Potrebbe tornare operativa a brevissimo, Tirrenia-Cin, che nei giorni scorsi ha di fatto bloccato l’attività, perché un’ordinanza del Tribunale di Roma ha disposto il sequestro conservativo fino alla concorrenza di euro 55 milioni su tutti i beni, mobili o immobili, e i crediti di cui la Cin è titolare. Ieri, infatti, dopo una conference call tra i commissari di Tirrenia, i vertici di Tirrenia Cin e i ministri delle Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli, e dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, in una nota congiunta i due ministeri hanno comunicato che “dal confronto sono emerse alcune ipotesi di soluzione dell’attuale blocco dell’operatività delle navi Tirrenia. I ministri hanno chiesto all’azienda e ai commissari di definire e adottare gli atti risolutivi entro 24 ore. Le ipotesi di soluzione garantirebbero anzi tutto i servizi di continuità territoriale, con l’obiettivo di addivenire poi anche una rapida definizione della complessiva situazione debitoria di Tirrenia Cin” (si veda qui il comunicato stampa).
Il sequestro è stato chiesto dai commissari (Gerardo Longobardi, Beniamino Caravita di Toritto e Stefano Ambrosini) di Tirrenia in amministrazione straordinaria (la bad company rimasta in capo allo Stato dopo la privatizzazione del 2012), per tutelarsi rispetto al pagamento della prima delle tre rate residue per un totale di 180 milioni di euro che Tirrenia-Cin ancora deve allo Stato italiano a saldo dell’acquisizione del 60% di Tirrenia-Cin che nel 2012 ancora non era di Moby.
La decisione dei commissari è giustificata dal fatto che a inizio marzo la Commissione europea ha finalmente stabilito che gli 846 milioni di euro pubblici versati alla compagnia Tirrenia (controllata al 100% dal gruppo Moby dal 2015) tra il 2009 e il 2020 non sono aiuti di Stato. Se così non fosse stato, la Commissione avrebbe potuto imporne il recupero. Ma proprio questo fatto si tè trasformato in un problema per Moby, perché ora non ha più scuse per non pagare i 180 milioni di euro residui (si veda altro articolo di BeBeez).
Tirrenia era stata valutata 376,9 milioni di euro di cui 197 milioni di componente fissa e il resto variabile. Dei 197 milioni, Moby aveva pagato 135 milioni al closing dell’operazione nel luglio 2012 mentre aveva saldato i restanti 62 milioni nel febbraio 2016 in occasione del rifinanziamento del debito (si veda altro articolo di BeBeez). I restanti 180 milioni dovevano essere pagati in tre rate, senza interessi, correlate a una serie di condizioni. La prima rata da 55 milioni andava pagata nell’aprile 2016, la seconda da 60 milioni entro l’aprile 2019 e la terza da 65 milioni nell’aprile 2021. Moby però non ha ancora mai pagato nulla, giustificandosi con il fatto che non era stato ancora reso noto l’esito dell’indagine da parte della Commissione Ue sui contributi pubblici dati alle società dell’ex Gruppo Tirrenia. Secondo una clausola del contratto di cessione di Tirrenia a Cin, il pagamento allo Stato dei 180 milioni residui si sarebbe effettuato solo dopo un pronunciamento definitivo di Bruxelles sul tema aiuti di Stato. Ora la decisione della Commissione Ue rende immediatamente esigibili le prime due rate per un totale quindi di 115 milioni.
Lo scorso lunedì 30 marzo Moby, che controlla Tirrenia-Cin, ha comunicato che a seguito del sequestro conservativo sui conti di Cin, il blocco dei conti le impedisce di continuare a operare, paralizzando così le sue attività (si veda qui il comunicato stampa). Moby nella nota sottolineava infatti che i commissari hanno chiesto il sequestro “nonostante il fatto che CIn abbia più volte comunicato loro per scritto la sua volontà di offrire garanzie per il pagamento”. Moby ssottolineava anche che Cin ha “liquidità, ma che il blocco dei conti correnti impedisce l’operatività e di conseguenza le attività di Cin (una società che in base a un accordo con lo Stato si occupa di servizi di continuità territoriale per mare verso le isole) sono state paralizzate. Quindi, con effetto immediato, sarà impossiible continuare questo servizio e i viaggi previsti a partire da oggi su tutte le linee che collegano Sardegna, Sicilia e Tremiti non verrano effettuati”.
Il problema del debito di Tirrenia-Cin verso lo Stato si è aggiunto a una situazione finanziaria già molto compromessa dell’intero gruppo Moby, che fa capo alla famiglia Onorato e che nelle scorse settimane ha fatto scadere un accordo di stand still sul debito con gli obbligazionisti e con le banche senza che fosse stata trovata un’intesa sulla sua ristrutturazione e che non ha proceduto al pagamento della cedola sul bond da 300 milioni e degli interessi sui 260 milioni di linee di credito dovuti a febbraio. Per il pagamento dei quali è stato lasciato scadere anche il periodo di grazia (si veda altro articolo di BeBeez).
Moby sta tuttora discutendo la ristrutturazione del suo debito con obbligazionisti (riuniti nell’Ad Hoc Group e prevalentemente hedge fund, tra cui Soundpoint Capital, Cheyenne Capital e York Capital, affiancati sul piano legale da DLA), finanziatori e commissari di Tirrenia. I fondi avevano comprato tempo fa sul mercato secondario oltre il 50% dell’emissione obbligazionaria quotata alla Borsa del Lussemburgo.
I numeri dei 9 mesi del gruppo lo scorso 12 dicembre avevano evidenziato un ulteriore netto peggioramento della situazione della cassa (si veda altro articolo di BeBeez): in nove mesi, infatti, il gruppo armatoriale ha bruciato oltre 115,9 milioni di euro dopo i 108,1 milioni bruciati nei primi nove mesi del 2018, mentre tra gennaio e giugno era stata bruciata cassa per 83,1 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). A fine settembre 2019, quindi, Moby aveva cassa per 56,2 milioni contro gli 89 milioni di euro di fine giugno e contro i 125,5 milioni di cassa che aveva a fine settembre 2018.