Durante gli anni 70 il suo profondo attaccamento ai paesaggi libanesi ha fatto si che l’artista producesse una serie di dipinti quasi astratti sulle variazioni di luce sullo sfondo del monte Sannine, picco montuoso visibile da Beirut. Si veda contemporaryartdaily. La prolungata guerra civile nel paese la costrinse a lasciare il Libano nel 1980 per emigrare in California. Fu lì che nel 1982, Simone Fattal si è incontrata per caso (dice lei) col ruolo di editore, fondando e poi gestendo The Post-Apollo Press, specializzata in poesia sperimentale e letteratura oltre che nella traduzione in inglese di libri europei e arabi. Tutto questo non ha però interrotto il suo percorso artistico. Un corso seguito all’Art Institute di San Francisco si tradusse in un immediato amore per la ceramica che nel tempo l’ha vista operare collaborando, tra l’altro, per anni, col maestro ceramista Hans Spinner ed il suo studio vicino a Grasse nel sud della Francia. L’argilla era un medium dal quale sono emerse forme senza tempo e le sue sculture hanno tutte una forza primaria interiore che viene fuori dalla mescolanza tra elementi di archeologia, storia dell’arte, politica e spiritualità. Nei suoi lavori giovanili è ricorrente la figura umana, in posa come se fosse un guerriero quasi forse a simbolicamente ricordare il suo passato mediorientale ma ancor più carichi di significato se rivisti oggi. I collage e gli assemblaggi di ritagli di giornali, pubblicità e foto di famiglia mescolano elementi di ere temporali diverse, dall’arte mesopotamica alle storie contemporanee oltre ad eventi personali e storici. Sopra tutto quanto detto sinora risulterebbe assolutamente incompleto se on citassimo tutto ciò che di connesso al suo lavoro c’è proveniente dai poemi epici. Le storie mitologiche per Simone Fattal non sono solo storie eroiche, rappresentano una ricerca di verità universali.