Obiettivo 104 miliardi di euro di transazioni su Npl entro fine anno in Italia. Lo ha calcolato Banca Ifis, considerando circa 71 miliardi di euro di operazioni in arrivo (scarica qui lo studio).
I numeri sono stati presentato lo scorso venerdì 15 settembre a Venezia in occasione dell’Npl Meeting, che quest’anno ha visto la partecipazione di ben 800 addetti ai lavori.
In effetti, basta fare due conti è l’obiettivo non risulta così lontano. Le transazioni già annunciate arrivano a quota 33 miliardi, poi ci sono i 17,7 miliardi di Unicredit che si possono già considerare come conclusi. A questi vanno aggiunti i 26,1 miliardi di Mps, anche questi sostanzialmente già in dirittura d’arrivo, dopo l’ok di Atlante alla sottoscrizione delle tranche junior e mezzanine. Infine ci sono i 18 miliardi in portafoglio alle due banche venete e che saranno traslocati alla Sga per essere poi ceduti sul mercato.
In effetti le banche si stanno dando parecchio da fare per smaltire il peso degli Npl a bilancio. Nei giorni scorsi Banca d’Italia ha diffuso i dati relativi alle sofferenze dell’intero sistema bancario nei primi sette mesi, e il risultato è che le sofferenze lorde sono scese a 173,6 miliardi, al minimo da luglio 2014, dai 192 miliardi di giugno, e con le sofferenze nette che sono calate a 65,8 miliardi dai 71,2 miliardi di giugno.
Del resto già a fine giugno 2017 lo stock di sofferenze nette sui libri dei principali gruppi bancari italiani, al netto delle rettifiche, era sceso nel semestre del 12,4% a quota 47 miliardi di euro dai 53,7 miliardi di fine dicembre 2016 e anche a livello di crediti deteriorati totali il miglioramento era evidente: lo stock risultava diminuito di oltre il 10%, cioè 11 miliardi di meno, passando da 108,6 a 97,6 miliardi. I numeri sono riportati nella tabella qui sotto che MF-Milano Finanza ha elaborato attingendo dai bilanci e alle semestrali consolidati dei rispettivi gruppi bancari.
I dati sono ancora più interessanti, se si pensa che già a fine 2016 si era registrato un calo importante dello stock di sofferenze sui libri dei principali gruppi bancari italiani, al netto delle rettifiche: il dato era infatti sceso in 12 mesi di ben il 18%, cioè 15 miliardi di euro in meno, passando a poco più di 68 miliardi di euro dai precedenti 83 miliardi, considerando nel conto in quel caso anche le sofferenze delle due banche venete, che invece nel calcolo attuale non vengono computate, perché, a valle dell’accordo di acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo dello scorso luglio, gli Npl sono rimaste in capo alla bad bank. Il tutto mentre ovviamente anche i dati di sistema indicano il medesimo trend.
Montepaschi, Unicredit e Banco Bpm hanno fatto la parte del leone in questa discesa, che nei sei mesi, in relazione alle sofferenze nette, è stata, rispettivamente, del 32,2%, 11,4% e 10,3%. La banca guidata da Jean-Pierre Mustier a fine dicembre 2015 aveva infatti sui suoi libri poco meno di 20 miliardi euro di npl netti e alla fine dell’anno scorso era rimasta con 13 miliardi, poi scesi ulteriormente a 11,8 miliardi. Dati che si riducono ancora, rispettivamente a 11 e 10 miliardi, se si considerano gli Npl già allocati al progetto Fino, cioè la cartolarizzazione da 17,7 miliardi di euro lordi predisposta insieme ai fondi di Fortress e Pimco. Unicredit prepara la cessione di un nuovo portafoglio misto di crediti in sofferenza chirografari e immobiliari del valore lordo di 1-1,5 miliardi di euro, il Progetto Firenze.
