – BPI francese (nata a dicembre 2012 dalla fusione di più organismi)”.
Per questo, aggiunge il Garante, “anche in Italia si avverte l’esigenza di integrare l’attuale dotazione di strumenti finanziari e di servizi consulenziali e di affiancamento a disposizione delle MPMI che intendono affacciarsi sui mercati internazionali. In questa direzione pare strategico dare piena attuazione all’avviata riorganizzazione del sistema di finanza, assicurazione e riassicurazione per l’internazionalizzazione. I servizi di Sace e Simest, già confluiti nella Cassa Depositi e Prestiti, debbono essere maggiormente orientati a fornire strumenti di credito e garanzie al target rappresentato dalle MPMI, integrando l’attuale offerta ed aprendola, più di quanto già non accada, anche alle imprese di dimensione ridotta o solo potenzialmente esportatrici”.