di Marco Bindelli,
vice presidente e consigliere delegato ai rapporti con il Movimento del Credito Cooperativo della Bcc di Civitanova Marche e Montecosaro; dottore commercialista, partner Studio Mancinelli (Ancona)
In attesa dell’assemblea dei soci di ChiantiBanca, programmata per il prossimo 10 dicembre al Mandela Forum di Firenze, il contenuto della lettera inviata ai soci dal consiglio di amministrazione di ChiantiBanca e il recente tentativo di impedire al sottoscritto la corretta diffusione delle informazioni, mi inducono a intervenire nuovamente sul tema dell’adesione di ChiantiBanca a uno dei due costituendi gruppi cooperativi nazionali (Iccrea Banca e Cassa Centrale Banca).
Oltre ai rapporti di conoscenza di lunga data che mi legano con alcuni soci della banca toscana che mi hanno trasmesso il testo della lettera inviata l’11 novembre scorso a firma del presidente Cristiano Iacopozzi, la necessità di ritornare in argomento discende dalla partecipazione diretta ad alcuni passaggi chiavi vissuti con la banca toscana prima della nomina del nuovo consiglio di amministrazione e dai pregressi rapporti intrattenuti con la precedente direzione di ChiantiBanca; mi riferisco, in particolare, all’atto di recesso totale da Iccrea esercitato lo scorso anno da ChiantiBanca (che le ha consentito di incassare quasi 16 milioni di euro e di realizzare una plusvalenza a conto economico) e alla battaglia portata avanti da quelle Bcc che si sono ribellate alla costituzione di un unico gruppo targato Iccrea (battaglia della quale ChiantiBanca, non solo è sempre stata tenuta al corrente, ma alla quale ha partecipato e si è formalmente unita a dicembre 2016).
La questione del gruppo unico. Proprio con riferimento a quest’ultimo aspetto è bene chiarire che uno dei motivi che hanno indotto il 18 dicembre 2016 ChiantiBanca a rinunciare alla way out, ossia a rinunciare alla fuoriuscita dal sistema del credito cooperativo per mezzo della trasformazione in società per azioni, è proprio l’aver ricevuto garanzie circa la costituzione di un gruppo alternativo a quello facente capo ad Iccrea, holding dalla quale la banca toscana ha sempre voluto dissociarsi sin da quando è iniziato il dibattito sulla riforma del credito cooperativo.
Delle 12 Bcc/Casse Rurali che nell’estate 2016 hanno esercitato il recesso da Iccrea, solo 4, oltre a ChiantiBanca, hanno effettuato il recesso totale dalla holding romana e, delle 12, ChiantiBanca risulta quella ad avere incassato la somma più ingente per effetto del maggior numero di azioni che possedeva. In altre parole, parlando di numeri, ChiantiBanca è quella che, più di ogni altra, ha voluto fornire un segnale forte di distacco dal mondo romano riconducibile ad Iccrea. Non solo, ci sono prove abbondanti che confermano la convinta volontà di aderire ad un secondo gruppo alternativo ad Iccrea non appena (e solo quando) la banca di Monteriggioni avesse preso consapevolezza dell’attivazione del processo di costituzione del gruppo bancario cooperativo da parte di Cassa Centrale Banca.
Le contraddizioni espresse nella lettera. Per una puntuale disamina delle contraddizioni contenute nella missiva inviata ai soci, si rinvia al documento pubblicato dall’associazione non-profit, denominata “Per una banca in terra Toscana”, costituita da un gruppo di soci di ChiantiBanca che intende tutelare la propria banca.
Aggiungo solo alcune brevi considerazioni. Il nuovo cda di ChiantiBanca, continuando a mistificare il contenuto delle ultime due assemblee (18 dicembre 2016 e 14 maggio 2017), riesce a distorcere persino il significato attribuibile alla lettera inviata il 4 gennaio scorso dalla Banca d’Italia a tutti gli operatori del sistema in attuazione del processo di riforma delle Bcc.
La finalità della lettera inviata dall’Organo di vigilanza era: a) di consentire ai soci, chiamati ad approvare il bilancio chiuso al 31 dicembre 2016, di esprimersi in termini di preferenze di adesione ad uno dei due costituendi gruppi bancari cooperativi (cosa che peraltro anche ChiantiBanca ha fatto il 14 maggio scorso, sebbene non si ravvisasse una precisa necessità in tal senso dal momento che risultava l’unica Bcc ad essersi nel frattempo formalmente già espressa pochi mesi prima in occasione del voto di rinuncia alla way out del 18 dicembre 2016); e b) di consentire alle candidate capogruppo nazionali di prepararsi adeguatamente al complesso ed innovativo processo di costituzione del gruppo bancario cooperativo, il quale, è bene ricordare ancora una volta, presuppone la conoscenza precisa del numero, della dimensione e della qualità delle Bcc aderenti per procedere ad una corretta ed efficiente parametrizzazione del gruppo stesso. Il tentativo di far passare come più solido il gruppo Iccrea rispetto a quello di Cassa Centrale Banca appare talmente goffo e privo di qualsiasi fondamento numerico al punto da non meritare alcun ulteriore commento rispetto a quanto già trattato su BeBeez lo scorso 14 novembre o rispetto a quanto ben evidenziato il 9 novembre scorso dall’associazione “Per una banca in terra Toscana” .
In ogni caso, per un’analisi tecnica più approfondita delle differenze patrimoniali delle due candidate capogruppo si rinvia allo studio dei professori Roberto Ruozi e Rinaldo Sassi, anticipato lo scorso maggio da FirstOnline.
Lo stesso dicasi per quanto riguarda il maldestro tentativo di far credere ai soci della principale Bcc toscana che la forte sovrapposizione territoriale che si realizzerebbe con l’eventuale adesione al gruppo Iccrea non creerebbe alcun problema a ChiantiBanca (si veda Per una banca in terra torscana).
Ipotesi che non desterebbe alcuna preoccupazione solo nell’eventualità in cui Iacopozzi avesse ricevuto concrete rassicurazioni in tal senso da parte di Iccrea. In questo caso, tuttavia, la preoccupazione sarebbe ben maggiore in capo alle altre Bcc toscane che, da tempo, hanno deciso di aderire ad Iccrea e che sarebbero costrette a chiudere numerosi sportelli (per colpa di ChiantiBanca). Infine, nonostante i vari richiami dell’Organo di vigilanza a non utilizzare l’autonomia quale merce di scambio per la compravendita di Bcc aderenti ai costituendi gruppi bancari, va stigmatizzato il tentativo, contenuto nella parte finale della lettera, di convincere i soci di ChiantiBanca circa il fatto che questa potrà godere di una maggiore autonomia aderendo al gruppo Iccrea.
Analizzando la legge di riforma e, soprattutto, il contenuto delle disposizioni attuative emanate il 2 novembre 2016 da Bankitalia, si evince chiaramente che, nell’ambito di ciascun gruppo (vale cioè sia per Iccrea Banca che per Cassa Centrale Banca), la maggiore autonomia sarà limitata all’alveo degli altri poteri necessari per l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento da parte della capogruppo ed interesserà le Bcc in funzione della propria rischiosità, ossia maggiore autonomia nei controlli della capogruppo per quelle Bcc che presentano migliori indici di rischiosità ai fini del rispetto dei requisiti prudenziali (c.d. risk based approach), e non dipenderà certo dalle promesse che ciascuna candidata capogruppo potrebbe fare nel corso della costituzione dei gruppi.