A cura di Ilaria Guidantoni
Il viaggio nella musica italiana si conclude per lasciare i lettori all’estate, quando la voglia di ascoltare la musica, di cantare e ballare, prenderà il sopravvento. La settima puntata nel segno della gioia che la musica esprime è insieme ad Andrea Dessì, chitarrista, compositore e arrangiatore, bolognese, classe 1975, che ci invita a “Continuare a cercare la bellezza”. Arrivederci a settembre.
Mi perdido amore di Dessì con Mietta e Massimo Tagliata, dal 12 luglio sui Digital Store e in digital download su etichetta PMS Studio, ci lancia nell’anima di questo cantautore e compositore che ama le contaminazioni e ha scelto il jazz come punto di contatto tra il mondo della musica classica e il pop, in un percorso di ricerca dove protagonista è soprattutto la musica. Ci sembrava il brano giusto per chiudere, con un grande auspicio, il tempo del confinamento e dell’incertezza, nel segno della vita e dell’incontro. E’ un incontro nel senso forte essendo la musica di Dessì, unione e intreccio di suggestioni diverse, per generi musicali e testi, lingue, culture di ispirazioni. Uno dei primi a unire il tango e il flamenco al jazz, già dal 2006, quando era meno di moda e più ricerca questa sperimentazione. Lo abbiamo raggiunto al telefono.
Com’è quest’estate?
Strana ma anche fortunata, almeno per me. Ho molto materiale pronto da pubblicare con una serie di progetti che sto mettendo in cantiere. Di solito sono in ritardo ma il confinamento mi ha dato la possibilità di lavorare sodo e spero che il singolo appena uscito entri a far parte di una raccolta frutto di collaborazioni tra le quali quella con Fabrizio Bosso, Sherrita Duran, Massimo Tagliata e altre partecipazioni di rilievo, che mi auguro veda la luce nel 2021.
Ci anticipi qualcosa, almeno il senso di questo lavoro di dialogo?
E’ un progetto ambizioso e non mi sento ancora di svelare nulla anche perché appunto sono coinvolte molte persone, senonché, è sì un lavoro faticoso ma molto stimolante proprio per il dialogo musicale.
Senza anticiparci troppo qual è l’idea di un dialogo a più voci?
Suonare da soli è bello ma la musica ha bisogno del gruppo e io mi rifaccio essenzialmente all’interplay jazz, al colloquio musicale che ci restituisce la freschezza estemporanea. L’orchestra classica, pur avendo personalmente anche un’anima e una formazione classica, procede con un montaggio complesso ma predefinito, dove il jazz smonta lo schema per rimontarlo in modo diverso ed è questo il lato affascinante.
Perché non il pop allora per una musica ‘polifonica’?
Perché ad oggi manca una direzione chiara. Forse la musica cosiddetta leggera dovrebbe seguire meno l’aspetto commerciale”. Purtroppo c’è sempre meno musica, soprattutto per chi è un musicista prima di essere un cantautore.
La tua formazione è variegata. Qual è il tuo percorso?
Ho cominciato a studiare al conservatorio per poi lasciarlo e diplomarmi all’Accademia della Compagnia del Cigno del Teatro Regio di Parma, entrando subito nell’alta formazione quindi con un gruppo di musicisti di Bologna nel 2004 ho acceduto al Biennio di secondo livello Alta Formazione del Conservatorio “Antonio Buzzola” di Adria per la chitarra jazz e ho unito la mia formazione classica al jazz, annoverando varie esperienze nel pop. Poi ho studiato con alcuni dei più grandi maestri contemporanei dello strumento, come Pat Metheny, Jim Hall, Sergio Assad, David Russell e Eduardo Fernandez. Ho collaborato con musicisti come Biagio Antonacci per il quale ho scritto Non vivo più senza te mentre per Mietta ho scritto Semplice con il testo di mio fratello Michele, scrittore, un tango-jazz. Altra collaborazione importante con il fisarmonicista istrionico Massimo Tagliata con il quale ho realizzato le sperimentazioni musicali più importanti, a nome Marea.
Ci racconti qualcosa del tuo nuovo brano, dall’anima calda e molto coinvolgente che sembra un inno all’estate come forse la vorremmo?
Questo brano è una reazione forte ad un momento difficile e si presenta un brano di pop latino con una connotazione classica, al di là dell’apparenza ammiccante, orecchiabile. Scritto con forti influenze spagnole, di base è una rumba, tipica danza flamenco. Il sound generale è stato arricchito con suoni vicini alla latin music e al latin jazz grazie all’arrangiamento del polistrumentista Massimo Tagliata, arrangiatore jazz. In generale vi è una commistione vera e propria fra suoni acustici, elettrici ed elettronici. Il testo in spagnolo è stato scritto ancora una volta da mio fratello, ed evoca i grandi chitarristi flamenco del passato, come Paco De Lucia musicista flamenco che ha intriso di jazz la mia musica. Mi perdido amore, è un incontro tra testo, musica e voce di tre persone. Mietta dà ancora una volta conferma di grande vocalità ed espressività, confermandosi una delle migliori voci italiane, potendo spaziare in vari generi, dal pop al jazz, e si dimostra a suo agio nel cantare in spagnolo. Questo brano mette insieme le tendenze musicali avvicinate nel corso della mia carriera, inizialmente il blues e il rock, quindi la scoperta della chitarra classica e poi la scelta del jazz per la sua capacità di contaminazione che è propria del DNA di questa musica.
Hai altri progetti in cantiere?
In settembre dovrebbe partire un progetto con connotazione ambientale con il WWF di Bologna che nasce con la scuola a indirizzo musicale dove insegno. E’ stato realizzato un testo, suonato dall’orchestra della scuola, profeticamente attuale dato che parla della terra malata. L’obiettivo è divulgarlo nelle scuole, tradurlo in inglese e portarlo avanti nei prossimi 3-5 anni.
Mi perdido amor
Musica: Andrea Dessì, Massimo Tagliata, Mietta
Testo: Michele Dessì, Mietta
Produttore: Raffaele Montanari (PMS Studio)
Co-produttori: Andrea Dessì – Massimo Tagliata
Edizioni Musicali: Quellicomenoi
Regista Video: Marco Lui
Label: PMS Studio
Artwork: Erika Comandini (PMS Studio)
Ufficio Stampa: Ugo Stomeo (Hit Non Hit Press)