Dal 9 febbraio fino al 25 aprile 2021 il Mudec ospita la mostra archeologica “QhapaqÑan. La grande strada inca”, curata da Carolina Orsini, conservatrice delle raccolte archeologiche ed etnografiche del Museo delle Culture di Milano. La mostra è l’occasione per far conoscere il patrimonio inca proveniente dalla collezione etnografica permanente del museo e per portare all’attenzione del pubblico i lavori di rilievo e scavo nonché le ultime scoperte effettuate dai ricercatori del Mudeclungo il cammino inca del nord ovest dell’Argentina.
Con i suoi 30.000 chilometri di estensione dall’Ecuador fino all’Argentina, il QhapaqÑan o Strada Reale degli Inca è la più grande impresa ingegneristica del continente americano del periodo pre-conquista (XV-XVI sec.).
Una piccola esposizione che apre una finestra su un mondo sepolto che prima dell’arrivo degli Spagnoli aveva costruito una civiltà grandiosa.
Al suo arrivo in Perù nell’anno 1532, il cronista spagnolo Pedro Cieza de León scriveva con grande ammirazione che le strade locali “superavano quelle romane e quella che Annibale fece costruire sulle Alpi”. Si riferiva al grande sistema viario costruito dagli Inca per spostare uomini e merci lungo il loro vasto impero, ai tempi esteso dall’Ecuador al nord del Cile e dell’Argentina.
Oggi, molte strade moderne seguono il suo antico tracciato.
Seguendo idealmente una carovana di lama i visitatori possono conoscere l’ingegneria della grande strada ma anche il suo significato sociale e simbolico.
La mostra, ospitata presso lo spazio Khaled al–Asa’ad MUDEC, che riunisce circa 50 reperti archeologici andini selezionati tra le collezioni preispaniche-amerindiane del Museo, oltre a un ricco apparato esplicativo composto di testi e mappe, si compone di sette sezioni.
La prima introduce brevemente il visitatore al mondo inca: l’epopea di queste genti inizia nel XIII secolo nella valle del Cusco, nel corso di due secoli gli Inca arrivarono a espandere la loro influenza in un’area di un milione di km quadrati popolata da su 10-12 milioni di abitanti grazie a un mix di aggressiva politica espansionistica e fine diplomazia; la seconda approfondisce dal punto di vista geografico la diversità del vasto territorio andino, costituito da fasce ecologiche che vanno dalla costa desertica alle Ande alla foresta di montagna alla grande selva amazzonica. La terza sezione, invece, è dedicata alle civiltà antiche che precedettero cronologicamente l’impero inca, culture complesse che fin dal terzo millennio prima di Cristo furono in grado di costruire enormi agglomerati urbani.
Il percorso quindi continua con le successive sezioni, basate sulla descrizione dei caminos de llanos (di pianura) e dei caminos de sierra, nonché delle molte strutture accessorie, come ad esempio le stazioni di posta (i tambos e chasquiwasi) e i celebri ponti sospesi, indispensabili per superare le gole profonde che caratterizzano il paesaggio andino. Inoltre, viene illustrato il QhapaqÑan come collante di un impero vasto e vario, in cui i collegamenti erano fondamentali per controllare la popolazione, spostare gli eserciti e riscuotere i tributi, che ai tempi erano rappresentati sostanzialmente da turni di lavoro volontario. Usata ancora oggi, la grande strada inca è ancora un elemento prorompente nel paesaggio andino.
La settima e ultima sezione della mostra presenta una video installazione che restituisce la scoperta di un inedito tratto di cammino nel nord ovest dell’Argentina (Molinos, provincia di Salta) associato a numerosi siti, e in particolare a tre tambos e un chasquiwasi di epoca inca.
dall’alto:
Bottiglia con una camera
Reperti
a cura di Ilaria Guidantoni