A Firenze la riapertura dello spazio espositivo dello stilista Ferragamo è nel segno del dialogo tra moda e ambiente. La mostra – per ora aperta al pubblico dal lunedì al sabato dalle 11 alle 19 – sarà prorogata fino a fine gennaio 2021 e non sostituita da quella in programma a causa dell’emergenza. Il tema sembra in qualche modo sposarsi con l’attualità della tutela della salute del pianeta e il progetto espositivo prosegue nella Sala delle Udienze di Palazzo Vecchio e al Museo Novecento.
Al centro la riflessione sull’impatto della moda in termini di inquinamento, molto alto, l’importanza di sposare la creatività e la bellezza con l’innovazione che diventa eco-compatibile e l’attenzione alla diversità nell’azienda, rispettando la ricchezza dell’unicità. Nell’ultima stanza infatti una serie di volti raggruppati perché indossano lo stesso tipo di abito, quindi lo stesso ruolo aziendale, completamente diversi uno dall’altro. Due artisti, Ari Versluis & Ellie Uyttenbroek con
Trendsetters nel 2018, hanno sposato la causa realizzando delle fotografie su light box.
In occasione di ogni mostra viene presentata anche una parte della collezione di scarpe Ferragamo con le creazioni che più si adattano all’argomento, di volta in volta, scelto.
La “sostenibilità” definisce la capacità dell’uomo di “soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”. È una sfida che non riguarda solo le modalità di produzione, ma implica anche una maggiore attenzione all’ambiente. L’equilibrio dev’essere ristabilito, a partire da un modo di pensare consapevole e condiviso, in grado di elaborare nuove strategie di sviluppo e di convivenza.
Il progetto Sustainable Thinking ha l’obiettivo di far riflettere su questi temi, attraverso le visioni della moda e dell’arte e verso la sostenibilità guardano molti artisti, alcuni concentrati sul recupero di un rapporto con la natura, sull’impiego di materie organiche, sulla necessità del riuso creativo dei materiali o sulla relazione fra natura e tecnica; altri sull’importanza di un impegno collettivo volto alla rifondazione della società. L’industria della moda, da parte sua, non solo attraverso una nuova generazione di designer, ma anche tramite percorsi innovativi di brand consolidati sul mercato sta affrontando la via della sostenibilità, con l’adozione di nuovi materiali ecologici e performanti e il perfezionamento dei processi produttivi. In mostra, artisti, fashion designer, aziende produttrici di tessuti e di filati propongono una pluralità di spunti per una progettualità in grado di impiegare le nuove tecnologie senza subirle, declinare il locale con il globale, salvaguardare il nostro ecosistema. In effetti nella sua globalità l’industria della moda è una delle più inquinanti, con uno dei maggiori impieghi di manodopera, pari a 300 milioni di persone. La produzione dell’abbigliamento attualmente è più che raddoppiata rispetto al 2000 con 100 miliardi di abiti prodotti all’anno. Per dare qualche numero, nel 2015 sono stati utilizzati 98 milioni di tonnellate di petrolio per produrre fibre sintetiche. Servono 8mila sostanze chimiche sintetiche per trasformare le materie prime in tessuti e molte di queste sostanze sono rilasciate nelle sorgenti di acqua dolce. Il cotone costituisce il 77% della produzione di fibre naturali e necessita di molta acqua e tanti prodotti chimici: per produrre una T-shirt di cotone sono necessari oltre 3mila litri d’acqua. Il 16% di tutti gli insetticidi, il 6,8% di tutti gli erbicidi, e il 4% dei fertilizzanti a base di azoto utilizzati nel mondo sono impiegati per produrre il cotone.
Simbolo dell’esposizione Salvatore Ferragamo Rainbow Future, sandalo realizzato a mano in cotone organico lavorato all’uncinetto, tacco e piattaforma a strati in legno ricoperti del medesimo materiale che ha ricevuto la certificazione ISO 14067 e la certificazione GOTS – Global Organic Textile Standard. La calzatura è esposta insieme ad alcuni altri modelli in una saletta dedicata.
Apre la mostra una grande Invasion, installazione con cannucce colorate di plastica, forte allusione al potere inquinante di questo materiale che forma allusive nubi di fumo colorato, e le Poupées di Pascale Marthine Tayou, del 2016, opere in cristallo e tecnica mista su basamenti di legno, per gentile concessione dell’artista e di Galleria Continua, con sedi a San Gimignano, Pechino, Les Moulins e L’Avana. Grande suggestione dal sapore etnico di festose popolazioni come idoli, non senza un lato inquietante.
