Secondo default in arrivo per i minibond italiani a tre anni e mezzo dalla partenza del mercato, dopo quello di Grafiche Mazzucchelli. Filca Cooperative, sinora leader nel settore residenziale in Lombardia , ha infatti presentato al Tribunale di Lecco lo scorso 13 luglio una domanda di concordato in bianco finalizzato a un accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182 bis della legge fallimentare, che il tribunale ha accolto lo scorso 9 agosto, concedendo alla cooperativa 120 giorni di tempo per presentare il piano finanziario e industriale. L’operazione coinvolge, da un lato, 50 cooperative edilizie, 2 cooperative di servizi e 3 società di capitali, e dall’altro lato 19 banche finanziatrici.
Lo ha scritto MF Milano Finanza in edicola da sbato 27 agosto, riferendo quanto detto nei giorni scorsi alla stampa locale dallo stesso presidente della cooperativa Giacomo Fumeo, che ha precisato anche che alle banche finanziatrici è stato contestualmente chiesta la concessione di finanza-ponte per consentire al gruppo di affrontare i problemi più stringenti (spese condominiali, fornitori strategici, dipendenti e così via).
Filca aveva emesso e quotato all’ExtraMot Pro nell’ottobre 2013 un minibond da 9 milioni di euro, poi riaperto e portato a 16 milioni, a scadenza settembre 2019 con struttura amortizing (rimborso progressivo del capitale dal terzo anno) e una cedola del 6% e aveva ottenuto da Crif un rating BBB+, che era stato poi ridotto a BB- nel dicembre 2014 e poi ritirato nel febbraio 2015.
Tra i sottoscrittori del bond si contano: Banca Popolare di Milano, il credito cooperativo (Iccrea BancaImpresa, CRA di Cantù BCC, BCC Alta Brianza di Alzate Brianza), Reale Mutua e Italiana Assicurazioni, società finanziarie e fondi legati alla AGCI (Associazione Generale Cooperative Italiane) e Zenit sgr. Il prestito obbligazionario era destinato a finanziare i progetti di investimento delle Cooperative Socie (CasaMiainLeasing e Fondo Acquisto Aree). Advisor di Filca Cooperative era stato ADB spa di Torino, Banca Akros (Gruppo Bpm) era stato arranger dell’operazione, mentre a fornire il supporto legale era stato lo studio Simmons&Simmons.
La crisi di Filca è stata scatenata dal perdurare del negativo andamento delle compravendite immobiliari nel 2014 e dalle conseguenti ricadute sull’attività delle cooperative associate, così nel febbraio 2015 è iniziata la trattativa con le banche finanziatrici che si è protratta più a lungo del previsto con ovvie ripercussioni sull’andamento della gestione della società.
Nella primavera 2015 la società ha presentato un primo piano di ristrutturazione redatto dall’advisor Deloitte e successivamente il piano è stato elaborato su basi più conservative, secondo le richieste delle banche coinvolte, supportate dall’advisor PwC, e presentato appunto lo scorso maggio agli istituti di credito
Nel frattempo, su richiesta degli istituti creditizi coinvolti, le cooperative hanno bloccato l’avvio dei lavori degli interventi edilizi già programmati e il perfezionamento dei preliminari di acquisto in essere relativi alle aree per nuove iniziative residenziali. Il ceto bancario, nelle more della definizione del piano, aveva infatti sospeso la concessione di ulteriori finanziamenti alle associate e limitando le erogazioni dei mutui sui cantieri in corso.
Il bilancio al 31 dicembre 2015 si è quindi chiuso con un crollo dei ricavi da 8,5 milioni del 2014 a 1,1 milioni e con lo stanziamento di un fondo rischi di 14,2 milioni che hanno determinato una perdita netta di 28,2 milioni di euro e un patrimonio netto di 16,6 milioni.
Nella relazione al bilancio 2015, si legge che “alla data di chiusura dell’esercizio, risultano altresì a debito gli interessi relativi alla seconda cedola di euro 960.000, scaduta il 30 settembre 2015 e non ancora corrisposta per le difficoltà finanziarie intervenute nel corso dell’esercizio, e il rateo di interessi di euro 244.603 maturati a partire dalla data di godimento della seconda cedola sino alla data di chiusura dell’esercizio”.
Quanto alle linee-guida del piano concordatario, questo prevede che “la maggior parte dei flussi attivi (con i quali poi soddisfare, in tutto o in parte, i creditori) non potranno che essere costituiti, per Filca (oltre che dalla dismissione del patrimonio non strettamente necessario alla prosecuzione dell’attività aziendale, così come ridotta rispetto al passato, conformemente alle previsioni di piano) dall’incasso dei corrispettivi provenienti dalle singole cooperative socie per i servizi prestati dalla stessa in favore di esse. E tali corrispettivi potranno ragionevolmente essere effettivamente corrisposti da parte delle cooperative socie solo se e nella misura in cui queste riusciranno ad alienare/assegnare il loro consistente patrimonio immobiliare”.
Inoltre, “i piani di ristrutturazione delle singole cooperative edilizie prevedono infatti la dismissione ordinata del proprio patrimonio immobiliare, in un arco temporale di cinque anni e, mediante il ricavato di detta ordinata dismissione, la soddisfazione dei creditori delle stesse (essenzialmente banche e fornitori), con uno stralcio di entità da determinare, secondo i piani attestati ex art. 67 L.F. delle singole cooperative, ovvero secondo gli accordi che saranno da esse raggiunti con il ceto creditorio (in caso di accordo ex art. 182 bis L.F.) ovvero secondo la rigorosa applicazione della par condicio creditorum (in caso di proposta concordataria)”.