Sono 522 le aziende eccellenti a livello nazionale, in aumento dalle 448 individuate l’anno scorso (si veda altro articolo di BeBeez). Il dato è emerso ieri nel corso della presentazione della nona edizione dell’Osservatorio Pmi, ideato e curato da Global Strategy, società di consulenza strategica e finanziaria fondata e guidata da Antonella Negri-Clementi.
Global Strategy seleziona autonomamente le aziende, analizza i bilanci e i dati di oltre 40 mila imprese italiane manifatturiere e di servizi, focalizzandosi sulle circa 7.500 aziende che registrano un valore della produzione tra 20 e 250 milioni. Le “aziende eccellenti” di Global Strategy sono quelle che negli ultimi cinque anni hanno superato la media del loro specifico settore in oltre 10 parametri economico-finanziari e patrimoniali. In particolare sono aziende che sono cresciute a ritmo sostenuto e contemporaneamente sono state in grado di abbassare il proprio indebitamento
Il numero delle aziende eccellenti è stato calcolato sui dati di bilancio 2015, i cui numeri stati poi arricchiti e aggiornati con interviste agli imprenditori per avere il polso dell’ultimo anno e soprattutto delle prospettive.
Tra i principali trend emersi quest’anno c’è la ripresa del Nordest, da cui proviene il 34% delle aziende eccellenti, con numeri in crescita in Veneto, Emilia-Romagna, Puglia e Abruzzo. Proprio in merito al sud, aumenta la penetrazione delle eccellenti e passa all’8,2% contro una media del 7%.
Altro fattore importante riguarda i settori, visto che il food&beverage supera la meccanica e diventa “il settore eccellente”. In aumento anche le assunzioni, che nelle aziende identificate da Global Strategy hanno creato 16 mila posti di lavoro in cinque anni. Le chiavi del successo e delle crescita si confermano innovazione (industria 4.0), internazionalizzazione, investimenti e il presidio di nicchie di mercato.
In particolare, sul tema industria 4.0, le aziende eccellenti ritengono che questo approccio possa portare a un aumento della produttività (64%), a una riduzione dei costi di produzione (43%) e a un miglioramento della qualità del prodotto (36%). Il 4.0 avrà inoltre un forte impatto sull’occupazione, ma non in accezione negativa: solo per il 17% degli intervistati si ridurrà il numero di occupati a livello macroeconomico: cambieranno i processi organizzativi interni, che dovranno essere gestiti con risorse sempre più complete e con maggiori responsabilità.