La tradizione sartoriale napoletana, protagonista quando si parla di abbigliamento maschile, ha scelto di puntare sull’artigianalità di qualità con la Kiton azienda fondata nel 1956 quando dall’attività di vendita dei tessuti è stata creata una piccola sartoria mettendo insieme alcuni dei clienti e crescendo con questo spirito. Accanto alla tradizione la ricerca del bello prima di tutto. Così nelle sedi aziendali sono allestite collezioni d’arte, frutto del reinvestimento di una parte degli utili dei soci, cinque cugini, perché la bellezza possa essere fruita da tutti i dipendenti e clienti.
Siamo stati nella sede milanese dove abbiamo incontrato l’amministratore delegato, Antonio De Matteis, nipote del fondatore, Ciro Paone, in occasione della definizione delle prossime collezioni e della chiusura dell’anno.
Milano rappresenta un polo indiscutibile per la moda. Per la Kiton qual è l’investimento su questa città anche in relazione alla nuova congiuntura?
La sede di Milano, acquisita dalla Famiglia Ferrè nell’ottobre 2013 e aperta nel gennaio 2014, è stata fortemente voluta da mio zio ed è il cuore internazionale della nostra attività; continua ad esserlo anche in questo momento in cui siamo chiusi in una bolla per cui al 99 per cento lo show room lavora virtualmente con soluzione non di semplice vetrina quant’anche di visita interattiva e per i buyer che lo desiderano la possibilità di essere ricevuti su appuntamento. L’idea è comunque di mantenere attivo il dialogo con i nostri clienti.
Com’è articolato il gruppo?
La casa madre è ad Arzano, la zona industriale a nord di Napoli e ha quattro siti produttivi, rispettivamente a Caserta dove si realizzano i pantaloni sportivi, a Roma per la giubbotteria, la maglieria è a Fidenza e i tessuti a Biella. In qualche modo abbiamo chiuso il cerchio, tornando ai tessuti anche se l’azienda Kiton ha cominciato dal prodotto finito per poi risalire al tessuto con un prodotto totalmente italiano.”
Cosa racconta la collezione 2021?
L’attività è tutta da decidere perché bisogna vedere cosa succede. Al momento le persone hanno tanto tempo ma non tempo libero, nel senso di un tempo di svago dedicato e ancora non sappiamo molto di quello che accadrà. Di quante occasioni avremo per vestirci. Prendo il caso personale: sono da ventuno giorni a Milano che fino ad un anno fa significava ventuno cene fuori al ristorante mentre questa volta ci siamo organizzati con una cucina interna all’azienda.
Nella collezione nuova cosa vedremo?
Un abbigliamento che mette al primo posto il comfort, con un uomo meno formale, che nel guardaroba avrà più tute, maglieria e snickers, anche con combinazioni insolite rispetto al passato che lasciano lo spazio a pullover e maglie sotto le giacche, che sfumano i confini tra abbigliamento formale e informale.
In tema di colore qual è la proposta?
Il colore risente della situazione di crisi che ha accelerato cambiamenti probabilmente già in atto, portando l’uomo a valorizzare l’abbigliamento del fine settimana per il quale ha una cura quasi come la donna, mentre si sta contraendo l’attenzione e l’investimento per gli abiti da indossare durante la settimana. Nelle tinte abbiamo privilegiato i grigi, i beige, i verdi e alcune nuance terrose nel segno della rassicurazione. Ora non è il momento di rischiare neppure nel gusto e cerchiamo di promuovere una classicità essenziale, moderna, rivisitata, ad esempio con le snickers in cachemire con tinte classiche. Certamente le persone vogliono stare comode nei loro abiti, perché già il disagio è alto e proprio a livello fisico.
Cosa c’è di napoletano nel vostro stile?
Tutto. Un’azienda così poteva nascere solo a Napoli dove la tradizione sartoriale da uomo è consolidata e attualmente abbiamo un laboratorio con 350 sarti, grazie anche alla scuola sartoriale che abbiamo creato.
L’artigianalità si sta perdendo sempre di più anche nella moda e per i giovani sembra più appetibile diventare stilista che sarto. La vostra esperienza sembra contraddire questa tendenza?
Quando abbiamo iniziato con la scuola vent’anni fa era così e abbiamo fatto fatica ma siamo stati lungimiranti nel carpire un’esigenza del mercato e una buona possibilità di impiego professionale. L’età media dei nostri sarti era di 55 anni mentre oggi si aggira fra i 35 e i 37. All’inizio attraverso i circa 200 sarti che erano in azienda con fatica abbiamo reclutato una decina tra figli e amici, con il risultato che dopo tre anni erano tutti assunti. Per capire com’è cambiata la situazione, basti pensare che l’ultimo bando di due anni fa prevedeva come d’abitudine un corso riservato a 20-25 ragazzi sebbene ci siano arrivate 500 richieste. Con grande orgoglio possiamo dire che abbiamo trasmesso l’idea che imparare un mestiere significa avere un futuro.
E’ realmente così?
I numeri sembrano darci ragione. L’80 per cento degli allievi della nostra scuola lavora nella Kiton, e un 20 per cento in altre aziende napoletane più o meno dello stesso livello; alcuni di essi nel tempo hanno dato vita a una sartoria in proprio. L’obiettivo nei prossimi dieci anni è di avere un sarto della nostra scuola per ogni negozio.”
Guardandosi intorno, l’arte sembra una compagna delle vostre giornate.
E’ una tradizione dei soci di reinvestire una parte degli utili aziendali in arte in tutte le sedi perché dato che trascorriamo la maggior parte del nostro tempo nel luogo di lavoro, essere circondati dal bello è importante. Nella sede di Milano si va dal Settecento napoletano, a Mimmo Paladino, con alcune opere di Manlio Giannizzo di cui la Kiton è il più grande collezionista, passando attraverso oggetti di modernariato.
Un filo conduttore lega le sedi anche nelle collezioni moda?
Il gusto Kiton nei diversi luoghi e nessuna collezione disegnata per un mercato è il nostro punto di forza.
Quale prospettiva e quale declinazione ha la linea donna?
In crescita con l’ambizione di arrivare al 50 per cento (ora siamo al 15 per cento quindi ce n’è di strada da fare) e probabilmente anche nel gusto andrà ad equilibrare l’evoluzione maschile in senso contrario: la donna ha acquisito più sicurezza e potere pertanto ha bisogno di un guardaroba più formale, là dove l’uomo si orienta al tempo libero nello stile.
Sempre più gli stilisti puntano sugli accessori, qual è la vostra idea?
Stanno crescendo a cominciare dalla crescita della domanda delle snickers, impensabile fino a pochi anni fa.
Un’azienda saldamente napoletana e familiare, attenta al gusto: l’idea della Borsa è lontana?
E’ una possibilità per un’eventuale apertura del capitale all’esterno. Guardiamo alla quotazione con preferenza rispetto all’entrata di un fondo.
a cura di Ilaria Guidantoni