Dall’11 settembre all’11 ottobre 2020, nell’ambito del palinsesto culturale 2020 “I talenti delle Donne” del Comune di Milano, il MUDEC ospita, nella sala Khaled Al-Asaad, Andando via. Omaggio a Grazia Deledda, la prima opera corale d’Arte Tessile mai realizzata in Sardegna abbinandola all’arte contemporanea, con il coinvolgimento di 22 tessitrici. L’intuizione è di Giuditta Siereus, da un’opera può nascere un’altra. Il punto di partenza è stata l’ultima opera di Maria Lai, artista sarda morta nel 2013, con un’installazione di landing art, una geografia astrale in ferro battuto. Il Mudec conferma la sua grande originalità nell’approccio all’arte e nell’allestimento con un video – del regista Francesco Casu, che per lungo tempo ha lavorato a stretto contatto con l’artista – che accoglie il visitatore di grande interesse e le immagini delle 22 donne artigiane artiste che hanno realizzato i tappeti che riproducono le opere della Lai, ognuna con un timbro unico, la lavorazione tipica del proprio villaggio. Al centro dell’iniziativa l’arte antica della tessitura in una dimensione contemporanea nuova, frutto della ricerca di Maria Lai che guardando al premio Nobel della letteratura nel 1926, unico nel suo genere, assegnato a una donna, nata in Sardegna nell’ultima parte dell’Ottocento, ribelle nell’interiorità. Nella scrittrice l’artista vede una tessitrice di parole e d’altronde il linguaggio narrativo attinge a piene mani da quello della tessitura. Il percorso della Lai inizia dalla mitologia sarda e ha nel cielo il punto di partenza, un dio distratto e la donna che tesse a casa lasciando agli uomini il lavoro pesante. Le stesse fate sono legate al filo e le tessitrici sono le eredi della cultura geometrica delle api. Come racconta in un’intervista Maria Lai, la tessitura è sinonimo di pazienza e creatività, quest’ultima coltivata attraverso il senso del mistero e del ritmo. Ora la creatività femminile contagia il maschile prima con il disegno, che diventa segno, quindi scrittura e infine memoria. Il punto di arrivo è rappresentato dal poeta, concentrato di uomo, donna e divinità, concreto come un sasso ma anche polvere di stelle. L’interesse dell’artista per il mondo del telaio appare fin dagli esordi della sua attività ed esprime una vera e proprio metafora: l’ordine e ritmo dei pieni e vuoti ad un tempo, a ben vedere la metafora della vita umana. Il tema della tessitura, confessa l’artista, lo ha ereditato dal suo Maestro, lo scultore Arturo Martini, che l’ha introdotta all’idea che le donne preparano l’ordito mentre il vero tessitore è l’uomo ed è su questo secondo aspetto che Maria lavora, convinta che la donna sia più adatta a tessere proprio per la pazienza. Aspetto interessante artisticamente del telaio, messo ben in luce dalla Lai è la musica, quella del telaio percepita con lo sguardo che vede un disegno tracciato come una partitura. La mostra è sostenuta dalla Regione Autonoma della Sardegna, da ventitré Comuni sardi e da numerosi partner pubblici e privati e nasce con l’intento di valorizzare e promuovere l’ultima opera d’arte pubblica di Maria Lai, realizzata nel 2011 non lontano dalla chiesa della Solitudine a Nuoro, dove le spoglie della scrittrice premio Nobel sua conterranea sono custodite. L’opera si compone di undici piloni in cemento armato su cui si stagliano le figure dei personaggi femminili nati dalla sensibilità di Grazia Deledda, e di un portale cubico sormontato da una suggestiva geografia astrale, come accennato. Le figure sono quelle dei romanzi della Deledda e una presenza importante è rappresentata dalle caprette, perché l’artista si sentiva come una capretta di montagna, che sfida i luoghi impervii. L’opera Andando via è attualmente inamovibile, ma attraverso la trasposizione su tessuto, potrà viaggiare in tutto il mondo, salvaguardando e trasmettendo la poetica di Maria Lai e un’arte tipicamente sarda. Partendo infatti dai disegni originali realizzati per il monumento, su concessione dei diritti dall’Archivio Maria Lai e sulla base degli studi della designer Paulina Herrera Letelier, le tessitrici di Sardegna hanno riprodotto come opera tessile le facciate degli undici pilastri che compongono il monumento. Ogni arazzo è un pezzo unico tessuto a mano e realizzato con i materiali, gli stili e le tecniche del territorio di provenienza.
Una pièce – scritta dalla critica letteraria Neria De Giovanni e andata in scena per la prima volta il 22 agosto scorso a Galtellì, il paese protagonista del famoso romanzo della Deledda Canne al vento – in cui i personaggi femminili nati dalla penna del premio Nobel e omaggiati da Maria Lai prendono vita dagli arazzi e si raccontano agli astanti in una confessione intima e poetica.
