(Ugo-Riva,-Madonna-dell’ascolto,-2009,-bronzo)
Una mostra singolare, quella inaugurata a Firenze il 7 novembre per la stampa che resterà aperta fino al 7 gennaio 2019 – nel Salone di Donatello della Basilica di San Lorenzo, regno della scultura michelangiolesca: Natus racconta in un percorso tra sculture – quelle del bergamasco Ugo Riva – e parole – quelle del poeta Davide Rondoni – dedicata alla maternità e alla nascita, in contrasto con un luogo famoso per custodire la morte, le Tombe Medicee. Difficile parlare in questo caso di arte sacra, perché l’etichetta sminuirebbe un percorso che sicuramente è potente, pieno di energia, attingendo al passato, alla cultura barocca, ad alcune suggestioni del Rovinismo che si colgono nei piccoli elementi architettonici di supporto alle opere, eppure abbracciando la contemporaneità nella forma, nell’espressionismo e nella composizione. La sacralità è nella spiritualità che irraggiano le maternità di Riva, al di là della figurazione e dell’iconografia.
Colpisce anche il bronzo spesso trattato come terracotta colorata, con un effetto di ammorbidimento che non perde la potenza del metallo. Lo stesso artista ha sottolineato che la scultura impone un lavoro faticoso e che questa mostra è anche un omaggio alla tradizione figurativa scultorea italiana, grandiosa – le opere di Michelangelo sono in tal senso paradigmatiche – che si sta perdendo. In tal senso ha ricordato come quello che considera il suo mentore, il critico Mario De Micheli li avesse detto che la scultura la si capisce non prima dei sessant’anni, per la sua forza, complessità, per il ritmo che ha nello spazio, perché spesso supera in grandezza le dimensioni del suo stesso autore. L’iniziativa fiorentina nasce da un incontro, come accennato, quello del poeta Davide Rondoni con le opere scultoree di Ugo Riva, organizzata da Etra Studio di Francesca Sacchi Tommasi con il patrocinio del Comune di Firenze.
(Ugo-Riva,-Luogo-dello-Spirito,-2017,-installazione-polistirolo-e-disegno-su-carta-2 bassa)
Natus come participio passato di nascor, nascere, ma anche origine del termine “natura”, racconta il ciclo misterioso della vita, nel suo inarrestabile vortice di creazione e distruzione. Riflette su un tema in qualche modo “scandaloso” e centrale della nostra epoca come la nascita, argomento che continua a sollevare interrogativi e che pone ogni essere umano di fronte ad un inevitabile bivio, da un lato la storia passata da cui la nascita ha origine e dall’altro l’avventura verso cui proietta. La maternità, uno dei temi centrali del lavoro di Ugo Riva, è sempre stata d’altronde materia d’indagine nell’arte di tutti i tempi, in pittura e scultura come in poesia. In effetti la nascita che Nietsche avrebbe voluto eliminare perché il Superuomo si potesse determinare interamente, ci ricorda che non ci apparteniamo totalmente perché non siamo nostri artifici della vita se non dalla vita. Davide Rondoni accompagna con versi di grande incisività le opere come se fosse il primo spettatore, non come un ornamento o una didascalia. La mostra è una scelta retrospettiva dell’artista – trent’anni di attività – accanto ad alcune opere inedite, realizzate per l’occasione che si inseriscono, pur nella loro modernità, con grazia nell’ambiente esistente che pure ha un carico di storia imponente.
Si tratta di un percorso semplice e rigoroso con ventidue sculture in terracotta policroma, bronzi policromi e due grandi disegni che sintetizzano un trentennio di ricerca interiore di Riva sul rapporto madre-figlio, sia costui figlio di Dio o semplice uomo, sorretta da una continua tensione nell’indagare il senso, la Verità dell’esistere.
Ugo Riva, classe 1951, è un autodidatta e probabilmente in questo periodo questa è una fortuna, una chiave di libertà. Scopre il proprio talento artistico nel corso degli studi superiori presso l’Istituto Magistrale Statale e dopo, alcune sperimentazioni pittoriche, decide di dedicarsi completamente alla scultura e frequenta brevemente lo studio di Tarcisio Brugnetti.
(Ugo-Riva,-Madre-Madre-Madre–2005-terracotta-ferro-vetro-240x200x90cm)
L’esposizione si apre con due Annunciazioni affiancate dalla rivisitazione moderna della stella della Natività nella grotta di Betlemme, per proseguire con L’Arca della Speranza, Madre di Dio, Le mie Radici opera del 1990 in cotto dell’Impruneta affiancata da Vitae, opera complessa del 2018 in cui lo scultore fa convivere materiali di natura e origini diverse come una “siviera” in metallo per fusione sormontata da tralci di vite da cui scaturiscono racconti di sentimenti in terracotta policroma. Chiude la mostra l’installazione Reliquia-Nelle mani di Dio, dove la presenza della foglia d’oro fa da trait d’union tra i due corpi scultorei, lasciando nel visitatore una luce di speranza.
L’esposizione è accompagnata da un libro, edito da CartaCanta, con il testo in versi di Davide Rondoni e interventi di Massoud Besharat, Beatrice Buscaroli, Francesco D’Arelli, Giordano Bruno Guerri, Lucetta Scaraffia, Vittorio Sgarbi e un’intervista all’artista a cura di Paola Veneto, foto di Andrea Sbardellati.
A cura di Giada LUNI.