A Milano è stato inaugurato lo spazio di Sunny H. Non solo un negozio di moda esclusivo, quanto l’eredità della Milano Bon Ton degli anni Ottanta targata Pupi Solari. Dalla sua ricerca di alta artigianalità italiana in un momento in cui esplodevano già le grandi firme, talora con un’ostentazione del lusso, è nato uno stile di ricerca. Così nel 2007 inizia la collaborazione con Alessandra Zaltieri, mantovana, che si definisce una ricercatrice nel campo della moda e dei tessuti, da trent’anni residente in Versilia, dov’è alla ricerca di un luogo di colore, di mare e di storia.
L’abbiamo incontrata per conoscere il suo contributo che guarda a Oriente. L’idea è quella di offrire, in sintonia con il nuovo spazio milanese, un prodotto esclusivo la cui qualità sia pregio certamente, regalando anche un racconto.
Con Alessandra abbiamo ripercorso la storia di Pupi Solari dal 1969 all’inaugurazione di Sunny H, cinquant’anni di attività che hanno gemmato un luogo di incontro della tradizione della maison con altri stilisti e marchi.
«La regina dello stile milanese, genovese di nascita e di ispirazione, inizia la propria attività con l’abbigliamento per il bambino e negli anni Settanta impianta l’attività a Milano diventando il punto di riferimento per quella che poi è diventata la Milano da bere», ci ha raccontato la ricercatrice con una passione per l’India.
La caratterizza uno stile discreto, raffinato, fusione di altissimo artigianato con molte suggestioni diverse. «Il blu in particolare – precisa la Zaltieri – è protagonista insieme ai colori pastello; ha lasciato da parte il nero anche negli anni in cui il total black era venduto come lo chic per eccellenza, quasi una filosofia di vita.»
Come inizia la vostra collaborazione, mi pare a partire da due strade autonome che ad un certo punto si sono incontrate?
«La collaborazione nasce nel 2007 quando mi sono proposta sapendo di avere davanti un banco di prova molto severo ma anche una guida per capire se i prodotti che avevo selezionato erano validi e se ci fosse un mercato. Avevo creato da cinque anni il mio brand, Tulsi, legato all’India, ed è nato un ottimo sodalizio.»
Facciamo un passo indietro. Come nasce Tulsi, un nome esotico con un tocco mediterraneo?
«In hindi Tulsi vuol dire ‘basilico’, che in India è la pianta sacra, perché salutare, che allontana le zanzare e che viene tenuta a protezione del focolare domestico accanto alla divinità di Ganesh; il basilico però è anche una delle piante simbolo del mediterraneo e questa connessione mi è sembrata molto significativa.»
Dopo mezzo secolo Pupi Solari, vicina a Valentino e ad Armani, nello spirito e nell’attenzione alla qualità, tenendo ancora il suo primo amore, il negozio per moda bambino e l’atelier sposa. Il mondo è cambiato sia a livello di clienti, sia in termini di produzione, anche se Pupi Solari non ha mai indietreggiato di fronte alle sfide, basti pensare che è arrivata a Milano con gli anni di Piombo.
Un’attività si chiude e un’altra si apre, un cambio di nome che è anche di significato?
«Un cambio di marcia, che rimane nel solco della stessa filosofia di ricerca pura e accurata, ma non un passaggio di consegne. Il negozio, che non a caso ha un un altro nome, è stato concepito dalla nuora Sunny Ham che ha svolto per decenni il ruolo di direttrice del negozio Pupi Solari nonché raffinata affiancatrice di Pupi nelle scelte di nuovi brand e suggestioni Il nuovo spazio Sunny H si sviluppa in totale autonomia di scelte e di marchi pur mantendo un imprinting di ricerca cristallina ed eclettica con aperture sempre piu ampie verso luoghi e stili lontani ma dialoganti.»
Sulla scia dell’eclettismo Alessandra e Sunny, alias Tulsi e Sunny H come lavoreranno insieme?
«Propongono nel nuovo spazio – nella via esclusiva del centro milanse, vicino a Santa Maria delle Grazie, via Vincenzo Monti – il frutto della collaborazione tra l’artigianato toscano dai variegati pellami, pellicce e l’universo colorato di damaschi e broccati indiani. Esito di questa sintesi tra Oriente e Occidente sono i marchi Mineo Mare- zoccoli in montone camoscio visoni e broccati realizzati da un piccolo storico laboratorio versiliese e Ghislana Bags borse da polso, clutch e buste in pellami nobilitati dal concetto di riciclo creativo con il valore aggiunto delle sete bengalesi e rajastahane.»
Ci racconta qualcosa della sua attività precedente alla realizzazione di Tulsi? «Ho iniziato con il commercio di gioielli in argento di manifattura Rajastahana e poi ho lavorato insieme ad una socia indiana nel sud dell’India per la realizzazione di abiti da cerimonia ricamati da maestri di Bombay e Bangalore. Per un caso, grazie ad un incontro, ho conosciuto la bellezza del Kashmir e delle sue lane pregiate tessute e ricamate a mano e da lì è partito una altro filone di ricerca che ha trovato in Pupi Solari un’attenta interlocutrice sia sui colori sia sulla tipologia di ricamo.»
Come ha lavorato sul dialogo tra Oriente e Occidente, tradizione e innovazione?
«Tenendo presente il concetto di fusione, di dialogo: nella tradizione orientale indiana ho trovato un mondo superclassico ascrivibile alla nostra tradizione rinascimentale. Di fronte avevo dei modelli facili da interpretare, difficili da vendere. La mia proposta è cominciata con degli scialli che si richiamavano alla tradizione persiana con l’influenza francese. Negli anni successivi mi sono poi avvicinata agli abiti ricamati con la preoccupazione, anche in questo caso, di offrire un prodotto di livello alto che non fosse troppo ammiccante con l’esotico.»
L’alta moda indiana cominciava allora la propria storia con le prime sfilate in stile europeo tra il 2002 e il 2003 quando ai défilé spesso di stilisti di formazione europea, non c’erano praticamente europei. Era un territorio vergine tutto da scoprire e la scommessa era proprio unire l’Oriente lontano rintracciando i punti di contatto con la nostra storia.
a cura di Giada Luni