È di 3 anni e mezzo la durata media di un passaggio generazionale, momento che vede il coinvolgimento di una media di 3,5 membri familiari e di 1,5 consulenti o altri attori chiave. Il calcolo è emerso da uno studio condotto da Cerif, il Centro di ricerca sulle imprese di famiglia dell’Università Cattolica di Milano, su un campione di pmi con fatturato compreso tra i 15 e i 150 milioni di euro che hanno affrontato e gestito il passaggio generazionale. L’analisi è stata condotta tra il 2016 e il 2017 (scarica qui il comunicato stampa).
Lo studio è stato pubblicato in occasione del lancio della settima edizione del premio “Di padre in figlio” promosso da Cerif con il contributo di Credit Suisse, LCA Studio Legale, Mazars Italia e Mandarin Capital Partners e la collaborazione della Camera di Commercio di Milano e di Monza. L’adesione all’iniziativa è libera e gratuita: le schede di adesione sono disponibili e scaricabili presso il sito www.premiodipadreinfiglio.it. La cerimonia di premiazione avverrà nel mese di novembre 2017.
L’analisi di Cerif ha preso in considerazione 34 passaggi generazionali, con l’obiettivo di identificare peculiarità, caratteristiche e tratti comuni. Dal report si evince che si possono individuare quattro tipologie di passaggi generazionali:
1. PG dinamico, stimolato da elementi di discontinuità interni (ed esterni) messi in atto dal potenziale erede. Il PG si conclude quando il fondatore/padrone vede che i risultati di questi elementi sono positivi (fiducia nell’erede). Tipici elementi di discontinuità sembrano essere: una start up per l’erede, la crescita aziendale per acquisizioni, l’internazionalizzazione.
2. PG traumatico, dovuto alla scomparsa improvvisa del fondatore/padrone . Quando l’impresa di famiglia è una PMI e la famiglia è “nucleare” attenzione ai contraccolpi di questo PG: banche-clienti-fornitori- dipendenti non sanno cosa succederà a breve, vogliono certezze per il futuro e garanzie che l’azienda sia condotta bene.
3. PG aventiniano, quando il fondatore/padrone passa il testimone all’erede senza la presenza della discontinuità o della traumaticità, ma decide semplicemente di lasciare il campo di gioco all’erede e di ritirarsi. Ciò accade in quanto il processo di transizione generazionale è stato pianificato per tempo e realizzato con efficacia.
4. PG tira e molla, dove i tempi di svolgimento del processo successorio sono molto estesi, con un continuo lascia e riprendi tra fondatore/padrone e potenziale erede. Questo continuo stop-and-go di parziali responsabilità, incomplete deleghe, e ridotte autonomie può svuotare il PG degli elementi di successo.
Quello che emerge è che su 34 passaggi generazionali analizzati, il 71% circa sono stati completati con successo, il 12% ha avuto esito negativo mentre il 17% circa sono ancora in atto. Nei casi in cui il passaggio è avvenuto in modo ottimale stiamo parlando soprattutto di una tipologia di passaggio “dinamico” e “tira e molla”. Di controparte invece nei casi d’insuccesso, le aziende hanno avuto un passaggio “traumatico” o “tira e molla”.
“La continuità della successione appare come uno dei problemi più delicati e cruciali dell’azienda familiare anche se viene talvolta considerata un argomento tabù”, ha spiegato Claudio Devecchi, amministratore unico e direttore scientifico di Cerif, che ha aggiunto che “tale reticenza può avere varie cause e dipendere da non pochi fattori, ad esempio la volontà del fondatore di rinviare la soluzione del problema data la sua oggettiva difficoltà, oppure la presenza di una composizione numerosa dei membri della famiglia allargata”.