di Michele Canditone
ad del Teatro Franco Parenti di Milano
Da uomo squisitamente di numeri, alla mia età ho vissuto e vivo tante esperienze e ho gestito tanti settori, dall’orologeria ai tessuti, dall’abbigliamento all’hardware, ma mai avrei pensato, nel gestire amministrativamente un teatro, di trovarmi a pensare a “Questi Fantasmi!”
In questa triste circostanza del Covid 19, ho capito perché Eduardo De Filippo già dal 1946, dette questo titolo a una sua commedia. Del resto gli attori sin dal 700, non venendo considerati una vera categoria professionale, venivano addirittura sepolti in terra sconsacrata. Quanti anni hanno dovuto combattere per arrivare a oggi !
Invece, il Governo, le istituzioni, i media in questa emergenza sono tornati indietro nel tempo. I Teatri, la Musica, la Danza, la lirica, sono stati considerati, ma senza esplicita citazione, due volte e non dai media, da due disposizioni di legge.
La prima, in Lombardia quando la domenica 23 febbraio è stata imposta la chiusura dei locali pubblici che determinavano assembramento. Abbiamo capito si riferissero a noi inizialmente per deduzione, poi qualcuno lo ha confermato: si, ci hanno detto, siete compresi anche voi.
La seconda nel decreto “Cura Italia”, dove negli ultimi articoli, appena prima delle disposizioni sulle uscite dai carceri, inserito chissà perché in un decreto che nulla ha a che vedere con le disposizioni a sostegno delle famiglie, imprese, artigiani commercianti e addirittura anche i teatri, cinema. Ma noi italiani siamo abituati a vedere inseriti in decreti o leggi, cose che nulla hanno a che vedere con l’oggetto della norma. Anche noi del Teatro ci siamo abituati, abbiamo visto in una legge nazionale, erogare un ingente contributo una tantum a un singolo teatro privato per cifre che di solito riceviamo singolarmente dal Fus in dieci anni. Siamo fantasmi.
E’ così evidente che mi chiedo: ma da dove vengono fuori certi numeri ? Immagino, per esempio, che chi ha letto il decreto “Cura Italia” – aiuto ai teatri al cinema e alle Fondazioni liriche in tutta Italia, abbia pensato: Beh, hanno dato qualcosa pure a questi. Si perché “questi” siamo.
Il problema, quindi, è alla base. I numeri vengono dopo. Sembra che nessuno sia cosciente di cosa sia e cosa rappresenti la cultura, in questa meravigliosa Italia, dove la cultura, in buona parte la fanno proprio “questi”.
Vorrei quindi dire ai presidenti di partito, politici, commissioni della Camera e del Senato della Repubblica, ai deputati, ai senatori, ai presidenti di tutte le categorie datoriali e sindacali, alla Presidenza della Repubblica: Abbiamo capito, in questa triste circostanza, abbiamo preso atto che non contiamo nulla. Tutti gli sforzi, le energie, i patrimoni anche personali messi a garanzia delle banche anche per anticipare i contributi che ci fate pervenire con un anno di ritardo, le nostre risorse umane, per molti anni, ci siamo illusi fossero apprezzati. Adesso invece e’ tutto chiaro.
“Questi fantasmi” in Italia rappresentano 2500 strutture di cui 1228 sono teatri attivi. Oltre trentamila dipendenti diretti dei soli teatri, che tra artisti, scritturati, maschere, tecnici audio e video, facchini, trasportatori di scenografie, arrivano a quasi 100 mila addetti, senza considerare l’indotto, e noi… siamo “questi fantasmi”.
Sono state distribuite somme a titolo di risarcimento da prototipo di formule matematiche con l’inserimento di chissà quale algoritmo. Il citarci per la prima volta in un decreto legge, dimostra l’ignoranza di chi nulla conosce di questo settore che evidentemente viene paragonato a Mirabilandia (con tutto il rispetto per i parchi di divertimento).
Noi pensiamo che le persone coinvolte nelle attività del teatro: attori, scenografi, tecnici, facchini, registi, personale della distribuzione, della produzione, dell’amministrazione, delle sale, le maschere, le cassiere, gli addetti alle pulizie, la comunicazione, i grafici, valgano davvero tanto. Sono professionisti alla pari di tutti gli altri, sono quelli che si applaude dopo due ore di spettacolo senza che ci si renda conto quanto lavoro, quante professionalità e quanta energia ci siano dietro quelle due ore.
Penso che chi ha gestito e continua a gestire un teatro, avendo sacrificato e sacrificando una parte della sua vita per gli altri, per fare cultura (quella roba strana) non meriti di essere rappresentato da quelli che ho menzionato.
Vorrei che i teatri ascoltassero la mia rabbia per dire: chiudiamo. Si chiudiamo, togliamo il disturbo. Andate tutti sulle giostre nel tempo libero.