Authentic Brands Group (società che possiede un portafoglio di oltre 50 marchi nei settori media, intrattenimento e moda) e Sparc, partecipata da Authentic Brands e da Simon Property Group (il più grande gestore di mall negli Usa), con un’offerta di 325 milioni di dollari, hanno vinto l’asta per Brooks Brothers, lo storico marchio di abbigliamento maschile che lo scorso 8 luglio ha depositato presso il tribunale del Delaware domanda per ammissione alla procedura di Chapter 11 negli Usa. Lo scorso 14 agosto il tribunale fallimentare Usa ha infatti approvato l’offerta (si veda qui il comunicato stampa). Il closing è atteso entro fine mese.
L‘interesse di Authentic Brands Group e Simon Property Group per Brooks Brothers era già trapelato a inizio luglio e successivamente Sparc aveva depositato una prima offerta da 305 milioni di dollari (si veda altro articolo di BeBeez). A inizio agosto Sparc aveva alzato l’offerta appunto a 325 milioni (si veda qui il comunicato stampa)
Nel dettaglio, l’accordo prevede cheABG acquisti la proprietà intellettuale del brand e che Sparc acquisiti la gestione operativa, mantenendo operativi almeno 125 negozi Brooks Brothers. Oltre a Brooks Brothers, la piattaforma di Sparc oggi include anche Lucky Brand, Nautica e Aéropostale. I soci di Sparc a loro volta possiedono anche il 75% di Forever 21 e il controllo di Volcom. Tutti questi marchi insieme generano ricavi annuali per circa 7 milliardi di dollari.
In corsa per Brooks Brothers c’era anche
Prossimo a presentare un’offerta ci sarebbe anche WHP Global, una società specializzata nell’investimento gestione di marchi consumer, che fa capo a Oaktree Capital Management. WHP Global, infatti, già prima della presentazione della domanda di Chapter 11 aveva siglato un accordo con Brooks Brothers per offrire una linea da 75 milioni di dollari nella forma di debtor-in-possession (DIP) financing facility, soggetto all’approvazione del tribunale. Questi capitali, insieme al cash flow dell’attività, avrebbero fornito la liquidità necessaria per supportare l’azienda durante il processo di vendita (si veda qui il comunicato stampa di Brooks Brothers). Nei giorni successivi, però, anche Authentic Brands Group e Simon Property avevano a loro volta offerto una linea DIP da 80 milioni di dollari, senza interessi e senza commissioni. Quindi tra le due cordate era battaglia aperta.
Un’altra offerta si dice fosse arrivata dal private equity Solitaire Partners, guidato da David Jackson, ex ceo di Istithmar World, il gruppo di Dubai che tra il 2007 e il 2012 ha controllato la nota catena di department stores Barneys; e in corsa c’era pure una cordata italiana, promossa e coordinata da Luciano Donatelli, imprenditore biellese (si veda altro articolo di BeBeez), oggi impegnato nel progetto di una cittadella green a Biella e che in passato aveva tentato di arilevare Malo nell’asta organizzata dl tribunale di Firenze (si veda qui WWD), poi vinta da una cordata di altri tre imprenditori (si veda altro articolo di BeBeez). Nel club Deal c’era anche Giglio Group, quotata al segmento Star di Borsa Italiana, un importante gruppo comasco del tessile, l’avvocato torinese Lorenza Morello che rappresenta un gruppo cinese della calzatura, Brando Crespi per alcuni fondi di investimento Usa e lo studio legale Dentons di New York in qualità di advisor..
Brooks Brothers è stata fondata da Henry Sands Brooks a Manhattan nell’aprile 1818. Nel 1988 è stata rilevata dall’inglese Marks & Spencer, che nel 2001 l’ha ceduta a Retail Brand Alliance (RBA, che ha cambiato nome in The Brooks Brothers Group), veicolo di Claudio Del Vecchio, attuale ad e figlio di Leonardo, patron di Luxottica. Brooks Brothers era in situazione critica e alla ricerca di un nuovo socio da tempo, cui si sono aggiunte le ripercussioni del coronavirus (si veda altro articolo di BeBeez). Il tentativo di vendita di Brooks Brothers era iniziato l’anno scorso, quando era stato dato mandato alla banca d’investimento newyorkese PJ Solomon di sondare alcune opzioni. Claudio Del Vecchio in un’intervista al New York Times lo scorso giugno aveva detto che le offerte ricevute sino a prima della pandemia non lo avevano soddisfatto. Si parlava di 300-350 milioni di dollari. Del Vecchio ha detto che i ricavi sono rimasti fermi attorno a un miliardo di euro tra il 2017 e il 2019 e la società è gravata da un debito inferiore ai 300 milioni. A fine aprile 2020, però, Bloomberg aveva riferito che il debito complessivo era di 600 milioni di dollari.