Quanto a Mps , ha annunciato i dettagli della cartolarizzazione di 26 miliardi lordi di Npl, con la firma di un accordo vincolante con Fondo Atlante II (gestito dalla Quaestio Capital Management sgr di Alessandro Penati) a fine giugno per l’acquisto del 95% dei titoli junior e mezzanine. L’operazione di cartolarizzazione si concluderà entro fine anno, con il deconsolidamento dei titoli che avverrà l’anno prossimo. Ciononostante, la semestrale di Mps spiega che «in conseguenza dei commitment assunti con il Piano di Ristrutturazione e degli accordi vincolanti sottoscritti con Quaestio Capital Management sgr per la dismissione di un portafoglio sofferenze, la banca ha contabilizzato nel bilancio consolidato semestrale abbreviato rettifiche aggiuntive su crediti per circa 4 miliardi di euro, adeguando il valore netto contabile delle sofferenze ai valori attesi di cessione». Il prezzo di cessione previsto è infatti pari a circa 5,5 miliardi cioè il 21% del valore lordo del portafoglio a fine dicembre 2016, a fronte di un valore netto contabile al a quella data di 9,4 miliardi. Per questo motivo, già nei conti della semestrale si registra un abbattimento importante delle sofferenze nette per Mps .
Anche Banco Bpm , sotto la guida di Giuseppe Castagna, sta procedendo celermente verso il suo obiettivo di riduzione delle sofferenze lorde di 8 miliardi nominali entro il 2019. Lo scorso giugno ha ceduto il portafoglio Project Rainbow di crediti immobiliari da 693 milioni di euro lordi al fondo Npl di Algebris con una valorizzazione vicina al 40% del nominale. E ora la banca si sta apprestando a cedere entro fine anno un altro portafoglio secured da 2 miliardi, mentre per l’anno prossimo è prevista la cartolarizzazione con Gacs di un portafoglio di Npl immobiliari da 3 miliardi.
Non a caso le agenzie di rating stanno uscendo con report positivi sulle banche italiane. L’ultimo è quello pubblicato dall’agenzia Scope, intitolato «10 motivi per i quali il nervosismo del mercato relativo alla qualità degli attivi delle banche italiane può essere eccessivo», che sottolinea tutta la serie di novità positive che si sono succedute in tema di abbattimento degli Npl.
Detto questo all’Npl meeting di Venezia i banchieri hanno sottolineato che la Bce deve smetterla di imporre alle banche obiettivi di riduzione delle sofferenze in termini lordi invece che netti, perché in questo modo sostanzialmente le obbliga a cedere gli npl anziché tentare altre strade, come l’aumento del tasso di copertura o il recupero dei crediti tramite strutture specializzate interne o esterne.
Uno studio di Banca d’Italia pubblicato a inizio anno evidenziava che, se un istituto è obbligato a cedere le sofferenze, il prezzo di recupero è sempre relativamente basso e si verifica anche un impatto negativo sulla stima della Loss Given Default (Lgd, il tasso di perdita in caso di insolvenza). Con il conseguente paradosso: la banca che riduce il rischio vede peggiorare i ratio patrimoniali. Nel paper di Banca d’Italia si spiegava infatti che le cessioni di npl tendono ad avere un impatto negativo sui coefficienti patrimoniali delle banche poiché i prezzi di cessione sono tipicamente inferiori al valore di libro. Un elevato ammontare di cessioni può dunque determinare perdite in conto economico e quindi esigenze patrimoniali aggiuntive che le banche potrebbero non essere in grado di fronteggiare.
Ciò determina un forte disincentivo alla cessione di npl. Non solo. Le banche autorizzate all’utilizzo del metodo avanzato basato sui rating interni ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito sono ulteriormente disincentivate a cedere tali esposizioni poiché subirebbero un impatto patrimoniale aggiuntivo per via dell’aumento delle stime della Lgd.
La nota di Banca d’Italia infatti stima che un aumento della Lgd del 12%, corrispondente a una cessione straordinaria di tutte le sofferenze iscritte in bilancio, determinerebbe una diminuzione dei coefficienti patrimoniali di 90-190 punti base. E tale stima non tiene conto dell’effetto diretto, legato alla perdita che le banche registrerebbero cedendo queste posizioni a valori inferiori a quelli di bilancio. Quindi i banchieri chiedono che, se la Bce non cambia approccio imponendo alle banche di raggiungere obiettivi di stock di npl in termini netti, almeno si preveda un’eccezione sul calcolo della stima dell’Lgd. Una richiesta, questa, che però il presidente dell’Eba Andrea Enria, anche lui a Venezia, ha respinto al mittente.