Con un anticipo di tre mesi a Palazzo Reale è stata annunciata la grande mostra, la prima in Italia, di uno dei più celebri artisti del Seicento, Georges de La Tour.
In programma dal 7 febbraio al 7 giugno 2020, l’esposizione, a cura di Francesca Cappelletti, promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, riscopre un grande artista che non esisterebbe se non esistesse la storia dell’arte. E’ stato riportato alla luce infatti dopo due secoli di oblio da Herman Voss, un grande studioso tedesco che, nel 1915, scrisse un articolo per attribuirgli due dipinti. In ogni caso è grazie ad una serie di mostre che Georges de La Tour viene riscoperto, fatto del quale forse non essere orgogliosi ma che certamente mette in luce il valore delle esposizioni. La prima a Parigi nel 1950, ora quella di Milano a Palazzo Reale che inizia il proprio percorso museale espositivo con Caravaggio al quale ha dedicato una serie di mostre e che non ha caso ha intrapreso la lunga gestazione di questa sfida, iniziata da un’idea del 2008. La pittura di Georges de La Tour infatti ha molti contatti con la pittura caravaggesca per l’uso della luce, caratterizzata da un profondo contrasto tra i temi “diurni”, crudamente realistici, che ci mostrano un’esistenza senza filtri, con volti segnati dalla povertà e dall’inesorabile trascorrere del tempo e i temi “notturni” con splendide figure illuminate dalla luce di una candela: modelli assorti, silenziosi, commoventi. L’attenzione al sociale e quell’essere, come ha dichiarato Francesca Cappelletti, “sul filo del rasoio”, tra sacro e profano, lo avvicinano all’artista italiano e alla sua scuola con la quale non si sa però se abbia avuto contatto.
La mostra è una vera sfida con più di trenta opere, perché questo pittore ha lasciato poco, nulla praticamente è in Italia e le opere sono in giro per il mondo. E’ tra l’altro un pittore del quale si sa poco, come la professoressa Cappelletti ha sottolineato, parlandone come di un meteorite, tanto che nessuna delle fonti coeve lo cita. Anche della sua formazione si sa ben poco, se non che visse quasi tutta la vita tra due paesini della Francia, Vic-sur-Seine dove nacque nel 1593 e Lunéville dove morì nel 1652, una breve vita attraversata quasi interamente dalla Guerra dei Trent’Anni; e non si sa neppure molto della sua formazione se non che arrivò a Parigi tardi dove fu nominato nel 1639 “pittore del re Luigi XIII”. Artista molto stimato – ebbe già successo nel Ducato di Lorena – ma anche guardato con diffidenza per il suo carattere difficile, padre di 11 figli e con un gran numero di cani randagi.
Oltre all’uso magico della luce per certi aspetti di una modernità sconcertante, non si può non citare quell’attenzione ‘profana al sacro’, con angeli senza aureola presi dal popolo e scene sacre, realizzate in modo del tutto non convenzionale come L’Educazione della Vergine o una Natività che nessuno definì di Gesù. Tra i capolavori presenti in mostra ci sarà anche la Maddalena penitente (della National Gallery di Washington D.C), La lotta dei musici (J. Paul Getty Museum) che esprime uno dei temi tipici di questo artista, scene di crudo realismo della vita popolare, come nel caso del Suonatore di Ghironda col cane (Musée du Mont-de-Piété di Bergues).
Non si sa se mai fece un viaggio in Italia o se gli fosse più facile andare ad Anversa anche se volutamente il sottotitolo della mostra parla di Europa e, attraverso dei mirati confronti tra i capolavori del Maestro francese e quelli di altri grandi del suo tempo, tra gli altri Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot, Hendrick ter Brugghen, vuole portare una nuova riflessione sulla pittura dal naturale e sulle sperimentazioni luministiche, per affrontare i profondi interrogativi che ancora avvolgono l’opera di questo misterioso artista.
“Una mostra – ha sottolineato la Cappelletti – che intende porre domande più che dare risposte, stimolando il prosieguo della ricerca su questo pittore”.
Le opere provengono dalle più importanti istituzioni americane quali la National Gallery of Art di Washington D.C., il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, la Frick Collection di New York e dalle istituzioni museali francesi come il Musée des Beaux-Arts di Nantes, Musée du Mont-du-Piété di Bergues, Musée départemental d’Art ancien et contemporain di Epinal, Museée des Beaux-Arts di Digione, Musée Toulouse-Lautrec di Albi, Musée départemental Georges de La Tour di Vic-sur-Seille.
L’allestimento, è stato anticipato, si focalizza sulla ricerca di una grande delicatezza con un’attenzione specifica dal punto di vista illuminotecnico.
a cura di Ilaria Guidantoni