A Milano, alle Gallerie d’Italia in Piazza Scala, fino al 15 marzo prossimo è possibile vedere la mostra a cura di Stefano Grandesso e Fernando Mazzocca dedicata a Canova e Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna, di cui abbiamo già parlato ma che vale la pena ricordare anche per lo splendido luogo dov’è allestita, la sede museale di Intesa Sanpaolo nel Palazzo Albissola, il cui giardino confina con la Casa di Manzoni. Un’occasione per rivedere anche la collezione permanente dedicata all’Ottocento lombardo, e quindi ambientata nella città, con quadri di Angelo Inganni, Gaetano Previati, Angelo Morbelli, Gerolamo Induno, Ercole Calvi e molti altri. Fanno parte della collezione permanente anche i bassorilievi di Antonio Canova che in quest’occasione offrono un completamento della mostra, appartenenti alla collezione dell’Ottocento della Fondazione Cariplo. Essi immortalano scene mitiche e rappresentazioni di alcuni precetti della filosofia socratica. Per chi è curioso vale la pena sbirciare il caveau, da un’inferriata, che lascia indovinare un tesoro, raramente aperto al pubblico, di arte contemporanea. Il Palazzo vale la visita per gli affreschi e le decorazioni che si sposano perfettamente con il candore raffinato di Canova e ospitano una grande installazione di ben altro tono, Le storie restituite, con i fascicoli dedicati ai beni requisiti agli ebrei che Intesa San Paolo ha recuperato e catalogato. Tante esposizioni in una dunque.
Al centro una grande mostra – con più di 150 opere – che per la prima volta confronta i due grandi contemporanei e rivali, celebrati come i veri padri della scultura moderna, con opere provenienti dal Museo Thorvaldsen di Copenhagen, partner del progetto insieme al Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo e numerosi altri musei e collezioni italiani e stranieri. Si tratta di due artisti che ebbero tanta fortuna in vita quanto nel lascito che hanno offerto in termini di modello per la storia dell’arte e di allievi, basti pensare al bolognese Adamo Tadolini . (1788-1868). morto poi a Roma, dove fu allievo del Canova del quale proseguì la tradizione neoclassica.
Tra i tanti prestiti citiamo la Biblioteca Apostolica Vaticana, le Gallerie degli Uffizi di Firenze, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il Museo Nacional del Prado di Madrid, la Pinacoteca di Brera e la Pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, il Metropolitan Museum di New York, le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia. Un consistente nucleo di opere proviene inoltre dal Museo e Gypsotheca Antonio Canova di Possagno che ha in programma importanti iniziative per le celebrazioni dei 200 anni dalla morte del maestro.
Per la prima volta – è questa l’originalità dell’esposizione – il confronto tra i due grandi protagonisti della scultura moderna in età neoclassica e romantica: l’italiano Antonio Canova (1757-1822) e il danese Bertel Thorvaldsen (1770-1844), i due “classici moderni” in grado di trasformare l’idea stessa della scultura e la sua tecnica, creando opere immortali, diventate popolari e riprodotte in tutto il mondo. E’ a Roma che inizialmente si incontrano dove entrambi svolsero una buona parte della loro carriera: Canova giunse a Roma nel 1781 e vi morì nel 1822 (a Villa Borghese uno spazio a lui dedicato), mentre Thorvaldsen vi si insediò a partire dal 1797 per i successivi quarant’anni. La loro permanenza romana fu l’occasione di una sana competizione sugli stessi temi e soggetti quali le figure della mitologia classica, come Amore e Psiche, Venere, Paride, Ebe, le Grazie, che rappresentavano nell’immaginario comune l’incarnazione dei grandi temi universali della vita, come il breve percorso della giovinezza, l’incanto della bellezza, le lusinghe e le delusioni dell’amore.
Il periodo neoclassico guardò all’antico come modello e l’archeologia che si stava allora sviluppando su basi scientifiche servì di supporto. Al riguardo Canova era stato l’artista rivoluzionario, capace di garantire alla scultura un primato sulle altre arti, nel segno del confronto e del superamento dell’antico; Thorvaldsen, guardando all’opera e alla strategia del rivale, si era ispirato a un’idea della classicità più severa e austera, avviando una nuova stagione dell’arte nordica, ispirata alle civiltà mediterranee. Le sue forme sono forse meno eleganti, più monumentali, talora già con lo sguardo rivolto al pre-romanticismo là dove Canova qualche volta, pur nell’estrema raffinatezza, diventa lezioso, accademico, come nel caso dei bassorilievi in mostra. Merito comune quello di essersi svincolate dalle esigenze della committenza che la scultura subiva più di altre arti per i costi del marmo e del bronzo. Con le innovazioni tecniche introdotte da Canova e utilizzate su larga scala da Thorvaldsen – creazione di un modello in gesso prima della statua in marmo – lo scultore acquisiva infatti per la prima volta la libertà di esprimere nella statua, ideata senza commissione, la propria poetica, grazie anche alla realizzazione di grandi studi dove gli allievi collaboravano senza gravare molto sui costi.
La mostra si snoda in diciassette sezioni che cercano di restituire la complessità del lavoro dei due artisti destinati ad un collezionismo di alto livello nazionale e straniero, grazie anche ad un confronto con altri artisti coevi.
a cura di Ilaria Guidantoni