Esce il 14 febbraio su Prime Video, distribuito da 102 Distribution, il film Amare Amaro, diretto da Julien Paolini e interpretato da Celeste Casciaro, Syrus Shahidi, Tony Sperandeo, Ciro Petrone, Gabriele Arena, Paolo Brancati, Virginia Perroni e Francesco Caltabiano. Sceneggiato dallo stesso regista con Samy Barroun, di produzione franco-italiana, vanta la partecipazione al Taormina FilmFest e la vittoria del Grand Prix come miglior film poliziesco al Festival Polar de Cognac.
Adattamento in chiave western dell’Antigone di Sofocle, ma senza nessuna voglia di citazione – per questo molto intenso, cogliendone lo spirito più profondo, l’aspetto universale – ambientato nella Sicilia di oggi, con meravigliosi scorci di Belmonte Mezzagno, Terrasini, Balestrate, Carini e Cinisi, Amare Amaro è il racconto di uomo solo, contro tutti.
Il film si svolge in un piccolo e tranquillo paesino siciliano, scosso da un episodio di violenza in cui Giosuè, rimane ucciso dopo aver causato a sua volta la morte di altre due persone.
Il fratello Gaetano (Syrus Shahidi) è il fornaio del paese e l’unico della famiglia che va d’accordo con gli abitanti del villaggio nonostante la diffidenza diffusa nei loro confronti, visti come outsider per le loro origini metà siciliane e metà francesi. Pur consapevole delle colpe di cui si è macchiato il fratello, Gaetano ne reclama il corpo per dargli giusta sepoltura, trovando però un muro nelle autorità della comunità, rappresentate dal sindaco e ‘padrone’ del villaggio, Enza (Celeste Casciaro) e dal suo braccio destro, Marcello (Tony Sperandeo), Maresciallo dei Carabinieri. Con l’aiuto della sua fidanzata Anna (Virginia Perroni), Gaetano decide di sfidare l’ordine cittadino per riprendersi il corpo del fratello. Mette a rischio la sua vita scegliendo l’umanità contro la brutalità della vecchia tradizione, quella della paura del cambiamento.
Amare Amaro si concentra su delicate tematiche sociali legate all’attualità e impreziosite dalla vicinanza personale dell’autore. Il regista Julien Paolini parte infatti dall’aspetto autobiografico dell’essere franco-italiano per raccontare il protagonista nella vita familiare, nel rapporto con il vicino, sospettoso e superficiale nei confronti del diverso, in questo caso lo sguardo del sud siciliano verso il nord francese; e, allargando il campo, di riconoscimento della dignità umana: e qui viene maggiormente in ‘aiuto’ la tragedia di Antigone. I vivi possono essere condannati duramente, i morti devono comunque godere della pietà. Oppure no? Dato che sono morti, i vivi hanno maggior diritti, magari anche solo per assicurare la rispettabilità sociale? Chi ha sbagliato in vita ed è morto in qualche modo per causa sua che diritti ha? Un interrogativo molto difficile a cui dare risposta che la famiglia o almeno una parte della famiglia della vittima e le istituzioni dall’altra possono vedere in modo diverso.
La tradizione e le esigenze quotidiane si fronteggiano e sulla morte le divisioni possono essere estreme, come tenere per tre giorni la porta di casa del defunto aperta, anche di notte e chiudere l’unico panificio per lutto. Gli stessi che pretendono che l’attività professionale continui al di là del lutto sono convinti della maledizione e modernità e vecchi riti si intrecciano. E comunque c’è tutta la tristezza di un padre che continua ad amare quel figlio ‘sbagliato’, morto e per il quale nessuno gli fa neppure le condoglianze. Ci sono dolori che non hanno diritti. Lo straniero in ogni caso ne ha meno del cittadino ma a quest’ultimo il primo fa comodo come capro espiatorio.
Gaetano è un personaggio che, nelle intenzioni del suo autore, parla con i fatti, quindi una lingua universale, per far spazio solamente a dei gesti legati all’affermazione legittima della dignità sua e della sua famiglia. I suoi opposti non sono tanto il maresciallo e donna Enza, vicini a lui per profondità ed isolamento sociale, ma sono i volti degli abitanti del paesino, giudici miopi, ma inesorabili, la cui ottusa legge condannerà le vite dei protagonisti. La Sicilia diventa quindi non solo una location geografica, ma il luogo ideale per mettere in scena una storia caratterizzata da queste tematiche e la questione della giustizia che trova sull’isola un terreno di scontro da sempre molto netto, quasi ancestrale tra bene e male. Solo l’amore, quello passionale, oltrepassa ogni confine, butta giù muri e frontiere, ma non sta necessariamente dalla parte giusta.
Le immagini pittoriche sono straordinarie, come le musiche che si alternano con i rumori ‘naturali’, senza l’idea tipica della colonna sonora. Nessuna concessione estetica che aumenta l’intensità del film che presenta nelle inquadrature e nei dialoghi una veste teatrale in un contrasto molto forte con la visione, lo sguardo che si apre d’improvviso, puramente cinematografico. Molto suggestivo l’uso della luce negli interni che si vestono di un’aura vintage. Il sapore antico di una Sicilia fuori dal tempo non potrebbe essere più autentico. I dialoghi intensi, essenziali con un dosaggio molto curato tra parola e immagine. Ben scelti gli interpreti che si sposano perfettamente con i paesaggi lividi, talora inondati di una luce struggente.
A cura di Ilaria Guidantoni