Quante sofferenze può smuovere dai bilanci delle banche il fondo Atlante? MF Milano Finanza ha provato a fare dei calcoli, sulla base delle informazioni a oggi disponibili. Il risultato è nella grafica in pagina ed è inferiore ai 50 miliardi di sofferenze nette di cui ha parlato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in un’intervista nei giorni scorsi al canale tv Class Cnbc, E a maggior ragione è inferiore al dato di oltre 80 miliardi netti di sofferenze che sono sui libri dell’intero sistema bancario italiano.
Questi concetti si ritrovano anche in una serie di report pubblicati nei giorni scorsi da banche d’affari e agenzie di rating Usa, che sono particolarmente critici nei confronti dell’iniziativa italiana. “Salvataggio delle banche italiane: che cosa sono 5 miliardi di euro tra amici? Non bastano nemmeno per il primo giro di aperitivi”, dice Bernstein. “Il fondo Atlante offre supporto alle banche italiane, ma c’è una spina nella coda”, aggiunge Standard&Poor’s. “Banche italiane: c’è bisogno di più per aumentare la fiducia”. rincara Morgan Stanley. “Il fondo di salvataggio italiano mette in luce il rischio contingente delle grandi banche”, puntualizza studioFitch.
Un fronte compatto che, come sottolinea MF Milano Finanza in edicola da sabato 16 aprile, può anche far pensare al fatto che ci sia un po’ di contrarietà oltreoceano, perché il progetto Atlante va a rompere le uova nel paniere ai fondi specializzati in distressed asset che sono per la maggior parte americani e che avevano messo gli occhi sul grande business italiano delle sofferenze da comprare ai prezzi che conosciamo, cioé in media un 25-30% del valore lordo per gli Npl secured e un 2-5% per quelli unsecured, Prezzi che verranno spiazzati da quelli che invece è disposto a pagare Atlante, che sappiamo saranno molto vicini ai valori netti di bilancio per non caricare le banche di ulteriori perdite (si veda altro articolo di BeBeez).
E se è così, i capitali che in queste ore le varie banche stanno mettendo a disposizione del progetto Atlante sono effettivamente pochi rispetto alla montagna di crediti non performing che gravano sui libri del sistema. Stiamo parlando di più di 80 miliardi di euro netti. E quindi il mero confronto assoluto di questo numero con quei 6 miliardi di euro di target del fondo, di cui solo un 30% (cioè 1,8 miliardi) dovrebbe essere dedicato agli npl, non regge. E non regge nemmeno se si immagina che per quel 30% il fondo possa andare a leva del 50% (come si dice) arrivando quindi a 2,7 miliardi di potenza di fuoco.
Morgan Stanley, in nel suo report pubblicato nei giorni scorsi, quando ancora queste proporzioni non si conoscevano, né si era parlato di leva, aveva ipotizzato che, una volta sottoscritti gli aumenti di capitale di Banca popolare di Vicenza (1,75 miliardi) e di Veneto Banca (1 miliardo), il resto dei capitali disponibili del fondo potesse essere investito in tranche junior di cartolarizzazioni di npl, cioè quelle più rischiose. Il conto portava quindi a 3,5 miliardi di euro disponibili. A quel punto, Morgan Stanley ipotizzava che le banche che avevano originato i crediti si tenessero in portafoglio una quota della tranche equity pari a quella sottoscritta dal fondo Atlante e che quindi il progetto Atlante potesse dare luogo alla sottoscrizione di tranche equity complessive per 7 miliardi di euro.
A questo punto il ragionamento portava a chiedersi che proporzione si potesse immaginare tra le tranche più rischiose e quelle meno rischiose, cioè le senior. La banca d’affari proponeva due ipotesi: una con una tranche equity pari al 30% del totale e un’altra con una tranche equity pari a quella senior (50-50%). Ipotesi che tengono conto della possibilità di chiedere la garanzia pubblica sulle tranche senior. Per ottenere la Gacs, infatti, la tranche senior in questione deve aver incassato preventivamente il rating investment grade e quindi i titoli senior non potranno ragionevolmente rappresentare meno del 50% del totale dell’emissione. Così facendo, in un caso si sarebbero potuti immaginare titoli senior per 16 miliardi e in un altro per soli 7 miliardi, il tutto per un totale di npl cartolarizzati compreso tra 14 e 23 miliardi.
Bernstein ha a sua volta fatto un esercizio simile a quello di Morgan Stanley ed è arrivato alla conclusione che il fondo Atlante con 5 miliardi sia sottocapitalizzato di 15 miliardi, tenuto conto dei tempi di recupero correnti dei crediti di sette anni.
MF-Milano Finanza ha riproposto l’esercizio di Morgan Stanley, modificandolo secondo le nuove ipotesi trapelate a proposito della struttura del fondo Atlante; ne deriva che, nella migliore delle situazioni, si potrebbero smuovere 27 miliardi di euro di Npl dai libri delle banche italiane. Ma questa ipotesi prevede che la tranche equity sia non solo sottoscritta dal fondo Atlante e trattenuta in parte dalle banche originator, ma anche sottoscritta per una quota da investitori specializzati. Che andranno convinti del fatto che si tratta di un buon investimento, anche per la parte equity.
Ora, sul fatto che l’investimento di Atlante alla fine si possa rivelare redditizio, i dubbi sono leciti. Ma è anche vero che dagli aumenti di capitale delle banche è ragionevole immaginarsi un rendimento più elevato di quello target del fondo posto al 6-7% lordo, perché se si sa che sul mercato c’è un soggetto in grado di disinnescare la bomba sofferenze in capo alle banche più in difficoltà, allora è ragionevole immaginare che i titoli di quelle banche possano recuperare dai minimi di oggi. Il tutto andando a compensare per il fondo le eventuali perdite su alcuni degli investimenti in tranche equity di cartolarizzazioni di Npl. Quindi per Atlante il rischio è calcolato. Quello che è più difficile, invece, è trovare coinvestitori sulle tranche equity a quei prezzi, in modo tale da creare un volano molto più grande e raggiungere appunto i 50 miliardi di cui parlava Padoan.
L’ipotesi più realistica e conveniente per tutti, sarebbe quella che il fondo Atlante d’accordo con le banche e investitori specializzati in turnaround aziendali studi delle cartolarizzazioni di Npl corporate che per essere recuperati prevedono l’iniezione di nuova finanza (si veda altro articolo di BeBeez), con l’obiettivo di rilanciare il business delle aziende e permettere di conseguenza alle banche di recuperare i loro crediti e magari anche alla fine di guadagnarci, perché quei crediti potranno valore più di quando si trovavano già svalutati a bilancio al 40% del loro valore netto, come è la media degli Npl appostati dalle banche oggi.