“Finanziare le aziende in ristrutturazione non è il target ottimale della banca, ma certo nel portafoglio di una banca delle dimensioni di Banco Bpm ci può essere spazio per questo tipo di investimenti visto che offrono rendimenti maggiori rispetto a un contesto in bonis, sempre in presenza di adeguato livello di garanzie”. Lo ha detto Massimo Racca, responsabile credito anomalo di Banco Bpm, lo scorso venerdì 12 maggio, in occasione di una tavola rotonda sui distressed asset organizzata a Milano nell’ambito della due giorni di convegni di Abi e alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti di banche e di fondi.
Lo riferisce MF Milano Finanza, aggiungendo che Racca ha precisato: “Ritengo che sia giusto che la banca sia disposta a depotenziare i tabù legati alle difficoltà di operare con imprese in crisi e a guardare alle prospettive di medio periodo dell’impresa privilegiando la visione industriale rispetto a quella finanziaria”.
La tavola rotonda, organizzata da Massimo Gianolli, amministratore delegato di Generalfinance, discuteva del fatto che l’idea vincente per risolvere in modo efficiente il problema delle inadempienze probabili sui libri delle banche italiane, quando i debitori sono aziende, è quella di ampliare a un numero maggiore di pmi il tipo di approccio tipico dei fondi specializzati in ristrutturazioni aziendali, coinvolgendo nel processo in maniera più stretta le stesse banche, siano queste già finanziatrici delle aziende in dificoltà oppure no.
Gianolli ha detto che “forte di un’esperienza di 35 anni nel factoring, Generalfinance ha sviluppato un esclusivo sistema proprietario di rating, costantemente aggiornato, capace di cogliere per tempo anche i primissimi segnali di una possibile crisi e apprezzarne la latitudine. Non per tirarsi indietro. Anzi. Siamo tra i pochissimi finanziatori capaci e disposti a concedere finanziamenti anche alle imprese in crisi in prossimità e nel contesto di procedure ristrutturazione”.
Con strutture diverse, nella sostanza i fondi specializzati in turnaround aziendale da un lato acquistano crediti dalle banche, ed eventuamente li convertono a capitale, o comunque trovano un accordo con le banche perché queste congelino i loro crediti per un certo numero di anni, e dall’altro iniettano nuova finanza nelle aziende in difficoltà, per supportarne il rilancio dal punto di vista industriale. Il tutto con la prospettiva che, una volta rilanciate, le aziende saranno in grado di rimborsare le banche e di offrire un adeguato ritorno per il capitale investito ai fondi.
Sulla stessa linea è Katia Mariotti, Npe & Nca Mediterranean leader transaction advisory services di EY, che lo scorso lunedì 15 maggio alla Camera a un convegno sui crediti deteriorati organizzato dal presidente della Commissione Finanze, Maurizio Bernardo (si veda altro articolo di BeBeez), ha detto: “Nel 2016, il tasso di scivolamento delle inadempienze probabili a sofferenze per le prime 10 banche italiane è stato del 20% (si veda altro articolo di BeBeez). Sicuramente in riduzione rispetto agli anni precedenti (basti pensare al 49% del 2008) ma ancora rilevante. Per risolvere il problema delle sofferenze bancarie occorre impedire che i crediti diventino sofferenze. E’ questo che intende la Banca centrale europea quando invita gli istituti di credito a gestire in modo proattivo le inadempienze probabili. Una gestione proattiva e tempestiva consente non solo di ridurre la distruzione di valore ma, in taluni casi, ne agevola la creazione”.
Mariotti ha aggiunto che “questo tipo di approccio ha innegabili benefici per i vari soggetti economici: l’industria e l’imprenditoria; i lavoratori , con il mantenimento dei posti di lavoro e la difesa delle capacità di consumo; il settore bancario con l’alleggerimento dei propri stati patrimoniali e la conseguente riapertura del credito a sostegno dell’economia reale; lo Stato per la maggiore stabilità sociale e le componenti fiscali legate ai redditi degli altri soggetti economici; e i fondi d’investimento (e i loro investitori) per i ritorni da operazioni di successo”.
La politica sta peraltro ascoltando il mercato. Non a caso tra gli emendamenti alla manovrina segnalati nei giorni scorsi spiccano quelli relativi alla modifica della legge 130/1999 sulle cartolarizzazioni. Come anticipato nelle scorse settimane da MF Milano Finanza, tra le novità che si vorrebbero introdurre a possibilità per uno stesso spv da un lato di acquisire o sottoscrivere i titoli di capitale e gli strumenti partecipativi, anche emessi a seguito di conversione dei crediti alle aziende debitrici, che siano in tutto o in parte oggetto di accordi o procedure volti al risanamento o alla ristrutturazione dei debiti; e dall’altro, di concedere finanziamenti ai debitori dei crediti cartolarizzati (si veda altro articolo di BeBeez).