Un inno a Venezia attraverso la proiezione di un filmato con alcune tra le più belle foto in bianco e nero e a colori del celebre fotografo Fulvio Roiter. (Qui sopra 53. Venezia. Foto di Fulvio Roiter. Copyright Fondazione Fulvio Roiter)
Come un Redentore in una città flagellata che ritorna nell’immagini di questo artista nella sua luce attraverso il dialogo armonico tra acqua e terra.
Un omaggio al grande fotografo veneziano Fulvio Roiter, evento in collaborazione con Le Macchine Effimere – sabato 25 luglio – all’Arena Giardini della Biennale di Venezia, in collaborazione con la Fondazione Fulvio Roiter e il Comune di Venezia, prima della proiezione di Fat City (Città amara, 1971) di John Huston in occasione della rassegna di film classici restaurati intitolata Classici fuori Mostra.
La Fondazione Fulvio Roiter, ha scelto la proiezione di un filmato con alcune tra le più belle foto in bianco e nero e a colori del celebre fotografo, un vero e proprio inno alla amatissima città lagunare, per rendere omaggio a Fulvio Roiter mostrando Venezia in tutto il suo incanto mediante l’occhio penetrante del fotografo scomparso quattro anni fa.
Abbiamo raggiunto al telefono la figlia Jessica Roiter, Presidente Fondazione Fulvio Roiter, che oggi vive a Roma, rientrata in Italia che le mancava molto, dopo anni vissuti in Africa quindi in Francia a Nizza, che poi ha scelto Roma, che le era rimasta nel cuore. Rientrata da Venezia ci ha detto, “Non è stato un successo ma un verso trionfo e ho sentito l’affetto di Venezia alla quale ho dedicato questo evento come augurio a una sua rinascita. Il filmato ha emozionato anche per la colonna sonora dei Pink Floyd legati a questa città per il grande concerto il 15 luglio del 1989, un concerto per l’Europa, in mezzo alla laguna nel bacino di San Marco”.
Come e da chi è nata l’idea di questo evento?
“Dopo la sua scomparsa, la nostra famiglia ha ereditato migliaia di scatti fotografici, la maggior parte dei quali inediti ed è questo il motivo che ho deciso di istituire una Fondazione che presiedo. La Fondazione ha infatti il compito di diffondere e promuovere le opere che raccontano una vita dedicata alla fotografia, nonché di far riscoprire le opere di Roiter e i suoi inediti. A me è venuta la voglia di raccontare la sua Venezia che ha realizzato il mio compagno, Paolo Zanetti e che mi ha emozionata. Io sono cresciuta in mezzo alle foto di papà e quello che aveva di straordinario è che vedeva qualcosa che neppure io accompagnandolo nei viaggi potevo cogliere, come in occasione del Giubileo del 2000 a Roma in piazza San Pietro. Ho colto degli angoli che non avevo visto attraverso il mio occhio”
Cosa raccontano le immagini di suo padre? Che volto ha la Venezia vista dai suoi occhi?
“E’ una Venezia dell’armonia perfetta tra terra e acqua, una città del quotidiano colta dal suo lato bello. Il filmato mostra la storia di Venezia dagli anni Cinquanta ad oggi con una prima parte di scatti in bianco e nero che evidenziano come i turisti ci siano sempre stati, riempiendola, senza invaderla come adesso. E poi c’è la Venezia della quotidianità che ha fatto dell’acqua un mestiere con i gondolieri, i trasportatori; e ancora la città delle feste così connaturate a Venezia come il Redentore, la Regata storica e il Carnevale.”
Com’è nata la sua passione per l’immagine?
