Sappiamo che il Covid-19 porterà un blocco dell’offerta e crisi di liquidità del sistema produttivo, una caduta di redditi disponibili e consumi, un aumento della preferenza per la liquidità dei risparmiatori e un fabbisogno di ricapitalizzazione delle imprese, specie pmi. Saranno pertanto cruciali il supporto pubblico (a costo di aumentare deficit e debiti statali), del sistema bancario (per finanziare le imprese) e del private banking.
Quest’ultimo, secondo AIPB, facendo leva sul suo forte rapporto fiduciario con i clienti, dovrà impegnarsi per contenere il peso della liquidità; allineare le dichiarazioni dei clienti alle loro azioni tramite la consulenza; iniettare fiducia sul medio-lungo termine; bilanciare investimenti nel pubblico e privato; favorire gli investimenti in economia reale. “Oggi più che mai una corretta gestione del risparmio delle famiglie private è fondamentale e può rappresentare una leva significativa per il finanziamento dell’economia reale e in particolare per il sostegno e lo sviluppo di tutte le nostre eccellenze imprenditoriali, pmi in primis”, ha detto Paolo Langè, presidente di AIPB.
Ma oggi gli investimenti in private asset in Italia ammontano a soli 3,9 miliardi di euro su un portafoglio complesssivo di 884 miliardi di euro a fine 2019. Nei portafogli private, il peso contenuto della liquidità (15%) lascia spazio ad altre forme di investimento. Questo, unito alla diversificazione, ha portato i portafogli dei clienti private a un rendimento del 7%, contro il 4% delle famiglie italiane, dove la liquidità pesa il 43%. Ma appunto in tutto questo il peso degli investimenti alternativi è solo dello 0,4%. Lo rileva il rapporto sul private banking 2019 di AIPB (Associazione Italiana Private Banking), presentato ieri in conferenza stampa (si vedano qui il comunicato stampa e qui la presentazione completa), inn linea con le anticipazioni già fornite lo scorso novembre (si veda altro articolo di BeBeez).
Gli investimenti dei clienti del private banking italiano nei private market sono concentrati principalmente sul private equity (51%), con un peso del 14% per il private debt e dell’8% per il real estate, mentre gli investimenti in infrastrutture sono pari a zero. Gli investimenti in private asset in Europa ammontano invece a 1.500 miliardi di euro complessivi, di cui il 26% in private equity, mentre real estate e private debt pesano per il 21% ciascuno sul totale degli investimenti e le infrastrutture rappresentano il 13%.
Perché allora la quota di investimenti alternativi nel portafoglio dei clienti private aumenti, sarebbero necessarie tre misure da parte dei regolatori, ha detto Antonella Massari, segretario generale di AIPB. Tre misure, peraltro, sostenute anche da AIFI, l’Associazione Italiana del Private Equity, venture Capita e Private Debt, così come sottolineato a BeBeez dal direttore generale Anna Gervasoni lo scorso marzo (si veda altro articolo di BeBeez). Le proposte in questione sono:
- promozione presso le autorità europee (Commissione Europea e ESMA) del riconoscimento di una categoria di investitore semi-professionale (cliente private), con un patrimonio sopra 500 mila euro e assistito da una consulenza evoluta;
- abbassamento della soglia da 500 mila a 100 mila euro per gli investimenti in fondi riservati da parte degli investitori privati;
- benefici fiscali per gli investimenti in Eltif (European Long Term Investment Fund).
“La normativa sui cosiddetti Eltif, già presenti da tempo sul mercato europeo, potrebbe costituire la base di partenza per lo sviluppo definitivo del finanziamento a medio lungo termine delle aziende del Paese attraverso il contributo diretto degli investitori privati. Per fare il salto di qualità, però, occorre alzare i limiti di investimento per l’accesso ai benefici fiscali, altrimenti ininfluenti per una clientela di tipo private. In quest’ambito sarà comunque necessario procedere con cautela, rafforzare competenze e capacità di analisi in uno scenario diventato ancora più complesso da prevedere dove si rende ancora più evidente la necessità di un’assistenza professionale”, ha detto Massari.
L’associazione propone anche di riallocare i portafogli dei clienti private verso titoli di Stato italiani a lungo termine, ad esempio attraverso i restart/social/generational bond, ossia titoli di stato lunghissima scadenza (proposti da Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, si veda qui l’intervista al 24Ore del 25 aprile).
Per attrarre gli investitori individuali, a fronte di rendimenti contenuti, occorrono anche stimoli fiscali, quali: esenzione da bollo, imposte su successioni, donazioni, cedole e capital gain per residenti in Italia. Inoltre, sarebbero utili emissioni di debito pubblico finalizzate a capitalizzare/ricapitalizzare imprese industriali leader nei settori in cui l’Italia intenderà basare il suo futuro modello di crescita (proposta di Marco Mazzucchelli, si veda qui l’intervista al Corriere della Sera del 30 marzo).