Uno sguardo a Maria Lai
Maria Lai (Ulassai, 27 settembre 1919 – Cardedu, 16 aprile 2013) è stata un’artista italiana. Il Museo d’Arte Contemporanea Stazione dell’arte di Ulassai ha la più grande collezione pubblica di opere dell’artista. Con Legarsi alla montagna la Lai realizzò la prima opera di Arte relazionale a livello internazionale. E’ originaria della regione barbaricina dell’Ogliastra, seconda di cinque tra figli e figlie, zia del fotografo Virgilio Lai e della scrittrice Maria Pia Lai Guaita. La famiglia Lai, oltre ad avere Maria come artista di fama, ha dato i natali a Giuliana, sua sorella talentuosa scrittrice. Giovanni, il fratello maggiore di Maria, è stato invece un importante medico imprenditore, colui che fondò nel 1952 la Clinica Medica “Ospedale Tommasini” di Jerzu. Alberto Cannas, suo cugino, fu il Presidente del Museo Fondazione Stazione dell’arte. Durante l’infanzia è di salute piuttosto cagionevole, così nei mesi invernali salta completamente le scuole materne ed elementari; in completo isolamento inizia a scoprire e cogliere in sé l’attitudine per il disegno. La sua vita è costellata da una serie di tragedie come il suicidio dello zio che avendo sparato a un vicino crede di averlo ucciso; la morte di Cornelia, la sorellina minore. Posando come modella da Francesco Ciusa, vede per la prima volta la bottega dell’artista e l’atmosfera del mondo dell’arte rimanendone profondamente colpita e affascinata. La famiglia decide di iscriverla alle scuole secondarie a Cagliari, dove ha la fortuna di conoscere il suo maestro d’italiano Salvatore Cambosu, scrittore di grande sensibilità che comprende le difficoltà della bambina nell’inserimento scolastico e per primo scopre la sua sensibilità artistica.
Nel 1939, “se pur con tante difficoltà”, decide di continuare astudiare,, iscrivendosi al Liceo Artistico di Roma, dove conosce maestri di scultura come Angelo Prini e Marino Mazzacurati, che vedono subito in lei un segno maturo e molto maschile, estremamente essenziale e rapido. Completati gli studi al liceo, partirà alla volta di Verona e, appena dopo, di Venezia, poiché la seconda guerra mondiale impedisce il suo ritorno in Sardegna. A Venezia senza aiuto finanziario alcuno da parte della famiglia, s’iscrive all’Accademia di Belle Arti, dove frequenta un corso di scultura tenuto dall’artista Arturo Martini e da Alberto Viani. Nel 1945 decide di tornare in Sardegna in modo rocambolesco dove resterà fino al 1954; nel frattempo riprende l’amicizia con Salvatore Cambosu e insegna disegno presso scuole elementari della città e di alcuni paesi. Ritorna a Roma nel 1954, portando con sé un bagaglio di profonda tristezza. Nel 1957, presso la galleria L’Obelisco di Irene Brin, terrà la sua prima personale con i disegni a matita dal 1941 al 1954; potrà nel frattempo aprire un piccolo studio d’arte. Sembra andare tutto per il meglio ma per dieci anni si ritirerà in preda ad una crisi poetica, avvicinandosi al mondo della letteratura. Per tutti gli anni Sessanta, infatti, coltiva un rapporto di amicizia e di collaborazione con lo scrittore Giuseppe Dessì, dirimpettaio di casa sua a Roma. Con lui riscopre il senso del mito e delle leggende della sua terra, trae profonda ispirazione dai suoi libri, capisce ancora di più quanto sia importante e privilegiata la sua origine sarda. In questo silenzio romano, osserva le correnti emergenti contemporanee, come l’Arte Povera e l’Informale, e di li a poco comprende quanto fossero importanti le lezioni di Martini (inizialmente vissute come un completo fallimento), le parole di Cambosu, le tradizioni, i miti e le leggende della sua terra natia. Il 1971 è per lei un anno triste e al contempo estremamente fecondo di attività: muore l’unico fratello rimasto mentre a livello artistico, presso la Galleria Schneider di Roma, espone i primi Telai, un ciclo che caratterizza tutti i dieci anni successivi. Nel 1977 conosce la storica dell’arte Mirella Bentivoglio la quale l’anno successivo permetterà a Maria di sbarcare alla Biennale di Venezia. Gli anni Ottanta del XX secolo, sono caratterizzati dal ciclo delle Geografie e dei Libri cuciti. Iniziano a chiederle delle collaborazioni per delle copertine ma soprattutto iniziano le prime operazioni sul territorio. A Roma stringe amicizia con Bruno Munari e a New York con Costantino Nivola. In questi anni spesso realizza anche installazioni effimere e opere in altre città, non solo in Sardegna. Negli anni Novanta le sue opere appaiono come una reinterpretazione del suo percorso complessivo e i vari cicli si assemblano armonicamente l’uno con l’altro; la velocità inattesa dei segni-disegni si fonde con i grovigli di fili e di corde di telaio e di Geografie. In questo contesto storico il suo lavoro sarà molto apprezzato anche a livello internazionale, a questi anni risale l’amicizia con lo stilista Antonio Marras e le cantanti Marisa Sannia e Elena Ledda. Negli ultimi anni ha vissuto e lavorato nella casa di campagna vicino al paese di Cardedu; a Ulassai, invece, l’8 luglio del 2006 ha inaugurato il Museo di Arte Contemporanea Stazione dell’arte, che raccoglie una parte considerevole (circa 140 pezzi) delle sue opere, dopo il successo del museo, le sue opere sono entrate nelle Istituzioni più importanti, quali Palazzo Grassi di Venezia con la mostra “Italic” a cura di Francesco Bonami, a Palazzo Mirto e a Villa Borghese di Roma. Dopo le recenti esposizioni negli Stati Uniti e in altre prestigiose manifestazioni europee, Maria Lai è riconosciuta come una tra gli artisti più significativi della Sardegna.
a cura di Ilaria Guidantoni