Moses Levy, pittore mediterraneo,(qui accanto Moses-Levy-Piccolo-pontile-1923.-Collezione-Moretti-696×584) è protagonista di una personale alla GAMC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Lorenzo Viani di Viareggio (in provincia di Lucca), aperta fino al primo settembre, Ritornerà sul mare la dolcezza, titolo poetico che ben illustra questo viaggio cronologico attraverso 115 opere delle quali 36 inedite e diciannove opere donate nel 1996 dalla famiglia Levy alla città di Viareggio,. Quest’artista nato nel 1885 a Tunisi da un padre inglese di Gibilterra, attraverso il uso animo cosmopolita, racconta l’irrequietezza di un secolo, la ricchezza delle differenze con grande raffinatezza, attingendo a diverse tradizioni culturali oltre che artistiche. Le sue origini ebraiche a metà fra askenazita e sefardita da parte di padre, mentre la madre era un’ebrea italiana, lo hanno segnato nel senso del nomadismo con una fascinazione particolare per il mare e la luce. Formatosi a Tunisi dove tra l’altro costituì il Groupe des Quatre con Pierre Bourcherle, Jules Lellouche e Antonio Corpora, nel tempo lavorerà in modo più radicato in Italia, dove morirà a Viareggio nel 1968, conservando l’impressione emozionante del mondo arabo che l’esposizione viareggina mette ben in risalto nei volti e nelle architetture. Il percorso sceglie la chiave cronologica a partire dal 1906 con un’ampia alternativa tra disegni, olii e acquarelli, con formati variegati, oltre la sessione tematica delle donne e delle bagnanti. Al centro le marine e il fascino raffinato di un mondo comune sulle rive del Mediterraneo nei primi decenni del Novecento. (qui a sn. Moses-Levy-Beduina-cieca-1925.-Collezione-privata).
L’esposizione è l’occasione per conoscere soggetti meno noti come il luna park e le giostre e influenze pittoriche che la personalità eclettica quanto raffinata di Levy accoglie, dalle istanze del futurismo, al cubismo, alla tradizione toscana dei post-labronici che riecheggia in alcuni paesaggi.
Impressionante la capacità di unire l’essenzialità del tratto, che da vicino si legge solo come un insieme di macchie di colori, all’attenzione al particolare, in certi piccoli quadretti quasi una miniatura con dovizie di particolari. Un tratto di grande modernità che non perde mai l’eleganza, non diventa rottura, protesta ma superamento.
La personale è anche l’occasione per un viaggio nello spazio, nei paesi nei quali ha vissuto, dalla Tunisia – i vari quartieri di Tunisi e Kairouan – Parigi, la Spagna, e il ritorno in Italia da Venezia alla Toscana dove, una volta trasferitori nel pisano, si formò prima all’Istituto d’Arte di Lucca, e successivamente a Firenze presso Giovani Fattori. Nonostante le origini straniere, assorbì nella sua arte anche le radici toscane, che emergono in particolare nella produzione grafica degli esordi. I volti contadini dai tratti duri ricordano alcuni ritratti di Lorenzo Viani come borghi e case nel verde sono soggetti tipici della pittura locale.
E’ Viareggio probabilmente la sua vera patria, come testimonia il lungo soggiorno dal 1916 al 1927, e i frequenti ritorni, fino alla scelta di stabilirsi in Versilia, per trascorrervi gli ultimi anni di vita. L’attenzione è rivolta alla natura, anche agli aspetti selvaggi, con un graduale protagonismo della figura umana a partire dagli anni Trenta, periodo al quale risalgono i primi ritratti in stile secessionista di forte impatto come quelli di Rèpaci e Pea, protagonisti della Versilia intellettuale dell’epoca. La Versilia è per Levy terra di emozioni forti, come anche di vita intellettuale e mondana da el Kursal, al cinema Eolo ad alcuni caffè ritrovo di intellettuali citati nelle opere.
La mostra è stata realizzata grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, di Assicurazione generali Gargano Meciani, ICare e alla collaborazione con l’associazione culturale ville Borbone e Dimore storiche della Versilia.
L’allestimento gioca sulle sfumature del grigio, tono su tono, del pavimento in resina più scuro e dei pannelli, con una punta di azzurro che si intensifica nei pannelli ben redatti, valorizzando il mondo colorato di Moses Levy.
Verso la fine del decennio la pennellata diventa più libera e caratterizza nudi appena accennati, poi gli stessi paesaggi con un uso prismatico e di grande dinamicità e intensità del colore: linea e tonalità si fondono e assumono forma nel movimento. Nel 1938, l’introduzione delle leggi razziali costringe Levy a emigrare in Francia, a Nizza, e poi in Tunisia, interrompendo l’idillio versiliese. Instancabile viaggiatore anche fra le esperienze dell’arte, gli ultimi venti anni della carriera di Levy sono particolarmente affascinanti per il respiro che riesce a dare alle sue tele. In Francia approfondisce il lavoro di Picasso, si avvicina alla sua monumentalità nelle figure femminili e nei toni caldi del Mediterraneo. Sul finire del decennio, ormai rientrato a Viareggio, omaggia il de Chirico della “Metafisica continuata”, in particolare con Cavalli sul mare (1946). Qui la spiaggia perde la sua mondanità, e, metafora del dopoguerra, diviene luogo di smarrimento e nostalgia. I toni da belle époque cedono il passo alla forza dello sguardo, del sentimento come nella Beduina cieca, un volto di donna che non può lasciare indifferenti e che ci suggerisce un altro volto del pittore che spesso conosciamo solo per le belle marine accomodate e di raffinato fascino.
a cura di Ilaria Guidantoni