“Penso da un regalo ricevuto da bambino, una macchina fotografica. E’ stata l’occasione per scoprire un talento innato. Sarebbe dovuto essere un perito chimico ma prese la sua bicicletta e cominciò a girare l’Italia fotografandola, dalla Sicilia, all’Umbria, finché nel 1954 ha vinto, uno dei pochi italiani, il Premio Nadar. E’ stato un maestro del bianco e nero e poi si è avvicinato al colore. Singolare la sua capacità percettiva. Le racconto un episodio che illustra bene lo spirito di mio padre. Era in contatto con una grande casa editrice per un libro su Venezia ma quando video il menabò si accorse che la maggior parte dei suoi scatti erano in orizzontale e quindi pensò di girare il libro, come un album. L’accordo non ci fu e se ne andò. Un anno dopo la ricerca di una casa editrice che accogliesse la sua proposta, nel 1977, uscì Essere Venezia, uno dei libri fotografici più venduti al mondo con una piccola casa editrice friulana, la Magnus, che si presentava come una scatola di cioccolatini dal bordo bianco, con un gusto molto in anticipo sui tempi.”
C’era la volontà di un messaggio o solo di registrare delle emozioni nei suoi scatti?
“Mio padre era solito dire ‘sono un fotografo del bello’ perché è facile diventare noti fotografando la guerra, la malattia e il dolore. Mio padre era attratto dall’armonia della quale sapeva cogliere l’angolo giusto perché era un fotografo non faceva fotografie, con la sola voglia di trasmettere emozioni, l’emozione della vita per cui le foto di mio padre suscitano sinestesie: sembra di sentire il calore o il freddo, l’umidità della laguna, i suoi profumi bagnati, perfino le voci garrule del Carnevale o sussurrate.”
Se dovesse immaginare suo padre oggi, cosa penserebbe del destino della fotografia?
“Il cambiamento della fotografia lo aveva già conosciuto negli ultimi anni quando era diventato troppo facile fare foto, si poteva cedere all’improvvisazione, senza costi economici né di tempo; scattare e vedere immediatamente il risultato”. Troppo facile appunto per chi aveva vissuto della fotografia per la fotografia.
Il Sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, in occasione dell’evento ha ricordato le parole di Roiter: “Dicono che l’abitudine distrugga l’occhio – diceva – vivi in un luogo e finisci con il non vederlo più. Può darsi, ma non vale per me: mi salva l’emozione”.
Chi è Fulvio Roiter
Nato a Meolo (VE) nel 1926, Roiter si diploma come perito chimico, ma dal 1947 si dedica alla fotografia che diviene la sua attività professionale dal 1953. Nel 1949 aderisce al circolo fotografico La Gondola di Venezia, fondato dall’amico Paolo Monti. Nel 1953 parte per la Sicilia nel suo primo viaggio fotografico, il primo di molti in tutto il mondo. Dopo avere realizzato numerosi reportage per alcune riviste, pubblica nel 1954 il suo primo libro fotografico, il volume in bianco e nero Venise à fleur d’eau. Nel 1956 Roiter vince il premio internazionale francese Nadar con il libro di sole foto bianco e nero Umbria. Terra di San Francesco. Proveniente dalla scuola della fotografia neorealista, Roiter sviluppa e raffina la “forza narrativa e l’occhio poetico” con le sue foto in bianco e nero inventando un formato fino ad allora inusuale, quello rettangolare, in cui colloca personaggi ed oggetti della vita di ogni giorno in un contesto dove vengono rigorosamente privilegiate “le forme della composizione”. Un metodo per il bianco nero quello di Roiter, dove “l’essenzialità e il rigore del bianco nero prevaleva sul trionfo del colore”, questa è infatti la motivazione della giuria che fa vincere al fotografo veneziano il premio Nadar. La sua consacrazione sulla scena internazionale l’ottiene con gli scatti sulla sua Venezia da cui trae il libro Essere Venezia del 1977, stampato in quattro lingue con una tiratura di circa un milione di copie, un best seller unico per l’editoria fotografica. Negli anni Settanta, sull’onda del successo ottenuto, abbandona la fotografia in bianco e nero per dedicarsi al colore, modificando anche radicalmente il suo stile e i soggetti delle sue ricerche.
Durante la sua carriera, Roiter pubblica circa un centinaio di volumi di fotografie compiendo numerosi viaggi in ogni parte del mondo. Muore il 18 aprile 2016 a Venezia.
a cura di Ilaria Guidantoni