Inaugurato il secondo capitolo della Collezione Casamonti – la cui direzione è affidata, dalla sua apertura nel 2018 alla storica dell’arte Sonia Zampini – con circa 80 opere, (qui a sn Cragg eroded land – fronte copia) allestita al Piano Nobile di Palazzo Bartolini Salimbeni, storico edificio capolavoro architettonico rinascimentale opera di Baccio d’Agnolo, con l’arte contemporanea dagli Anni Sessanta a oggi, tra Italia ed Europa. A un anno di distanza dalla precedente inaugurazione che terminava il proprio viaggio con Fontana negli anni Sessanta, riprende la narrazione del secondo Novecento con una personale interpretazione della storia dell’arte “anche se, ha precisato Casamonti, naturalmente nelle mie decisioni ha contato anche l’autorevolezza di qualche storia artistica che ho constatato essere obiettivamente fondata”. Se il primo capitolo era più semplice e immediato, il secondo è grandioso, imponente, commovente: un’antologia del contemporaneo che attinge all’Italia e a livello internazionale con una selezione ampia e di altissimo profilo degli artisti, opere di grande valore e una scelta inusuale e inconsueta per cogliere il lato meno pubblicizzato degli artisti, soprattutto in alcuni casi. La collezione straordinaria rappresenta anche un grande contributo di questo collezionista alla città che aveva già fatto un grande lavoro con Tornabuoni e arte e ora, in comodato, concede alla città una grande apertura sul contemporaneo. Per Firenze, città vocata all’arte, questa scelta rappresenta una sferzata di energia e coraggio perché tanto è legata alla sua storia e alla sua grandezza passata, quanto in parte è condizionata rispetto al presente. Non ci resta che attendere il terzo capitolo, un progetto che Roberto Casamonti (qui a sn con Bruno Corà) svela senza concedere alcun dettaglio, per esporre i contemporanei, gli artisti ‘giovani’ quarantenni. In attesa della collezione primavera 2020, il viaggio comincia con 12 artisti protagonisti dell’Arte Povera che prende avvio nel 1967 con Alighiero Boetti, riprendendo il filo della collezione precedente. Di questo artista due opere di cui un unicum, una grande tela di sei metri. Il percorso si apre con un’opera di Mario Merz e due di Michelangelo Pistoletto per continuare, tra gli altri, con Pino Pascali, Giulio Paolini, in mostra con un’opera che è stata esposta anche alla Biennale di Venezia, Jannis Kounellis, Giuseppe Penone, Piero Gilardi, Pier Paolo Calzolari, Gilberto Zorio e Mario Ceroli. Di quest’ultimo un lavoro strepitoso, in legno, molto più articolato rispetto alle sue solite sagome, intitolato “Burri”, con un rimando all’opera di quest’altro artista. Densa di artisti e di profondità la mostra curata da Bruno Corà è ariosa, con una dosatura raffinata e ritmata negli spazi e nella scansione oltre che nella successione delle opere. Una collezione corredata da un catalogo di grande eleganza, che contiene più opere di quelle in mostra, perché correttamente a mio parere è stato sottratto qualcosa allo spettatore per massimizzare l’effetto dell’intensità di una panoramica ricca che parla da sola, anche perché visto il tono degli autori, non basterebbe un tomo per raccontarla. Il privilegio resta ascoltare Roberto Casamonti che racconta come ha scelto le opere e come è arrivato all’acquisto, un viaggio emozionale come una conquista amorosa.
(Paladino 230 argento copia)
Testimoniano l’Arte Cinetica o Programmata Biasi, Colombo e Bury; per arrivare con Agnetti e Paolini all’Arte Concettuale. A livello internazionale lo spazio è occupato dal movimento francese del Nouveau Réalisme con la scelta di Cesar, Arman, Spoerri, Klein (una combustione), Hains, Christo, con opere strepitose; mentre Nam June Paik e Chiari testimoniano il movimento Fluxus.
(Maurizio CATTELAN croce rossa 1997)
Su scala italiana lo sguardo torna con la cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo tra gli anni Sessanta e Settanta con Schifano, Angeli, Festa, Tacchi, Mambor e Lombardo; e ancora lo sguardo si volge alla Land Art con Long e Christo; il New Dada con Rauschenberg (in mostra un’opera di grandi dimensioni molto delicata) e Dine.
Tra gli altri artisti romani Luigi Ontani e Gino De Dominicis, presente con due opere di cui un ritratto insolito che sottintende una ricerca accurata.
(kiefer 286x142x10 fronte copia)
Per la Pop e Graffiti Art sono presenti gli allora giovani Andy Warhol, Keith Haring e Basquiat, anche questa una scelta che è particolare mentre il movimento della Transavanguardia è documentato da Paladino, Clemente, De Maria e Chia.
Nell’ultima parte testimonianze della Body Art con Marina Abramovič e Vanessa Beecroft e un video di Bill Viola che, ha raccontato Roberto Casamonti, a Firenze si è fatto le ossa – quando arrivò aveva 23 anni – con le prime rassegne video degli anni Settanta.
(Kounellis s.t.200x180x23 copia)
Tra i tanti artisti proposti anche Pomodoro, Melotti, Parmiggiani, Adami, Cattelan (con una Croce rossa che mima l’insegna della farmacia), Kiefer con un’opera splendida e ancora Kapoor con una delle sue superfici riflettenti.
A cura di Ilaria Guidantoni.(Kapoor, untitled orange 2015 copia)