I vantaggi studiati dal governo per i Pir, cioé piani individuali di risparmio, saranno validi soltanto se i Pir investiranno in strumenti finanziari emessi da società italiane: un grande risultato, questo, che ha già il via libera della Commissione europea.
Lo scrive MF Milano Finanza in edicola da sabato 22 ottobre, che a valle di una chiacchierata dell’editore Paolo Panerai con Fabrizio Pagani, a capo della segreteria tecnica del ministero dell’Economia ha anticipato tutti i termini del testo che istituisce i Pir, che sarà visibile solo una volta approvata la legge di Bilancio.
In particolare, per i Pir è prevista l’esenzione totale dal pagamento del 26% sul capital gain eventualmente realizzato con la vendita, a patto che l’investimento venga mantenuto per almeno 5 anni.
I Pir sono la vera novità del pacchetto di misure studiate dal governo a supporto degli investimenti in economia reale, presentate lo scorso settembre nell’ambito del progetto Industria 4.0 (scarica qui le slide di presentazione), che comprendono anche:
- detrazioni fiscali fino al 30% per investimenti fino a un milione di euro in startup e pmi innovative
- assorbimento da parte di società “sponsor” delle perdite di startup per i primi 4 anni,
- un’agevolazione fiscale mediante detassazione capital gain su investimenti a medio/lungo termine
- un programma “acceleratori di impresa”, per finanziare la nascita di nuove imprese con focus Italia 4.0 con una combinazione di strumenti agevolativi e attori istituzionali (Cdp)
- lancio di fondi di investimento dedicati all’industrializzazione di idee e brevetti ad alto contenuto tecnologico, a opera della Cdp
- lancio di fondi di venture capital dedicati a startup con focus Italia 4.0 o in co-matching (Cdp/Invitalia)
Tornando ai Pir, MF Milano Finanza rivela che i Pir potranno essere uno strumento individuale di singoli investitori da costituire all’interno di fondi, oppure essere una sorta di fondo di secondo livello all’interno di fondi tradizionali.
Se il Pir viene costituito per un singolo risparmiatore, l’obbligo di detenzione è sempre di cinque anni ma l’esenzione dal pagamento della tassa del 26% sui guadagni è per investimenti annui di un massimo di 30 mila euro e quindi di 150 mila euro nei cinque anni. Se il Pir è invece utilizzato da un fondo pensione o da una cassa di previdenza, l’esenzione fiscale vale solo per investimenti, sempre con l’obbligo di detenerli per cinque anni, di massimo il 5% del patrimonio globale del fondo o della cassa.
Il vincolo, strappato alla Ue, che ora gli investimenti fiscalmente più che agevolati siano possibili solo in società italiane, è sicuramente un grande risultato che Pagani e il governo hanno ottenuto, ma ciò non risolve il problema altrettanto importante di far arrivare investimenti realmente alle pmi. E questo perché viene precisato che gli investimenti in questione possono riguardare società quotate e non quotate, con il vincolo che almeno il 30% dei capitali debba essere investito in strumenti di imprese diverse da quelle comprese nell’indice di borsa Ftse Mib.
Un vincolo un po’ troppo lasco, visto che l’indice FtseMib comprede soltanto 40 titoli, cioé quelli a pià grande capitalizzazione e liquidità di Piazza Affari. Il che significa che idealmente un Pir potrebbe investire soltanto in società quotate sul mercato regolamentato, con buona pace delle pmi con azioni quotate all’Aim o non quotate o che hanno emesso minibond, mentre al momento non è stato specificato, se i Pir potranno investire in fondi di private equity, di venture capital e di private debt. Idealmente dovrebbe essere così, visto che i fondi aperti possono a loro volta investire sino al 10% del loro patrimonio in strumenti illiquidi e quindi anche in quote di questo tipo di fondi.