Il fatturato delle aziende italiane di moda ha raggiunto i 95,7 miliardi di euro nel 2018 (+0,9% dal 2017). In crescita del 2,6% le esportazioni (63,4 miliardi) e del 3,1% le importazioni (35,1 miliardi di euro). In salita anche il saldo commerciale: +2,1%, a 28,3 miliardi.
Sono le stime per il 2018 (sulla base dei dati dei primi 10 mesi dell’anno) contenute nel volume “Lo stato della moda”, presentato nei giorni scorsi a Milano ed elaborato dal centro studi di Confindustria Moda, la Federazione confindustriale che raggruppa le aziende del settore tessile, moda e accessorio (si veda qui il comunicato stampa).
Si tratta della prima edizione del rapporto, che a marzo sarà presentato in Senato e a fine 2019/inizio 2020 anche a Bruxelles. Il titolo dello studio allude sia allo stato dell’arte della moda sia alla sua alta incidenza sul manifatturiero in Italia, che può pertanto definirsi uno “Stato della moda”, come ha spiegato Claudio Marenzi, presidente di Confindustria Moda.
A livello nazionale, il TMA (tessile, abbigliamento, pellicce, concia, pelletteria e calzature, escluse oreficeria, gioielleria e occhialeria) con 24,2 miliardi di euro è il quarto settore industriale per valore aggiunto per importanza e rappresenta un decimo del settore manifatturiero. A livello europeo, il TMA italiano è ancora primo in classifica per valore aggiunto e batte anche le industrie tedesche della chimica e della metallurgia, oltre alla metallurgia francese, il settore auto e la chimica inglese. E infatti è uno dei principali settori di interesse dei fondi di private equity italiani e internazionali e anche degli investitori di private debt (come emerge dal database BeBeez Private Data). Dopo l’operazione su Trussardi da parte del fondo QuattroR, è ora sotto la lente per esempio il dossier di Roberto Cavalli, messo in vendita da Clessidra e i soci cinesi.
Il settore TMA ha un peso molto rilevante in Italia anche sul mercato del lavoro: con mezzo milione di occupati, è il secondo settore manifatturiero italiano, dopo “metallurgia e prodotti in metallo” e vale il 13% dell’occupazione manifatturiera. Le esportazioni di questo settore sono cresciute notevolmente negli ultimi 30 anni, passando dai 20 miliardi di euro degli anni Novanta agli oltre 60 miliardi del 2017. Non solo siamo il paese che esportiamo di più, ma anche quello dove l’export dei prodotti del TMA è realizzato direttamente delle imprese produttrici.
I principali partner europei sono Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, mentre al di fuori dell’Ue sono cresciute del 14,2% le esportazioni verso la Svizzera e del 13,6% quelle verso la Cina. Tuttavia, “i dati preconsuntivi del 2018 mostrano un settore ancora in crescita, ma in rallentamento percentuale”, ha commentato Marenzi. La frenata del 2017-2018 rispetto ai valori del 2016-2017 è da attribuire al rallentamento della Cina, alle sanzioni verso la Russia e alla guerra commerciale tra Usa e Cina.
Per quanto riguarda il saldo commerciale, su un totale di 1.004 prodotti del settore TMA esaminati, siamo al primo posto in 372 prodotti, per un surplus commerciale di 34,7 miliardi di dollari. In particolare, contribuiscono maggiormente abbigliamento (7,1 miliardi), calzature (5,8 miliardi) e tessile (5,4 miliardi). Per il 2019, Confindustria Moda si aspetta una crescita interessante del settore, in particolare per i marchi forti.