Domenica scorsa, sotto l’ombrellone accanto, sono stato colpito da un vecchio. Intorno a me, un gran scricchiolare di voci mi turbinava nei pensieri assenti per ricondurli alla spiaggia assolata e bruciacchiarli, insieme ai miei nervi. Gli stabilimenti balneari sono carnevali grotteschi con il paradosso della nudità, non a caso si dice costume il travestimento e l’indumento per l’acqua, un paradosso tutt’altro che casuale, probabilmente neppure paradossale, come se contraddicesse la sua stessa natura semantica. A volte, neppure le ovvietà sono così ovvie. E che vuoi farci? L’uomo è un ossimoro ossessionato dalla coerenza. È una cosa che neppure capisco, dal momento che la realtà ribolle nel magma della contraddizione. Un filosofo, una volta, diceva che tutto ciò che è reale è razionale e viceversa: ma insomma, dico io, non credete che sia tutta una tautologia, la vita? Ma tu lo sai, Teresa, cos’è? Spesso ti parlo con parole d’adulto e tu neppure conosci le fondamenta della lingua che parlerai. Scusami. Il senso di tutto è, più o meno, una cosa del genere: cos’è un albero? Per esempio. La tautologia risponde che un albero è un albero. E grazie, mi diresti, ma è così, ti direi. Cos’altro è, infatti? Potrei contraddire ogni tua risposta. Ed ecco l’altro senso delle cose, la contraddizione appunto, la convivenza d’opposti che si risolve in ossimoro: un albero è un’ombra che rinfresca, una verdura che appaga, un respiro fulgido e pacificatore; oppure? Non è forse, ed anche, la forza crudele che irrompe dalle viscere, l’emergere di forze oscure che si radicano nel tempio dell’uomo, dirompendo con le loro radici, sconquassando le pavimentazioni che calpestiamo, non è forse anche questo un albero, padre d’ossigeno e generatore asfissiante, argine di frane e divaricatore di zolle, di terra, di rocce? E cos’è la natura, nel grande mondo della realtà, se non l’emblema tautologico di se stessa, della sua contraddizione ossimorica? Dovevo parlarti del vecchio, hai ragione. Ma per me è come se un oltre insistente trascendesse il di qua, e mi ci perdo sempre trascurando ciò che ho davanti. Un anziano che dipinge, per esempio. Ma te ne parlerò un’altra volta, perché ormai è tardi e forse ho travisato un interesse, amplificandolo negli occhi sperduti di uomo che scavavano un blocco d’acquerelli e che forse non erano altro che un ulteriore inganno della speranza. Sbaglio sempre, Teresa, e il mio errore è figlio dell’aspettativa. Perché la realtà, figlia mia, ha anche la caratteristica di cedere e cadere alla prova con se stessa.
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Bernardo Giusti, nato a Firenze nel 1990, giovane speranza tra i romanzieri italiani ha pubblicato recentemente “Bivium” Edizioni Masso delle Fate. Teresa non è ancora nata e Bernardo Giusti ha scelto Bebeez per condividere l’attesa.