“Circa quindici aziende che seguiamo hanno già iniziato le procedure per la quotazione“. Lo ha detto Nicola Anzivino, Partner di PwC, in occasione del convegno di Mergermarket ieri a Milano su m&a e private equity.
Motori della voglia di ipo sono “il fenomeno delle Spac e l’effetto dei Pir”, ha commentato Enrico Giordana, partner dello studio legale Chiomenti, ottimista sull’attrattività del mercato italiano, “dopo aver appena concluso l’ipo di Pirelli, una società italiana con un brand e un prodotto di altissima gamma e tecnologia, frutto di grandi investimenti nella ricerca. E’ stata la l’ipo più grande d’Europa nel 2017 e ha dato una scossa e una carica di entusiasmo al mercato dei capitali. Un altro elemento positivo per l’ingresso e l’exit del private equity potrà venire dal nuovo segmento di Borsa Italiana ‘Italian Brands’, la vetrina delle società italiane con alta visibilità del brand, forte posizionamento competitivo, internazionalizzazione e redditività. Sono già presenti società del lusso, come Tods, Moncler, Ferragamo e Cucinelli e società consumer e industriali come Campari, Technogym, Ferrari e Brembo. Oltre a Pirelli potranno aggiungersi presto Valentino e, speriamo, molte altre”. Tra i nomi attesi a breve sul listino sono per esempio anche Versace e Furla.
Sinora da inizio anno in Italia si sono già viste 15 ipo per un valore di 3,4 miliardi di euro, 2,5 volte più delle 11 ipo rilevate nel corso del 2016, ha calcolato Mergermarket.
Ma sono le aziende italiane più in generale ad attrarre gli investitori di questi tempi. “Vediamo una forte pipeline di ipo per i prossimi 6-9 mesi e siamo molto impegnati a trovare partner strategici e finanziari per aziende di medie dimensioni in Italia”, ha detto ancora Anzivino, aggiungendo che “il settore della produzione industriale è molto attiva in termini di m&a, i multipli di transazione sono molto attraenti e gli investitori internazionali sono alla ricerca di obiettivi in tutti i settori. Ci aspettiamo che questo ambiente positivo di operazioni possa durare almeno fino alla metà del 2018”.
Giovanni Amodeo, global head of research e editorial analytics di Acuris ha commentato: “Il mercato italiano è visto dagli investitori stranieri come molto attraente, come dimostra anche l’attività in entrata negli ultimi anni. In particolare, gli investitori degli Stati Uniti e della Cina hanno acquisito risorse rispettivamente per 16,6 miliardi di euro e 11,4 miliardi di euro dal 2015. Allo stesso tempo, alcuni dei campioni italiani sono cresciuti all’estero attraverso alcune importanti operazioni come la fusione tra Luxottica e il produttore di lenti francese Essilor, per un ammontare di 24 miliardi di euro. Prevediamo che il private equity continui a crescere, come dimostra l’enorme numero di processi in corso che coinvolgono target italiane”.
Secondo Mergermarket, l’attività italiana di m&a e private equity è cresciuta nel corso del 2017 con 383 operazioni per 51,3 miliardi di euro dai 402 deal per un totale di 40,7 miliardi nel 2016. Secondo i dati di Unquote, specialista di private equity, i buyout italiani hanno raggiunto i più alti volumi da inizio anno, con 57 accordi per un totale di 5,6 miliardi di euro e una forte pipeline fino alla fine dell’anno. Tuttavia, il valore degli accordi è diminuito significativamente rispetto ai 13,5 miliardi di euro nel 2016, guidati dal buyout secondario di 3,5 milioni di euro annunciato da Pioneer Investments alla fine del 2016. L’attività di quest’anno è stata in gran parte guidata dagli investimenti in entrata, che hanno raggiunto 35,8 miliardi di euro per 191 deal, dalle 194 operazioni per un totale di 18,5 miliardi del 2016.
Il settore consumer è stato quello più oggetto di operazioni per valore e il secondo per numero di contratti, con 75 offerte per 25,7 miliardi di euro. Il settore rappresenta una quota di mercato del 50,1% e un aumento di 4,2x rispetto al 2016.