Descrizione prodotto
Campari e il cinema: la storia di una perfetta alchimia tra passione, creatività e immaginazione.
Il binomio innovazione e creatività motore di un’azienda simbolo dell’artigianalità italiana quale Campari e il cinema di per sé linguaggio nuovo e pronto ad accogliere il cambiamento ha creato una sinergia vincente.
Il libro intende raccontare come la passione per l’arte e la creatività di Campari siano intimamente connesse alla sua esigenza e al suo desiderio di comunicare e di innovare. Da sempre la sua predilezione per l’arte cinematografica ha costituito il motore per sperimentare e dare vita a progetti ogni volta diversi e inattesi: un’evoluzione espressiva che – dopo le esperienze dei Red Diaries – sfocia in una nuova produzione, Fellini Forward, che è un modo di fare cinema davvero senza precedenti.
I saggi pubblicati in questo volume non si limitano alla narrazione dell’esperienza di Campari ma la affrontano con uno sguardo di ampio respiro sulla storia del cinema: grazie a una fitta rete di rimandi, mostrano come il lavoro di Campari, e dei registi con cui ha collaborato negli anni, sia inserito in una storia ancora più grande e nobile. Il volume è articolato in quattro sezioni (Rivoluzione Cinema; Rivoluzione Campari;
Campari e il cinema: un’attrazione fatale; Il cinema nell’era dell’AI) e riunisce i contributi critici di Gianni Canova, Giuseppe Mazza, Rocco Moccagatta, Guido Cornara, Guido Di Fraia.
Il cinema esprime per eccellenza il linguaggio del Novecento e, come ha sottolineato il professor Canova, e ha dato vita all’unica rivoluzione del secolo scorso che ha portato felicità: per usare le parole di Benjamin “con la dinamite dei decimi di secondo ci ha aperto la testa”, facendoci guardare oltre le case, che spesso erano casupole. Il cinema è il volo della fantasia e nello stesso tempo ha una contiguità con al pubblicità perché ha modellato la società con un linguaggio iconico capace di oltrepassare i confini soprattutto perché nasce muto. La prima delle rivoluzioni che il cinema vive è il passaggio dal muto al sonoro, quindi dal bianco e nero al colore per aprirsi infine alle nuove tecnologie. Il cinema insomma si qualifica come un’arte mutante e per questo è particolarmente vicino alla realtà di un’azienda come Campari nell’abbracciare l’innovazione e la creatività. Il punto di partenza è stata l’arte visiva con Davide Campari che intuisce con largo anticipo sui tempi che i prodotti hanno bisogno di una comunicazione adeguata e accattivante. La spinta è stata il bisogno di oltrepassare il mercato domestico della clientela del Bar Campari di Milano. Così la prima pubblicità ha attinto alla pubblicità degli artisti raffinati. E’ del 1884 il primo manifesto di Mora, artista e illustratore, che non mostra il prodotto ma solo la scritta ‘Campari’ sulle vetrine di una città non identificata ma che esprime la modernità attraverso persone che si muovono non solo in carrozza ma in bicicletta, novità del momento: sullo sfondo una città in fermento. La vera svolta avviene nel 1926 quando Davide Campari alla Biennale di Venezia incontra Fortunato Depero che aveva realizzato un quadro dedicato al Campari senza autorizzazione. Quello che sarebbe potuto essere un incidente diplomatico è diventato un sodalizio continuato fino al 1936, anno della morte di Davide. Un decennio e oltre 130 bozzetti di cui la metà sono nell’archivio Campari e l’altra metà in collezioni private e musei. La pubblicità artistica dai manifesti fino a Carosello, rappresentano una stagione molto raffinata ben illustrata dal libro. Poi Campari incrocia il cinema negli Anni Venti con Bruna Mateldi Moretti detta Brunetta, disegnatrice, illustratrice, pittrice e caricaturista italiana, che lavora per Harper’s Bazaar a New York. Nascono così delle caricature garbate dei più grandi attori dell’epoca che diventano testimonial nel marchio e una serie di cortometraggi. In Italia, più che altrove, il cinema ha sempre snobbato la pubblicità, complice una tradizione aristocratica, basti pensare, come sottolinea il professor Canova, che Giovanni Verga pur avendo collaborato ad una sceneggiatura cinematografica, taceva quest’attività che pure aveva fruttato guadagni superiori a quelli ricavati dai suoi romanzi maggiori. L’eccezione fu Gabriele D’Annunzio che nel 1914 lavorò al film Cabiria – prodotto da Itala Film di Torino - che rappresenta l’apice del kolossal italiano e un’importante tappa per l’affermazione di un certo gusto dannunziano. Campari ha avuto poi dei grandi partner stabilendo una sinergia particolare con il cinema che diversamente dalla televisione non punta direttamente sul marchio o sul prodotto ma flirta con le merci, in una forma poco impegnativa e gentile che però provoca una forte trasformazione del sociale grazie all’empatia e alle emozioni che trasferisce. In particolare si sono dedicati a Campari Federico Fellini che ha realizzato un vero e proprio film con il livello professionale alto e con il senso della regia non meramente pubblicitaria riuscendo ad inserire nella pellicola le proprie ossessioni, la critica al telecomando, demonizzato, non alla pubblicità in quanto tale. Nel suo lavoro inserisce Pisa e la piazza dei Miracoli con l’associazione di Campari quale miracolo italiano, servito da una hostess su un treno – simbolo della modernità – sul quale torna l’armonia grazie al prodotto rosso e gustoso. La preziosa intesa tra Campari e Fellini risale alla straordinaria campagna pubblicitaria realizzata nel 1984 con Francesca Fabbri Fellini, nipote del regista e tra i principali partner nello sviluppo del progetto Fellini Forward. Tre i film, quasi dei mediometraggi, sui dodici minuti, di tre registi italiani affermati, Paolo Sorrentino con Creation, Matteo Garrone con Red Diaries e Stefano Sollima con The Legend of the Rend Hand, una tripletta che mette in luce in modo raffinato, con delle piccole chicche cinematografiche, lontano dalla pubblicità più strettamente commerciale, un impianto narrativo forte attraverso il quale la qualità intrinseca del prodotto emerge in modo indiretto e maggiormente convincente. I tre film sono accumunati dalla ricerca, sia di un bar tender, sia di un possibile delitto, sia della propria identità e dal colore rosso iconico che diventa l’elemento estetico anche del libro. Il volume non è solo il racconto dell’evoluzione della comunicazione della Campari e dello stile italiano ma del significato profondo del cinema quale modellatore sociale ad esempio rispetto al fumo, al quale ha avvicinato, diseducato certamente, molte persone senza bisogno di mostrare un prodotto. Interessante la convergenza tra mondo aziendale e cinema nel loro ruolo di comunicatori ed ‘educatori’ sociali, facitori di emozioni.
a cura di Ilaria Guidantoni