Dalla collezione dell’Israel Museum di Gerusalemme approda a Milano, al Mudec una personale di Marc Chagall, nato a Vitebsk nel 1887 e morto a Saint-Paul de Vence nel 1985, aperta fino al 31 luglio 2022 il cui sottotitolo è evocativo della prospettiva e della regia, Una storia di due mondi.
L’esposizione, con oltre 100 opere, racconta un personaggio singolare che vive tra due mondi, quello russo-ebraico e quello europeo, in realtà molto articolato e anche un ponte tra le due città più importanti per Chagall, il suo villaggio natale, una città che per altro definisce triste e noiosa e Parigi; ora anche tra Milano e Gerusalemme. Un’iniziativa che rientra appieno nello spirito del Mudec e quindi della collaborazione con il Comune di Milano e Il Sole 24 Ore, quello di raccontare in modo originale e insolito dei mondi, un viaggio, un dialogo tra realtà diverse anche in occasioni delle mostre monografiche.
All’ingresso si viene accolti da una musica avvolgente, un’illuminazione soffusa che si orienta sulle opere e sulle didascalie. Le sonorità sono quelle della musica tradizionale klezmer e yiddish con gli arrangiamenti di Bruno Trois a cura di Kaos produzionidove protagonisti sono gli strumenti di elezione di questo genere musicale, il violino e il clarinetto.
L’ambiente è blu cobalto, appena polveroso con un colore, scandito poi nelle diverse sezioni con diversi toni. L’yiddish è stata la lingua madre di Marc Chagall e quindi tanti aspetti della sua arte sono difficili da decifrare senza conoscere questo tipo di cultura.
L’artista nasce a Vitebsk, un villaggio dell’attuale Bielorussia e il mondo dell’Impero russo della sua infanzia, l’amore per il retaggio ebraico e per la sua giovinezza saranno sempre presenti nelle sue opere anche quando sarà in Francia o negli Stati Uniti. Tutta la prima sezione ci immerge negli oggetti rituali ebraici e nei disegni legati alle feste e alla cultura ebraica.
Tra l’altro Chagall fu molto affezionato al Museo di Gerusalemme così come sua figlia Ida che donò all’istituzione alcune opere del padre in particolare le illustrazioni per i libri della madre Bella. Il libro La mia vita ci porta nel mondo yiddish come nell’Autoritratto nel quale Chagall appare a testa in giù dove il riferimento sembra l’espressione yiddish ‘testa contorta’ per indicare il senso di smarrimento.
Lo stesso tipo di suggestione è legato alla figura, molto presente nell’arte di Chagall, degli innamorati che sembrano fluttuare nell’aria; al di là dell’aspetto romantico il riferimento è all’espressione linguistica ‘ebrei d’aria’, ad indicare il fatto che gli ebrei nell’Impero russo non potevano possedere nessun terreno.
Tra le opere in mostra la Sinagoga di Safed realizzata nel 1931, in occasione della prima visita in Palestina, che fu per Chagall l’incontro più emozionante con questa terra e tra l’altro si tratta di uno dei pochi luoghi raffigurati dall’artista che esistono davvero.
L’arte di Chagall mostra elementi del folklore russo ed ebraico uniti alle influenze dei Fauves e del Cubismo che conobbe a Parigi. La catastrofe dei Pogrom che colpì gli ebrei russi è presente accanto ai momenti di festa, in mostra, come lo Shabbat, il giorno di riposo per gli ebrei; il Rosh Hashanà, il capodanno ebraico che segna l’inizio dell’anno nel segno del dolore perché si ritiene che l’Onnipotente in questo momento decida il destino di ognuno e così nelle raffigurazioni vediamo i personaggi nel gesto simbolico di lanciare in acqua i propri peccati sperando di liberarsene; lo Yom kippur, il giorno dell’espiazione; il Sukkot o festa dei Tabernacoli per ringraziare del raccolto autunnale; la festa della Channukà che dura otto giorni e per ogni giorno si accende una candela in ricordo della riconsacrazione del tempio caduto nel II secolo a.C. dopo la vittoria dei Maccabei.E ancora Purim, una festa molto allegra, una sorta di carnevale, che commemora il salvataggio degli ebrei in Persia da un massacro al tempo del re Assuero (486-465 a.C.); il Seder o ‘ordine’, cena per la cerimonia delle prime due sere della Pasqua Ebraica, Pesach.
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Il viaggio continua con una sessione dedicata alla nostalgia per la Russia e le pareti si colorano di rosso lacca intenso con delle illustrazioni su una traccia fotografica molto belle. In questa tappa viene messo in luce il rapporto di filiazione artistica con la moglie Bella, nata anch’essa a Vitebsk da una famiglia agiata di commercianti della comunità chasidica come Chagall che ottenne il permesso di studiare a Mosca dopo il ginnasio, fatto raro per una donna ebrea. Ella ebbe una grande influenza sull’arte del marito che ne illustrò i libri quali Come fiamma che brucia o First Encounter in mostra. Nella sezione dedicata all’amore per la Russia anche la storia della giovinezza dell’artista e la sua casa fatiscente, sgangherata.
Malgrado la povertà, le vessazioni contro gli ebrei e la sua storia personale triste – la mamma, che aiutava la famiglia contribuendo al sostegno con la vendita delle verdure al mercato, muore nel 1915 come un tenero disegno ci illustra, Chagall porterà sempre nel cuore il proprio paese. Riappare così il blu nel capitolo che racconta le fonti di ispirazione dell’arte di Chagal, rispettivamente, la Bibbia, le Favole di La Fontaine, 240 racconti e Le anime morte di Gogol’, tre opere molto diverse attraverso le quali l’artista si racconta. In tal senso, come ben illustra l’Installazione di 4 minuti dell’artista Jacopo Veneziani, realizzata da Kaos Produzioni, illustrare significa raccontarsi.
L’occasione avviene con Ambroise Vollard una leggenda parigina, mercante d’arte ed editore, che gli commissiona dei lavori molto impegnativi che rispecchiano le diverse anime dell’artista. C’è il mondo russo, quello francese e quello ebraico sempre più presente con un taglio politico mano a mano che la storia avanzava in modo tragico, tanto che nel 1941 lo stesso Chagall è costretto a lasciare l’Europa per sfuggire alle persecuzioni, rifugiandosi a New York. L’esposizione prosegue a Parigi, in un avvolgente verde intenso, dove Chagall troverà la sua nuova patria.
Nella capitale francese, vera e propria calamita per gli ebrei russi in fuga dai Pogrom, trascorrerà tre periodi, il primo quando era giovane e povero, nel 1911; il secondo da emigrante con la famiglia nel 1923 e, infine, nel 1948 quando era già un artista noto. Nonostante alla durezza della vita Chagall non rinuncerà mai all’amore che sembra sempre trionfare come illustra la conclusione dell’esposizione con Gli innamorati del 1954-’55, accompagnati da una grande tela dedicata ai fiori, altro soggetto ricorrente nel lavoro di questa artista. Prima di uscire ci aspetta l’installazione video sonora di fiori sotto forma di elementi ricamati, sempre a cura di Kaos Produzioni con la direzione artistica di Stefano Gargiulo.
a cura di Ilaria Guidantoni