La cucina in Italia fa rima con cultura, stile di vita, non solo piacere e diventa uno strumento di promozione del territorio, una risorsa turistica. E’ nato così Baccano, un bistrot a due passi da Fontana di Trevi a Roma, monumento simbolo della Capitale. Nel cuore della passeggiata del visitatore, la scommessa di un luogo di ritrovo non turistico nel senso peggiore del termine, sotto la direzione di Fabio Casamassima che abbiamo incontrato all’indomani della riapertura dopo il confinamento.
Come ti racconteresti?
“Ho sempre cercato di costruire un gruppo perché secondo me la squadra è tutto. La sfida di Baccano è stata ed è portare qualità in un centro storico che era alla mercé di locali acchiappa turisti a parte alcuni luoghi storici. Per me la ristorazione è accoglienza, cura del cliente ed eleganza.”
La tua storia ha percorso strade diverse dalla ristorazione.
“Ho alle spalle studi economici con una laurea in Economia e commercio, e un’attività nella formazione delle Banche di Credito cooperativo che mi hanno abituato al controllo di gestione. Da sempre però ho coltivato la passione per la musica, con lo studio del pianoforte fin da ragazzino, che tornerò a studiare appena riaprirà la scuola. Forse un giorno dirò ‘è andato tutto bene ma volevo fare il pianista’.”
Perché non hai scelto questa via?
“Mi ha spaventato il sacrificio e l’esclusività che richiede la musica. Io da ragazzo volevo giocare a pallone, poter viaggiare anche se ho sempre lavorato molto. Il conservatorio non lascia spazio. Mi piaceva coltivare altre passioni come quella del vino che ha un nome: Daniele Cernilli, il mio maestro, autore di Doctor Wine, guida di vini e sito di informazioni che mi ha coinvolto nell’attività, tanto che ora sono responsabile per la Puglia.”
Se la musica è rimasta un piacere, il vino è diventato una vocazione.
“E’ il vino che ha cambiato la mia vita e mi ha portato all’esperienza dell’Enoteca Ferrara in Trastevere dal 2000 al 2006, una grande scuola con 1.500 etichette; poi sono stato al Tramonto all’Argentario, uno stabilimento balneare con ristorante e nel frattempo avevo cominciato ad occuparmi di formazione nel settore del vino.”
Com’è nato il Baccano?
“Per me la proposta è arrivata nel 2012 perché il mio nome girava nell’ambiente e il locale è stato concepito come un bistrot sul modello della tradizione francese e di tanti locali newyorkesi, con una grande carta dei vini e un’alta qualità nella materia prima. La scelta è stata di Izhak Nemni, un ebreo tripolino, che girando il mondo e frequentando questo tipo di locali, voleva realizzarne una versione romana. In effetti Baccano è una ‘copia d’autore’ del bistrot Balthasar di New York che a sua volta è ispirato al Balzar di Parigi, che ha una panetteria annessa, a Saint-Germain des Près; nato nel 1894, serve dei piatti classici brasserie in un ambiente Art nouveau con specchi, piante e boiseries. A Roma è stato reinterpretato anche come bar à huîtres e locale con tipici prodotti in stile americano”.
Qual è la reinterpretazione romana?
“L’idea è di offrire il mondo italiano della tradizione senza rinunciare alle suggestioni tipiche internazionali, così offriamo 11 tipi di ostriche, compresa quella sarda di San Teodoro e quella pugliese, l’ostrica del Gargano di San Michele; una selezione di Champagne e gli hamburger tipicamente americani ma con carne e prodotti italiani. La proposta è un viaggio nel mondo con gli occhi del Belpaese, una sorta di Grand Tour culinario, con un’attenzione al territorio. Una delle nostre caratteristiche è un gran cocktail bar che ci ha valso la nomina fra i primi 50 bar al mondo.”
Qual è il messaggio della cucina in questo momento?
“Cerchiamo di conservare la linea con la quale siamo nati: eccellenza della materia prima, attenzione filologica alla tradizione aprendosi alla contaminazione internazionale con lo chef Marco Milani, così le fettuccine emiliane ad esempio sono fatte rigorosamente a mano con 30 uova per un chilo di farina.”
L’ambizione del Baccano, fin dal nome e dai giornali internazionali all’ingresso, è stato l’intreccio tra gusto e cultura.
“Il nome fa pensare a qualcosa che crea confusione, che vuol essere stimolante, che non può far a meno di dialogare con il Teatro Quirino che si intravede dalle nostre finestre, le Scuderie del Quirinale e Fontana di Trevi che sono a pochi minuti a piedi.”
Tempo di incertezze, difficile per fare i progetti. Cosa azzardi?
“L’idea è di continuare con lo stesso stile anche con l’altro locale, La Zanzara, nella zona Prati, della buona borghesia, degli studi professionali che mima come l’insetto il fastidio della sovversione. La Zanzara ha la voglia di scherzare con la tradizione, di offrire cicchetti gourmet, fuori dalla tradizione tipicamente romana un po’ ingessata dei locali del quartiere. Nell’aria c’è anche l’idea di un nuoco spazio all’aperto ma troppo presto per parlarne”.
a cura di Ilaria Guidantoni