La mostra Fragili Tesori dei Principi Le vie della porcellana tra Vienna e Firenze, promossa dal Ministero dei Beni e della attività culturali e dalle Gallerie Uffizi in collaborazione con il LIECHTENSTEIN. The Princely Collections, Vaduz–Vienna, presso il Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti e alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, che chiude oggi 10 marzo, mette in luce la nascita della manifattura Ginori nella città medicea, sottolineandone il respiro culturale internazionale. Oggetti preziosi, molto lontani dal gusto attuale, risvegliano l’interesse dei collezionisti perché si tratta di un mercato di nicchia le cui quotazioni non scendono, complice anche la produzione industriale a cui ha dato vita e che l’attenzione dei design e arredatori che si divertono a mescolare oggettistica contemporanea a sapori antichi. Un allestimento di grande cura e raffinatezza e un’esposizione che offre in quantità oltre che in qualità pezzi straordinari, offrendo tra l’altro l’occasione per passeggiare negli splendidi appartamenti del Palazzo con un’illuminazione che ne esalta gli affreschi e una cornice che valorizza notevolmente la produzione in oggetto. In mostra oltre i servizi da tavola, dove lo sguardo può sbizzarrirsi, scultore, anche sacre, ritratti mezzo busto, set da profumo, orologi da tavolo ed altro ancora, con un curioso e intrigante accostamento tra alcune pitture e miniature e la ceramiche che ne riproducono i disegni. Anche in termini di stile si va dalla porcellana bianca, a quella colorata con lumeggia ture in oro, tipiche della porcellana tedesca, all’estrema modernità dell’imitazione di pietre e materiali diversi, fino all’allusione a recipienti antichi in stile pompeiano o di etrusco.
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La mostra racconta anche, oltre il gusto, la vita di un’epoca e la sua evoluzione economica: tra le curiosità il fatto nel 1663 i Medici introdussero per primi, importandola dalla Spagna, la cioccolata. E fu subito amore. Ma la nuova bevanda rese necessaria la creazione di appositi oggetti e di vasellame per la degustazione dei quali si parla nella mostra.
A Firenze, nella Manifattura di Doccia impegnata anche nella realizzazione del commesso in pietre dure, altrimenti detto ‘fiorentino’, si assimilavano i caratteri stilistici della porcellana viennese con l’adozione del fondo bianco, in voga alla corte austriaca sull’esempio di Meissen. Dal 1743 un viennese, Carl Wendelin Anreiter von Ziernfeld, era stato messo a capo dei pittori di Doccia, e se da un lato la tradizione medicea veniva evocata con nostalgia reverente, dall’altro si ripercorrevano forme e motivi che guardavano anche all’Oriente e alla Cina tout court (lo si comprende bene ad esempio nel caso di oggetti in porcellana bianca decorati con fiori a rilievo, derivati da quelli cosiddetti ‘Blanc de Chine’ importati in Europa già dalla fine del Seicento e oltre dalle fabbriche cinesi del Fu-kien) o alla Cina vista anche attraverso il filtro della Manifattura di Du Paquier (si veda ad esempio il delizioso rinfrescatoio con coperchio, qui in mostra, il cui decoro rugiadoso, con preminenza di verdi, che si rifà alla famiglia verde del periodo Kangxi, evoca in modo sublime la funzione a cui l’oggetto era destinato). Ma lo sguardo anche imprenditoriale del marchese Ginori andava lontano, se nella sua manifattura veniva progettato il vasellame per il Bey di Tripoli e si inviavano rappresentanti ad Algeri. Questo patrizio illuminato, che arrivò a far coltivare specie rare nel giardino davanti alla sua fabbrica, chiamando come capo giardiniere nel 1737 un altro viennese, Ulderico Prucker (o Pruker), era un senatore fiorentino che politicamente fiancheggiava le file antilorenesi, ma aveva capito che per far fiorire le attività nel suo paese doveva aprirsi anche alle novità provenienti da fuori. Il Marchese muore nel 1757, ma il suo spirito aleggia ancora sull’operato di Pietro Leopoldo, il sovrano illuminista giunto a Firenze nel 1765.
È soprattutto a quest’ultimo, che si deve la ferma volontà di far rivivere l’artigianato toscano e dare nuovo impulso alla produzione di porcellana, importando motivi e oggetti da Vienna, favorendo una diffusione della produzione locale grazie a scambi e commerci. In quel Granducato di Toscana che, primo al mondo, abolisce tortura e pena di morte nell’amministrazione della giustizia criminale (Codice Leopoldino), che istituisce la Camera di Commercio, che avvia piani di bonifica nelle campagne e che adotta in città l’illuminazione a olio come nella grandi capitali europee, la Manifattura delle porcellane di Doccia occupa un ruolo centrale anche nella rispondenza della produzione alle scoperte e alle innovazioni del tempo, introdotte nel quotidiano dalla Corte di un sovrano liberale e di ampie vedute. L’arrivo e la diffusione della cioccolata e del caffè nelle abitudini alimentari del tempo, tra l’altro, resero necessaria la creazione di nuovi oggetti e di vasellame, che possiamo immaginarci tintinnare e splendere nel Kaffeehaus fatto erigere apposta a Boboli su progetto di Zanobi del Rosso, terminato nel 1785 circa (e che riaprirà a breve, dopo una campagna di restauri). Un altro gioiello architettonico voluto da Pietro Leopoldo, rotondo e bombato, ispirato al barocchetto viennese: è una costruzione di mattoni e calce, ma da lontano sembra una fantasia in porcellana di Doccia, quasi una chicchera gigante, con una cupoletta per coperchio.
A cura di Giada Luni.
Didascalie immagini
Fig. 3
Manifattura Du Paquier, Vienna
Caffettiera – 1725 circa – porcellana dipinta in policromia e argentatata
The Princely Collections, Vaduz–Vienna. LIECHTENSTEIN
Fig. 5
Manifattura Ginori, Doccia
Gruppo con Amore, tritoncelli e coralli – 1754-1756 circa – porcellana dipinta in policromia e dorata, corallo
Collezione d’arte Fondazione CR Firenze, Firenze
Fig. 8b
Manifattura Ginori, Doccia
Fontana da tavola – post 1752 – ante 1757 – porcellana dipinta in policromia e dorata
The National Trust for Places of Historic Interest or Natural Beauty, Ickworth
Fig. 17
Manifattura Imperiale di porcellane, Vienna
Servizio da colazione tête-à-tête con decoro all’Etrusca – 1791-1795 – porcellana dipinta in policromia con dorature incise e a rilievo
The Princely Collections, Vaduz–Vienna. LIECHTENSTEIN