Dallo scorso giovedì 17 a domani domenica 27 ottobre 2019 il Teatro Menotti di Milano presenta la prima meneghina della Medea di Euripide. Lo spettacolo, realizzato per il 72° ciclo di spettacoli classici al Teatro Olimpico di Vicenza, vede la regia di Emilio Russo con Romina Mondello nella parte della protagonista. Una versione distillata della tragedia, resa essenziale, lasciando che il testo occupi tutta la scena. Una regia che porta alle estreme conseguenze il teatro di parola fondendolo con il teatro danza, che rimane però sottotraccia. La scena fissa, ridotta al minimo, che riesce a vestire l’azione. Belli i costumi e la musica nella loro semplicità. La Mondello si cala nella parte, impeccabile in termini estetici, forse manca un po’ di potenza tragica.
Produzione TieffeTeatro Milano
Spettacolo realizzato per il 72°Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza
Regia di Emilio Russo
Interpreti Romina Mondello, Alessandro Averone, Camilla Barbarito, Paolo Cosenza, Nicolas Errico, Giovanni Longhin, Patricia Zanco
Assistente alla Regia Claudia Donadoni
Scenografia Dario Gessati
Costumi Daniele Gelsi
Musiche Andrea Salvadori
Luci Mario Loprevite
Nell’adattamento di Euripide del mito di Medea il tradimento di Giasone, che intende sposare la figlia di Creonte, è appena avvenuto e Medea è già decisa a vendicarsi. Lo spettacolo è tutto giocato sul racconto e l’azione è concentrata sui dialoghi-monologhi dei personaggi, in particolare Giasone e la Nutrice e il lungo eloquio di Medea. Non si vede la promessa sposa, Glauce figlia di Creonte, non si vedono i figli in nessun momento e neppure nei due quadri essenziali: l’incontro inganno con la nuova donna del padre per offrirle il peplo leggerissimo ricamato e una corona d’oro, avvelenati, e l’uccisione degli stessi per mano della madre. Medea è un personaggio stra-ordinario, feroce, incarnazione della lucida follia, che compie consapevolmente il male, quello che lei stessa definisce un’atrocità, senza riuscire a rinunciarvi, sapendo così di sacrificare sé stessa. Figura di grande e tragica modernità sotto diversi aspetti se si pensa che sono passati 2.500 anni dalla sua invenzione da parte di Euripide che nella protagonista vede non solo una donna accecata dalla gelosia, il cui sentimento di vendetta schiaccia addirittura il senso di maternità, ma la ‘barbara’ che viene ripudiata e mandata in esilio dal re perché non all’altezza della civiltà greca. Nel giudizio feroce che certamente si può dare su Medea resta la vicinanza del cuore per chi pur nutrendo un amore malato, viene offesa non tanto dall’amore per un’altra donna ma dal calcolo della ragion di stato o peggio personale, della vita agiata e conveniente. Quello che le rinfaccia addirittura Giasone è che ella si attribuisce troppi meriti quando la sua vita non è salva per l’amore di una donna mortale, sua moglie, ma solo per la volontà di Afrodite; inoltre che Medea grazie alle nozze con Giasone ha sostituito il diritto della forza con quello della giustizia, . Medea però è consapevole che questo tipo di ricchezza non le interessa e non può ritenere civile chi le provoca tanto dolore. Ella è un’eroina dei nostri giorni perché ci racconta, con scavo psicologico che resta attuale e credibile ancora oggi, un amore grande, anzi eccessivo e malato.
La storia è quella appunto di una moglie ripudiata e senza più casa, che inveisce contro Giasone in un tumultuoso dialogo, stretta tra la pochezza morale del suo uomo, sposo di un’altra per interesse personale, e la lucida e dolorosa rabbia con cui gli rinfaccia, da parte sua, l’aiuto per la conquista del vello d’oro nella Colchide che l’ha costretta ad abbandonare, senza più ritorno, la casa paterna.
Medea resta però nell’immaginario collettivo non solo colei che uccide i propri figli, ma una vendicatrice come dice il suo nome dal verbo greco medomai, macchinare con astuzia, furbizia. Ella finge infatti di volersi riconciliare a patto di evitare l’esilio ai figli. Per rafforzare la sua richiesta ella invia alla promessa sposa Glauce (il cui nome non è menzionato nella tragedia) i doni, trasformando le sue arti magiche in strumenti di morte. In un crescendo, dall’inizio fatto di disperazione sommessa, quando Medea è velata – come alla fine della tragedia – l’atto estremo di violenza sulle proprie creature in un monologo serrato nel quale si scontrano passione accecante e volontà. A Giasone non resta, nel finale della tragedia, che esprimere la propria rabbia frustrata contro gli uomini e gli Dei, mentre Medea sul carro alato si allontana verso il sole inaspettatamente salvata dagli Dei, una scena che sul palco non si vede ma si percepisce appena. Medea non permetterà a Giasone di seppellire i propri figli, un’azione che vorrà fare lei stessa e per un momento si intravede la tenerezza di una madre che mette a letto i bimbi. E’ il trionfo di una lucida e malsana follia.
L’interpretazione corale è credibile e curata e anche la protagonista è ben calata nella parte, molto elegante nella gestualità simbolica, nel modo di muoversi sulla scena, forse un po’ carente in termini di pathos, di emozionalità; Giasone resta una figura forse troppo modernizzata e poco tragica, con non grande profondità scenica.
L’azione è molto forte, sempre al centro della scena e il testo di Euripide assorbe tutta l’attenzione degli spettatore. Pertanto è apprezzabile la scelta del regista di sfumare tutto il resto a partire dai costumi che uniformano i personaggi: si distingue solo Medea, Giasone e Creonte, seppure in modo discreto e l’uso della musica, raffinata, del compositore Andrea Salvadori, definito dal regista un ‘visionario’, Premio Ubu 2018, che riesce a sottolineare l’universalità della tragedia con musiche senza tempo che attingono all’elettronica e alle melodie mediterranee. Un’atmosfera di contaminazione nei linguaggi, negli abiti e nei suoni, nella voce straziante del coro – in versione stilizzata – rappresentata in particolare dalla voce femminile, riecheggia molto teatro dell’area mediterranea, in primis quello napoletano o certi canti delle donne berbere.
Teatro Menotti
Via Ciro Menotti, 11
20129 – Milano (MM Porta Venezia)
Informazioni 02 36592544 – info@tieffeteatro.it
Orari spettacoli
martedì, giovedì e venerdì 20.30
mercoledì e sabato 19.30
domenica 16.30
a cura di Giada Luni
Grazie all’ufficio stampa, Linda Ansalone