Nestlè sta trattando con il private equity scandinavo EQT Partners e con Abu Dhabi Investment Authority (ADIA), affiancati da PSP Investments e altri coinvestitori, la vendita di Nestlé Skin Health, l’unità di prodotti per la cura della pelle. La conferma ufficiale è arrivata ieri (si veda qui il comunicato stampa). Il deal, del valore di 10,1 miliardi di dollari, sarebbe il secondo più importante per un private equity in Europa dopo la crisi finanziaria. Lo calcola Refinitiv, l’ex divisione business Financial & Risk di Thomson Reuters, acquisita lo scorso anno da Blackstone (si veda altro articolo di BeBeez).
Il deal più importante post-crisi 2008 resta quello di Akzo Nobel NV-Specialty Chem, la divisione relativa al business delle specialità chimiche di Akzo Nobel, ceduta a Carlyle e GIC (Singapore) per 12,6 miliardi di dollari nel marzo 2018 (si veda altro articolo di BeBeez). Secondo Refinitiv, le operazioni di fusione e acquisizione sostenute dai fondi di private equity in Europa sono state pari a 33,5 miliardi di dollari in questa prima parte del 2019, con un calo del 4% rispetto all’anno precedente.
I dati di Refinitiv si riferiscono solo ai fondi di buyout e quindi differiscono da quelli di Pitchbook, che considera anche le operazioni growth nel suo studio European PE Breakdown 1Q 2019, rilevando deal per un valore complessivo di 65,7 miliardi di euro (73,5 miliardi di dollari) nel primo trimestre di quest’anno, in calo del 26,8% rispetto al 2017. Il calo del valore dei deal è dovuto sia al loro numero minore sia al trend discendente dei mega-deal (sono stati solo tre nel primo trimestre).
Nonostante per molte operazioni del trimestre i prezzi siano stati stabiliti nel quarto trimestre 2018 (quando si prevedeva che l’andamento delle borse mettesse sotto pressione i prezzi), i multipli di mercato sono rimasti alti. Il multiplo mediano europeo di enterprise value è stato pari a 11,5 volte l’ebitda: il più alto mai registrato. Nel corso del trimestre sono state chiuse numerose operazioni con multipli superiori a 10 volte, tra cui l’acquisizione di Celli da parte di Ardian per 200 milioni di euro nel febbraio scorso a 11,8 volte l’ebitda (si veda altro articolo di BeBeez). Prezzi così alti hanno portato i fondi a indebitarsi di più e infatti il multiplo medio di 11,5 volte registrato nel primo trimestre 2019 è composto per 5,9 volte l’ebitda da debito.
Le exit dei fondi di private equity sono diminuite notevolmente nel primo trimestre dell’anno, per un valore totale di 29,2 miliardi di euro, spalmati su 139 operazioni: in calo rispettivamente del 50,1% e del 52,7% anno su anno. La maggior parte di esse sono state il risultato della vendita della quota del fondo a un altro fondo/partner industriale. Non ci sono state invece ipo sponsorizzate dai fondi di private equity, che hanno preferito che la volatilità di fine anno si riducesse prima di quotare le società in portafoglio. Tuttavia, il resto dell’anno ha delle prospettive promettenti, dato che sono attese le quotazioni di altre grandi aziende sostenute dai fondi di private equity, come la moscovita Sibur Holding e la londinese Global Switch Holdings.
Infine, i 32 fondi di private equity europei hanno raccolto 25,7 miliardi di euro nel primo trimestre. Questo andamento positivo è figlio in larga parte della buona attività di raccolta da parte dei fondi francesi, in particolare quelli da 1-5 miliardi di euro, oltre che dal closing di tre fondi da oltre 1 miliardo di euro. Solo un mega-fondo di Ardian da 6 miliardi ha chiuso la raccolta nel trimestre. Nel corso dell’anno dovrebbero effettuare il closing svariati mega-fondi europei, tra cui Apax X e Permira VII. Inoltre, c’è almeno un fondo da 10 miliardi di dollari con sede nel Regno Unito che dovrebbe chiudere quest’anno, il che avrebbe un grosso impatto sulle cifre della raccolta fondi.