di Angelo Bonissoni,
managing partner di CBA Studio Legale e Tributario
È da tempo che se ne parla, o meglio, è da tempo che tra gli addetti ai lavori si ragiona su quali potrebbero essere le soluzioni più efficienti per la gestione dei crediti deteriorati detenuti dalle banche e allo stesso tempo il modo per gestire i problemi di molte imprese italiane.
Cederli? Si, forse. Ma privilegiando quale logica, visti gli impatti economici e patrimoniali (di bilancio delle banche) che le cessioni provocherebbero? Gestirli internamente o esternamente? Si, forse. Ma con quali strutture (interne o esterne) e competenze (industriali o finanziarie)?
Il momento economico attuale ha reso ancor più evidente la necessità di affrontare l’argomento e di approcciarlo con una visione più ampia, di sistema, capace cioè di considerare tutti i soggetti e gli interessi coinvolti: il cedente (la banca), i suoi creditori e azionisti, i suoi clienti, l’erario, il debitore e il territorio. Il sistema ha ora più che mai bisogno di operatori professionali capaci di gestire le situazioni critiche, ma pur sempre fisiologiche, riuscendo a isolarle, a diagnosticare il problema e a individuare la cura adeguata, il tutto in tempi molto ristretti compatibili cioè con le necessità di tutti i soggetti coinvolti.
L’esperienza internazionale ci consegna modelli di intervento adottati in altri paesi, adatti a gestire sia la presenza di NPE nei bilanci delle banche sia situazioni generali di mercato sfavorevoli, attraverso la creazione di AMC (Asset Management Company) o FdR (fondi di ristrutturazione), soggetti giuridici (veicoli) specializzati, finanziati con capitali di provenienza tanto privata quanto pubblica, e con esperienza verticale, dotati cioè oltre che di capacità imprenditoriale settoriale (la più importante) anche di finanza. Oggi post riforma bancaria sarebbe impensabile chiedere al sistema bancario di farsi carico e gestire tali fattispecie.
Questi veicoli all’estero si sono sviluppati considerando l’insieme dei fattori ambientali quali l’assetto normativo locale (fallimentare, fiscale, commerciale, Tuf, Tub…), l’assetto finanziario ed economico (cioè la concentrazione dell’economia, la concentrazione bancaria….), l’assetto contabile-regolamentare nonché l’assetto sociale.
La situazione che in Italia ci troviamo a fronteggiare da oltre un lustro, aggravata da quanto sta accadendo in questo momento storico, suggerirebbe lo sviluppo massiccio anche nel nostro paese di questi soggetti giuridici. Nel nostro sistema esistono già dei veicoli con le medesime finalità, ma in numero palesemente insufficiente, visto l’elevato numero di aziende in difficoltà e i numerosi settori merceologici da coinvolgere. Ma anche per loro, le criticità che si sono trovati ad affrontare di natura regolamentare e di natura burocratica sono state enormi che si sommano a quelle di mercato.
In una prospettiva olistica, si dovrebbe poter contare (i) su un sistema e un ordinamento giuridico più efficiente, ordinato e coordinato e (ii) sulla disponibilità di strumenti più efficienti per i vari operatori, tesi a:
- migliorare i profili bilancistici delle banche, trasferendo il rischio connesso alla posizione creditoria pur partecipando all’investimento;
- rendere più rapidi ed efficienti (in termini di costi) i processi di ristrutturazione, rendendo più concrete le previsioni di superamento della crisi.
- rendere più incisivi gli interventi nelle patologie;
- migliorare la capacità di gestire i profili sociali connesse alle situazioni di crisi;
- gestire proficuamente, anche nella patologia, le attività immobiliari.
Tuttavia, vista l’attuale emergenza, e alla luce della consapevolezza dell’impossibilità di introdurre nel breve periodo una normativa ordinata e coordinata, efficace e mirata alla realizzazione delle finalità finora ricordate, si dovrebbe poter contare sull’assenza di norme e regolamenti che ostacolano la nascita e lo sviluppo degli AMC o FdR: l’intero sistema ne ha bisogno e l’intero sistema ne troverebbe giovamento.
Come si accennava più sopra, i veicoli AMC o FdR hanno e devono avere natura e specializzazioni differenti: la gestione di posizioni relative a società fallite richiederà competenze e interventi diversi da quelli necessari per posizioni di semplice o grave difficoltà e/o tensione finanziaria, dovendosi quindi distinguere i veicoli finalizzati al turnaround dai veicoli con finalità di ristrutturazione.
Quanto al profilo soggettivo, gli AMC o FdR potranno (meglio dovranno) essere composti non solo da uomini di finanza, che potrebbero essere rappresentati dal personale delle varie banche in esubero, ma anche da manager con precedenti esperienza in azienda, a oggi non impiegati. Finanza e azienda, quindi; perché nelle ristrutturazioni le competenze industriali non sono una commodity, ricoprendo invece un ruolo centrale.
In concreto, la situazione attuale porterebbe alla nascita di AMC/FdR che accorperebbero le piccole-medie aziende dello stesso settore che si trovano in difficoltà (alimentare, tessile, etc…) sotto un’unica guida, un’unica governance, giungendo a creare un’azienda medio-grande competitiva (grazie ai tipici efficientamenti che si realizzerebbero per gli acquisti, la distribuzione, la logistica, l’amministrazione e il controllo) capace di stare sul mercato da protagonista, capace di servire i propri creditori, capace di garantire posti di lavoro.
L’attuale situazione di difficoltà economico-finanziaria, suggerendo agli imprenditori la necessità di atteggiamenti più morbidi per evitare conseguenze negative e più gravi, costituisce il terreno fertile per lo sviluppo di questo tipo di operazioni.
Non va, inoltre, tralasciato il profilo sociale, su cui l’attuale gestione delle ristrutturazioni secondo la normativa vigente impatta fortemente: i tempi necessari per le negoziazioni con la pluralità dei soggetti del ceto creditorio uniti ai tempi lunghi per ogni decisione (i tempi per arrivare a una sottoscrizione di un accordo di ristrutturazione sono oggi mediamente stimati in 1 anno e 8 mesi) comportano rischi concreti di svilimento del valore della azienda e quindi della sua (in)capacità di permanenza sul mercato incidendo; in ultima analisi, anche sugli operatori che si troverebbero ad essere falcidiate con conseguenti ricadute sull’intero tessuto sociale. Anche da questo punto di vista, quindi, gli AMC sarebbero in grado di fornire una valida ed efficiente soluzione .
Quanto alle risorse finanziarie, non mancano certo i capitali e gli investitori sono pronti a investire in questi veicoli, pur guardando con sospetto, come sempre, non certo il mercato delle imprese italiane quanto piuttosto la sua burocrazia e i tempi necessari per la realizzazione dei veicoli. Capitali esteri sono interessati e pronti a investire in questo settore, ma anche capitali nazionali, quali quelli delle Fondazioni che hanno nella cura del territorio una specifica mission, e quelli dei family office e degli imprenditori illuminati. Ma le stesse banche che nel rispetto delle norme regolamentari si troverebbero a disporre di investimenti gestiti completamente da terzi specializzati, conseguendo risultati postivi per la loro gestione sia diretta che indiretta. Il rischio concreto della burocrazia e della iperregolamentazione , dunque, è che quando disporremo la cura la salute del malato potrà essere già fortemente compromessa.