Alla Galleria casa abitata di Firenze, Preludio, prima mostra personale dell’artista Laura Castellucci, artista che trova nella parola, anche non esplicitata, il centro della propria ispirazione. Aperta il 18 novembre scorso, si conclude oggi 2 dicembre, con un consenso che potrebbe diventare l’inizio di un viaggio a tappe in Italia. Lo spazio fiorentino è per altro di grande suggestione, fisicamente nella parte inferiore di Palazzo Antinori, anticamente il cortile dell’edificio, nel Settecento loggia aperta adibita a mercato, oggi spaio privato aperto circa due anni fa e dedicato all’arte e alla cultura. La mostra curata da Lavinia Pini – laureata in storia e critica d’arte, curatrice di mostre e cataloghi, assistente di artisti, di stanza a Milano – è raccontata in un catalogo molto curato dell’editore Cinquesensi, con contributi critici di Tommaso Ranfagni, mentre la poesia all’ingresso è di Francesco Vasarri.
Il titolo, preludio, è stato scelto dalla curatrice insieme all’artista per segnare l’inizio di un cammino personale e anche per il valore iniziale e iniziatico delle opere esposte di questa artista diplomata all’Accademia della Belle Arti di Firenze con una tesi sul rapporto tra incisione e poesia nei libri d’artista (preparata presso la scuola internazionale d’arte grafica Il Bisonte. La prima serie, al centro della sala, è il nucleo dal quale Laura è partita per la realizzazione della mostra e si rifà alla tradizione degli antichi codici miniati reinterpretati in chiave concettuale: sono i Carmina figurata realizzati con la tecnica del Collage e del Cut-up, legati all’esperienza Dada dove però la composizione delle parole era casuale e spesso in-sensata. Laura invece sceglie di ritagliare con un bisturi le parole da vecchi libri in una modalità di ascolto per creare delle composizioni che vengono fuori sul momento, abbinandole a immagini. Il risultato è un intreccio di delicatezza poetica ed ironia che talvolta diventa tridimensionale con la costruzione di scatoline.
La carta domina anche le cosiddette Poesie topografiche, dove la parola non è più protagonista e dove occasionalmente si inseriscono anche pezzi di tessuto: queste opere sono la raffigurazione del primo afflato del pensiero che non si è ancora fatto parola, espressione verbale e guarda dall’alto paesaggi, mappe, carte geografiche immaginarie. Curiosa un’opera calata in fondo ad un pozzo che si apre sul pavimento della galleria, dove le opere trovano una spontanea e armonica collocazione.
La terza serie Ab ovo, all’origine, racconta appunto di quel preludio della vita dove l’idea della parola c’è anche se in alfabeti “fluttuanti”, non svelati, come nel dittico Scritture non schiuse da contemplazione – con un’ironia che permea queste opere più grandi. Laura gioca sulla dimensione delle opere – che hanno una quotazione dai 300 euro ai 3.500 – che nella serie Libri d’artista raggiungono anche grandi dimensioni con l’uso del fuoco su un vecchio lenzuolo di libro i cui residui bruciati diventano tessere di un mosaico di un’altra opera, ricomposti sulla tela il cui senso è spiegato in una poesia scritta alla base dell’opera, dal titolo emblematico, Reliquia. Della stessa serie che accoglie la dimensione piccola con un testo scritto che si legge solo scorrendovi sopra una lente – che dà il nome all’opera lente appunto – di ingrandimento in un gioco interattivo che racconta in modo circolare del punto che è spazio infinitesimo quanto reale, che è tutto.
A cura di Giada Luni.