di Stefania Peveraro
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E’ stata una settimana intensa quella appena passata per il mondo del private capital italiano e internazionale. E’ un po’ come l’avvicinarsi del Natale. I deal vanno assolutamente chiusi ora o mai più.
Così il 1° agosto è arrivato l’annuncio ufficiale del London Stock Exchange sull’operazione con Refinitiv, che ha confermato il deal da 27 miliardi di euro, di cui 14,5 miliardi di equity value, con i fondi azionisti di refinitiv che finiranno azionisti del nuovo gruppo al 37% (si veda altro articolo di BeBeez e qui il precedente Beez Peak). Ma intanto qualcuno inizia a pensare che le controllate italiane del LSE potrebbero avere un altro destino. L’ipotesi della hard Brexit continua ad aleggiare e l’idea di avere non solo Borsa Italiana, ma anche Cassa di Compensazione & Garanzia (CC&G) e Monte Titoli sotto controllo di un’entità non Ue, non piace a molti. Così c’è chi immagina già al lavoro Cdp, che con Cdp Equity e F2i potrebbe facilmente intervenire, anche perché le infrastrutture finanziarie sono da considerarsi strategiche e quindi sul tema il governo italiano potrebbe avere tutto il diritto di intervenire. Peraltro sul tema ci sono nuove norme europee, che entreranno in vigore il prossimo autunno. Di questo vi parlerò presto, a seguito di una mia chiacchierata con un noto avvocato.
La notizia-bomba italiana di venerdì 2 agosto è stata invece l’acquisizione dell’Università Pegaso da parte di CVC Capital. Mi ero chiesta come mai un fondo paneuropeo che conduce di solito deal da miliardi, avesse deciso di investire nelle università telematiche fondate da Danilo Iervolino. Me lo ero chiesto perché non immaginavo che quel business fosse di quella portata e invece un amico vicino alla vicenda, commentando la notizia al telefono sabato, mi ha spiegato che Pegaso è stata valutata un miliardo di euro. Chapeau a Iervolino, che per di più ha mantenuto salda la governance.
L’altra notizia sensibile della scorsa settimana è stata senza dubbio l’operazione Dea Capital-Quaestio, che vede l’uscita di scena del fondatore di Quaestio, Alessandro Penati e l’ingresso di Dea Capital nel settore degli Npl. Che Dea Capital stesse trattando con Quaestio per rilevare la gestione dei due fondi Atlante e Italian Recovery Fund era noto, ma la portata dell’accordo è stata invece molto più ampia, visto che comporta appunto anche l’ingresso di Dea Capital nel capitale della holding, acquisendo tutte le quote di Penati e una parte di altre quote per arrivare a un massimo del 44%. Con questa operazione la piattaforma Dea Capital-Quaestio si trasforma in un asset manager di primario standing, con 20 miliardi di euro di asset in gestione e Dea Capital Alternative Funds sgr diventa di gran lunga il principale gestore italiano di asset alternativi. Per cui è logico aspettarsi che saranno lanciati nuovi fondi dedicati, oltre a quelli già operativi da tempo sul fronte del crediti deteriorati single-name, cioè i Dea Capital Corporate Credit Fund I e II , con quest’ultimo che ha a sua volta creato anche un comparto dedicato allo shipping.
Sul tema degli Utp single-name ho fatto di recente una chiacchierata con Michel Lowy, cofondatore del gruppo bancario SC Lowy di Hong Kong. E vi dico che non è un attore da sottovalutare. Ha un focus sull’Italia molto forte e i capitali certo non gli mancano. Di questo scriverò nel dettaglio domani.
Infine una considerazione in tema di crediti alle aziende in bonis. Nelle ultime settimane sono arrivate in quotazione sul mercato ExtraMot Pro le tranche senior di due cartolarizzazioni di crediti verso pmi, una da parte di Banco delle tre Venezie e l’altra da parte di Banca Valsabbina. Non si vedevano operazioni pubbliche di questo tipo da un po’ di tempo. L’obiettivo dichiarato è liberare capitale di vigilanza e incassare liquidità per condurre nuovi finanziamenti. Speriamo che sia l’inizio di un trend virtuoso. Peraltro l’asset class è evidentemente interessante per gli investitori, visto che in entrambi i casi il rating è A e le cedole sono indicizzate al tasso euribor 3 mesi più 50 punti base.
Lungo la stessa linea si colloca anche la cartolarizzazione sintetica condotta da Banca Popolare di Bari. In questo caso, evidentemente, la banca ha evitato di andare sul mercato, visto le note vicende che l’hanno coinvolta, ma ha cercato un metodo alternativo per ottenere il medesimo risultato e quindi ha sostanzialmente sottoscritto un contratto di credit default swap con Christofferson Robb & Company, per proteggere parte di un portafoglio crediti verso pmi da 3 miliardi di euro.