Mentre si avvicina l’estate e lentamente le aziende riprendono a lavorare, con gli investitori italiani e internazionali alle prese con i business plan delle partecipate da revisionare e quindi ancora alla finestra per eventualmente cogliere le nuove opportunità m&a, c’è una notizia degli ultimi giorni che è passata inosservata ai più e di cui ha dato conto soltanto Il Corriere della Sera sabato 20 giugno.
C’è un articolo nel Decreto Legge del governo dello scorso 16 giugno (DL n. 52, art. 4, comma 1), che assegna al ministro dell’Economia e delle Finanze poteri che sono in sostanza da commissario straordinario, perché in base a quella norma Roberto Gualtieri può modificare a sua discrezione l’assegnazione delle risorse straordinarie messe sul piatto dal governo per combattere la crisi da Covid-19. Stiamo parlando del totale di 80 miliardi di euro di deficit aggiuntivo.
L’articolo in questione, intitolato “Disposizioni in materia di allocazione delle risorse disponibili a legislazione vigente”, stabilisce infatti che “le risorse destinate a ciascuna delle misure previste dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020 n. 27 (Decreto Cura Italia, ndr), dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 2020, n. 40 (Decreto Liquidità, ndr) e dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto Rilancio, ndr), sono soggette ad un monitoraggio effettuato dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base degli esiti del monitoraggio di cui al periodo precedente, al fine di ottimizzare l’allocazione delle risorse disponibili, è autorizzato, sentiti i Ministri competenti, ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio, anche mediante versamento all’entrata e successiva riassegnazione alla spesa di somme gestite su conti di tesoreria, provvedendo a rimodulare le predette risorse tra le misure di cui al primo periodo, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 169, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ad invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica”.
Una mossa, chiosa Federico Fubini, autore dell’articolo del Corriere, che è figlia del tentativo del governo di “arginare la Grande divergenza” tra reddito medio degli italiani e quello della Germania, con il primo che ormai è solo il 70% del secondo. Un tentativo che evidentmente non si può mettere in atto seguendo la strada normale: “Vanno convinti tanti gruppi d’interesse a rinunciare a prerogative proprie che frenano il resto del Paese e gonfiano i costi. Serve una sorta di disarmo collettivo degli interessi particolari. La Corte dei conti dovrebbe rinunciare a un uso tanto ampio dell’abuso d’ufficio da impaurire i funzionari e paralizzare le loro decisioni. I comuni dovrebbero controllare meglio costi, funzioni e perdite delle loro partecipate. Magistrati e avvocati possono contribuire a una giustizia più rapida e digitale. I sindacati, aiutare gli statali a tornare in ufficio e le regioni aiutare la scuola a ripartire il primo settembre. L’Italia è il campo di un conflitto fra poteri particolari e interesse generale. Se prosegue, la Grande divergenza non si fermerà”.
C’è solo da sperare che Gualtieri utilizzi bene quei poteri. Tra i vari compiti che attendono il suo ministero, infatti, c’è anche quello di redarre i decreti attuativi delle norme che hanno istituito il Fondo Patrimonio Rilancio e il Fondo Patrimonio pmi (si veda altro articolo di BeBeez) e di quelle che hanno modificato il golden power (si veda altro articolo di BeBeez).