Uno degli unici tre diamanti ovali oltre i 50 carati ad apparire all’asta a memoria d’uomo, questo spettacolare Masterwork eleva i diamanti al livello dell’arte. Perfetto secondo ogni criterio, il diamante ovale brillante da 88,22 carati, D Color, Flawless, Type IIa è il momento clou della nostra prossima vendita di Magnificent Jewels e Jadeite (Hong Kong | 2 aprile). In Cina e in altre culture asiatiche, il numero otto è considerato fortunato – un simbolo di perfezione ed eternità, associato alla prosperità. La pronuncia cinese poi di 8 (bā) significa anche ricchezza o fortuna ed è accolta come una benedizione della ricchezza. Nella sua dualità – 88 – si ritiene che sia un auspicio di abbondanza.
L’asta Magnificent Jewels e Jadeite del prossimo 2 aprile primavera offrirà una ricchezza di colori e design attraverso gemme rare e gioielli inimmaginabili. Pezzi unici firmati da maison leggendarie, come una squisita collana con smeraldi e diamanti di Van Cleef & Arpels, insieme a una collezione appositamente curata di gemme colorate e diamanti colorati di eccezionale qualità. Un diamante notevole di 88,22 carati, di colore D, impeccabile, di tipo IIa è al centro dell’attenzione, la quintessenza delle più grandi creazioni della natura.
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Carato: Già dall’antichità e fino al medioevo il carato è stato utilizzato per la pesatura di quantità molto piccole e tuttora rimane l’unità di misura ponderale dei diamanti, delle pietre preziose in genere e dell’oro. Il carato fu rapportato e definito con precisione solo nel 1832 in Sudafrica, il luogo di maggior produzione ed esportazione di diamanti del mondo, dove ne fu stabilita la connessione con il sistema metrico decimale: pesando con una bilancia a braccia uguali più semi di carruba ed eseguendo poi la media aritmetica dei valori ottenuti ne derivò un valore pari a circa 0,2 grammi. Successivamente la quarta Conferenza Generale dei pesi e delle misure del 1907 adottò come valore del carato (detto carato metrico) una unità di massa di 0,2 grammi. La parola deriva dall’arabo qīrāṭ (قيراط “ventiquattresima parte”), a sua volta derivante dal greco kerátion (κεράτιον, diminutivo di keras [κέρας] ovvero “corno”), (siliqua del carrubo)[1] i cui semi erano ritenuti avere una massa eccezionalmente costante. Che i semi del carrubo abbiano tutti una massa identica tra loro è una credenza del passato, ormai sfatata: uno studio dell’Università di Zurigo ha constatato che la massa di tali semi varia, al pari di quello di tutti gli altri semi; gli scienziati suppongono che la massa del seme del carrubo sia stata presa come elemento di comparazione per il fatto che è relativamente facile constatarne la differenza dimensionale a occhio nudo. Sono state fatte delle prove con delle persone che hanno stimato le dimensioni di vari semi, confrontandoli con un seme campione, con il risultato che il massimo errore di valutazione rientrava nel 5%. La variazione della massa di semi di carrubo presi alla rinfusa arriva al 25%. Si veda qui wikipedia.