Appeso un Arazzo realizzato su telaio a mano dalle ragazze del settore tessitura – coordinato per la parte creativa da Barbara Guarducci, designer tessile fortemente impegnata nel sociale – della Comunità di San Patrignano, impiegando i materiali di scarto della Salvatore Ferragamo, altrimenti destinati alla distruzione.
L’artigianato e la moda sociale sono un capitolo importante della sostenibilità a partire dal riciclo di materiali come nel lavoro di Andrea Verdura, Katie Jones e Stella Jean; l’altra parte è il recupero di pratiche antiche in chiave nuova cine con il Progetto Quid.
Tra le opere in mostra il Sandalo del 1940 in rafia e capretto, tacco in sughero scolpito, modello realizzato per l’attrice Loretta Young; lo studio 189 Multicolour Masquerade del 2018, una camicia in tessuto ecologico Tencel, un tessuto ecologico biodegradabile, che può essere riconvertito completamente e che viene prodotto a partire da alberi di eucalipto, dei quali viene impiegata la polpa di legno sottoposta ad un processo di fotosintesi.
Singolare la Maxi gonna Alicia in patchwork di tessuti multicolore in cotone riciclato, cotone convenzionale, cotone biologico, un cotone cresciuto nel Burkina Faso, tinto in colori naturali a basso impatto ambientale. È stata cucita in Ghana ad Accra facendo riferimento ai tessuti Kente, tipici della zona.
E ancora la Cintura in Piñatex, una pelle ecologica ottenuta dall’ananas; cappello in paglia di Haiti biodegradabile. La fonte di ispirazione sono le maschere e i costumi indossati nelle feste tribali, immortalati nel 2004 dalla fotografa newyorkese Phyllis Galembo, in Nigeria, a Eshinjok Village, durante il tradizionale Ngar Bell
Courtesy Studio 189, di Accra e New York.
Di grande suggestione il lavoro di Paola Anziché, Pensiero naturale, del 2018,
installazione composta da 7 sculture sospese in cotone, sughero, corda di lino, cordami di carta, cotone organico, lana grezza, fibra di seta, rafia naturale, trecce di grano, feltro di lana, fibra di ananas, fibra di banano, fibra di iuta e corda di sisal.
In mostra due opere di Tomàs Saraceno, (qui sotto l’opera “Aerocene”) artista in mostra nel vicino Palazzo Strozzi – recensita sulle pagine di bebeez. – con una monografica, artista che lavora sui temi ambientali. Qui si può vedere Ariocene Explorer, Backpack AE1011, del 2016: uno zaino portabile in tela con kit composto da un pallone solare rinforzato, una bottiglia in plastica riciclata, una foto-videocamera gestita da remoto e un ripetitore GPS, una banca di energia solare portatile, un modulo e antenna Wi-Fi a lungo raggio, un’interfaccia computerizzata miniaturizzata, un dispositivo di rilevamento, che include sensori di qualità dell’aria e sensori interni ed esterni per misurare la pressione dell’aria, l’umidità, la temperatura dell’aria, sollecitata dal sole e dal vento (licenza sotto l’open source Creative Commons CC BY-SA 4.0 license).
Da segnalare anche le opere di Piero Gilardi, artista che lavora da molto tempo sull’ambiente, presente con
Papaya e pitaja, opera del 2018 in poliuretano espanso di proprietà della Fondazione Centro Studi Piero Gilardi, Torino, bassorilievo vegetale; e Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto del 2013, in cartone pressato e filati
Cittadellarte Fondazione Pistoletto Onlus, di Biella. Nell’ultima parte una panoramica sulla ricerca dagli anni Sessanta del Novecento in tema di materia ambientale anche in relazione all’arte e ad uso insolito della natura e delle piante per la moda, Nella sessione sono esposti i lavori di Lilla Papai per Wyhoys che impiega il feltro; Maria Cornejo per Zero+Maria Cornejo che utilizza una miscela di polpa di legno; Tiziano Guardini e la seta non violenta il cui processo di lavorazione permette al baco da seta di volare via come una farfalla; Laura Strambi e il tessuto Newlife o Nathali Ballout. Chiara Vigo ha realizzato un tessuto, la seta del mare, utilizzando il Bisso, un mollusco del mar Mediterraneo recuperando alcuni segreti tradizionali.
Un percorso affascinante, la scommessa di non rinunciare alla raffinatezza estetica per l’ambiente, una sfida vinta almeno nella mostra, che conserva tutto il fascino della haute couture senza piegarsi al manifesto didascalico.
a cura di Ilaria Guidantoni