Il coronavirus ha portato a un crollo del 62% delle aste immobiliari in Italia solo nel primo semestre 2020. Lo rileva Reviva, la prima azienda specializzata nella vivacizzazione delle aste, impiegando un metodo che unisce intelligenza artificiale e marketing esperienziale per aumentare il numero di immobili venduti in asta (si veda qui il comunicato stampa). Nel dettaglio, le aste sono state 49.781: un dato che risulta più che dimezzato se lo si confronta con quello dello stesso semestre del 2019 che indicava 130.980 aste battute. Per quanto riguarda gli immobili, nel 2020 sono stati 48.191, contro i 105.933 del primo semestre del 2019 (-54%). In ultimo, per quanto riguarda il valore degli immobili posti in asta, è stato di 5,7 miliardi nel 2020 contro i 12,2 miliardi segnati nel 2019. Il valore complessivo degli immobili che non sono riusciti ad andare in asta a causa del lockdown si attesta tra i 6 e gli 8 miliardi.
Il dato è in linea con i risultati dell’analisi dell’ultimo Studio dei tempi delle esecuzioni italiane pubblicato nei giorni scorsi dall’Osservatorio T6, il Tavolo di studio sulle esecuzioni italiane, secondo il quale il blocco dell’attività dei tribunali nel solo periodo di lockdown ha fatto rinviare 30.815 aste immobiliari per un controvalore di 3,7 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez).
Giulio Licenza, chief business development officer e cofondatore di Reviva, ha commentato: “È importante sottolineare come fino ai primi giorni di marzo 2020 era stato registrato un incremento del 15% del numero delle aste pubblicate dai tribunali rispetto allo stesso periodo del 2019. Si tratta di un segnale che poteva far sperare in un aumento del numero complessivo delle aste per il 2020 fino al 15% che avrebbero potuto arrivare a toccare quota 150 mila. Si può quindi affermare che a oggi sono state perse in Italia dalle 80 mila alle 100 mila aste”. Ciononostante, Licenza è ottimista sul futuro: “Sono convinto che da ottobre inizieremo a vedere dei volumi di vendite fissate che si riavvicinano alla normalità, ma un ruolo importante lo giocheranno soprattutto le aziende del real estate. Il mercato immobiliare è ancora attivo, anche se per veder gli effetti del lockdown dovremo attendere ancora qualche mese. Lo scorso anno sono state quasi 600 mila le compravendite residenziali, contro circa le 60.000 aggiudicazioni di immobili all’asta. Parliamo quindi del 10% delle compravendite annuali. L’obiettivo è spostare l’interesse di una parte del mercato immobiliare verso le aste, anche una piccola percentuale avrebbe un impatto forte, ma per farlo sono necessarie specializzazione e forti competenze di comunicazione e marketing”.
Lo Scenario Aste Immobiliari 2019, redatto da Reviva con il patrocinio dell’Osservatorio T6 e pubblicato a inizio giugno, aveva calcolato che il patrimonio immobiliare italiano all’asta si è svalutato nel 2019 di 3,4 miliardi di euro, a fronte di un valore complessivo di 18 miliardi di euro (si vedano qui il comunicato stampa e qui lo studio completo). Con i suoi 7.327 lotti è stata Roma la provincia con il maggior numero di immobili all’asta, seguita da Milano con 6.746 e infine Bergamo con 5.081 lotti. Risulta invece essere Oristano la provincia con il minor numero di immobili all’asta, con solo 166 lotti. Dall’analisi, inoltre, emergono profonde differenze di prezzo tra i lotti del nord Italia rispetto a quelli del sud. Ad esempio, mediamente i lotti in vendita ad un prezzo più alto sono gli immobili non residenziali in Friuli Venezia Giulia, dove l’offerta minima media è di 526.813 euro mentre quelli a un prezzo più basso sono i terreni in Basilicata, per i quali l’offerta minima media è di 35.915 euro. Sempre nel 2019 è stata di 100,10 euro l’asta con il prezzo più basso e che ha avuto come oggetto di vendita una quota di terreno in provincia di Palermo mentre, al contrario, l’asta con il prezzo più alto, che ammontava a 42,29 milioni, ha riguardato un albergo a Roma