Dal 4 marzo alla Galleria Monica De Cardenas di Milano è di scena la collettiva On Paper, con opere su carta di quattro artisti italiani accomunati dall’utilizzo del disegno come elemento costante della loro ricerca che esplora varie tecniche espressive.
Le due serie di disegni di Lupo Borgonovo, che aprono la mostra, scaturiscono da immagini di opere d’arte antica che vengono estrapolate dal loro contesto conservandone solo un lontano ricordo. La serie O si ispira ad alcuni piatti della collezione del Metropolitan Museum di New York; La serie Tour è invece concepita partendo da alcune nature morte del Rijksmuseum di Amsterdam. Nella prima i motivi delle ceramiche sono riprodotti attraverso un atto ripetitivo, tracciando dei piccoli cerchi a inchiostro fino a far scomparire le immagini nella trama, in una pratica gestuale simile ad un mantra.
La seconda fa riferimento alla presenza ricorrente dei limoni nelle nature morte olandesi del XVII secolo quale allegoria di prezioso ed esotico. L’artista li rappresenta isolati dalle loro composizioni collocandoli in uno spazio bianco, come pianeti nel loro moto di rotazione e rivoluzione, intenti in una sorta di danza concentrica.
La serie Random Access Memories di Marco Belfiore (Rovereto, 1971) – seconda stanza del percorso – presenta disegni bizzarri dallo stile illustrativo e provocatorio che si ispirano alle “macchine” erotiche di Picabia e alle rappresentazioni tecniche di inizio Novecento. Il riferimento ironico del titolo alla memoria RAM del computer, volatile e funzionale, enfatizza la discrepanza con quella dell’uomo. Le strutture idrauliche inventate da Belfiore sono circuiti chiusi o interrotti, labirinti mnemonici disseminati di oggetti del nostro quotidiano su un reticolo di carta millimetrata. La seconda serie Genderpathy deve il suo nome alla fusione di due parole improbabili: “genderparty” e “genderpatia”. La capacità dell’identità di genere di mutare e sfuggire a definizioni certe, secondo variabili geografiche, storiche e culturali, rende tutti noi, esseri mutevoli, protagonisti di questo ipotetico grande “party”.
I pastelli su carta di Elena Ricci (Roma, 1973), terza tappa del progetto, fanno emergere un mondo in bilico tra razionale e irrazionale, realistico e onirico. L’artista dice “Mi interessa precisamente il confine, la soglia tra questi due mondi, che non sono mai nettamente separati, ma sconfinano continuamente l’uno nell’altro e si compenetrano. Sono come delle immagini-ponte, che mettono in stretta relazione il visibile con l’invisibile. Il pastello è una delle tecniche che prediligo perché è l’unica che mantiene intatte le qualità del pigmento puro: il colore è vibrante, brillante, polveroso, sensuale. Ho iniziato a usarlo molti anni fa, dopo aver visto le opere visionarie di Odilon Redon, che resta tuttora uno dei miei artisti di riferimento.” Ci ha raccontato di mettere sempre l’elemento umano anche una figura in lontananza, come in una delle opere che raffigura un bosco: il lavoro ha tratto ispirazione da una foto che aveva scattato una volta rimasta impressa dalla inserendo figure umane.
Per Federico Tosi (Milano, 1988) il disegno è quasi una pratica quotidiana, con la quale registra un eclettico flusso di idee che vengono fissate su vari supporti cartacei dove la delicatezza e la finezza dei tratti non è meno presente di una nota malinconica e curiosa. Dietro l’apparenza incantata il mondo si agita. Nella sua ricerca confluiscono numerose suggestioni: molte nascono dai suoi viaggi per il mondo, dove l’artista osserva famelicamente ogni cosa, creando immagini sottilmente ironiche o grottesche; altre nascono dalla pura immaginazione, spesso collegata alla ricerca scientifica o anatomica e accompagnata da un costante rimando al memento mori. In mostra un grande disegno di una galassia realizzata interamente a pennarello, uno dal titolo Slime Lapse che mostra l’intricato percorso di un insetto vagante, e una serie di lavori più piccoli dai soggetti inaspettati.
Nella Project Room, infine, un’opera di Gideon Rubin composta da 25 piccoli dipinti realizzati su frammenti di cartone: una tecnica che l’artista utilizza parallelamente ai suoi lavori su tela, creando minuscoli ritratti che spaziano dai protagonisti di celebri opere del passato a personaggi dell’attualità più recente. La capacità dell’artista di distillare un’immagine alla sua essenza è sorprendente. Nonostante i volti ritratti vengano privati dei loro lineamenti e di ogni dettaglio contestuale, rimaniamo comunque colpiti dalla riconoscibilità dei modelli, di come un atteggiamento, un’acconciatura o un indumento offrano abbastanza indizi per rivelarne l’identità. Nel lavoro di Rubin la storia dell’arte e la cultura popolare si intrecciano così fluidamente da non far trapelare nessun senso gerarchico.
Immagini del diciassettesimo e del ventunesimo secolo sono restituite secondo lo stesso linguaggio visivo e con le medesime eleganti pennellate, creando una sensazione di universalità e di sospensione del tempo. Accanto a fanciulli e divinità del Caravaggio o nobili di Velasquez, ritrae personaggi di oggi, immortalati sulle pagine dei giornali o sul web. Ritroviamo così il celebre Amor vincit omnia farsi spazio tra Beyoncé e Sean Connery, Bacco e il Suonatore di liuto assieme ad Amanda Gorman, fotografata mentre legge la sua nota poesia durante la cerimonia di insediamento di Joe Biden alla presidenza americana. Il contrasto tra la superficie grezza e la delicatezza della pennellata crea una tensione tra presente e passato, il monouso e il duraturo, l’arte elevata e il mondo commerciale, lo schizzo casuale e il dipinto eseguito minuziosamente.
Gideon Rubin è nato a Tel Aviv nel 1973; nipote del pittore israeliano Reuven Rubin, rumeno rifugiatosi in Israele per sfuggire all’Olocausto. L’artista ha studiato alla School of Visual Arts di New York e poi alla Slade School of Fine Arts di Londra, dove ha completato i suoi studi nel 2002 e dove attualmente risiede. Il suo lavoro è stato presentato in numerose mostre personali in tutto il mondo e le sue opere sono incluse in collezioni private a Londra, Hong Kong, New York, Parigi e oltre.
a cura di Ilaria Guidantoni